Cui prodest? La domanda
alitava, non troppo sottintesa, durante la premiazione della 71a
Mostra. Quale futuro commerciale in sala per i film premiati (
A Pigeon Sat On A Branch Reflecting On Existence
- Leone d'oro /
Belye Nochi
Pochtalona Alekseya Rtyapitsyna
- Leone d'argento per la
regia /
The Look of Silence - Gran Premio della Giuria),
titoli tanto meritevoli quanto ostici per il grande pubblico? Poche
esitazioni sul fatto che i lavori di Andersson (strabilianti
quadri viventi di algido sarcasmo nordico) e Oppenheimer
(documentario indonesiano di agghiacciante dietrologia) fossero
l’unico vero sbocco per il giudizio della giuria in una panorama non
troppo esaltante, ma significativi sono apparsi il dubbi esternati
dagli addetti ai lavori. Il problema conseguente si sposta allora su
quale sia la giusta anima di un Festival come Venezia, su quali
prodotti e quali menzioni ci si possa aspettare da una
Mostra d’arte cinematografica.
Premi che facciano da traino al successo in sala o riconoscimenti ad
opere d’autore che rinnovino il linguaggio cinematografico,
ravvivino le dinamiche culturali cinematografiche e rimangano nello
sguardo e nella memoria. Ma forse le domande sono, ancora,
altre. Con quel criteri vengono distillate le sezioni del Festival?
Perché l’anno scorso
Locke e quest’anno
She's Funny That Way
(il divertimento sgargiante è un handicap per la scelta?) finiscono
fuori concorso? Che tipo di “piacere” c'è da aspettarsi dal cinema?
Le risposte (forse) alla prossima edizione. |