Dopo
un’assenza di più di dieci anni,
Peter Bogdanovich, il raffinato
regista di un indimenticabile capolavori come L’ultimo spettacolo, torna trionfalmente sulla scena a Venezia con il film
senz’altro più applaudito del festival.
Prodotto, guarda caso, da altri due grandi registi e innamorati di New
York come Wes Anderson e Noah Baumbagh
(quello di
Francis Ha), il
film è un caleidoscopio di incredibili situazioni, ispirato alla
tradizione della screw-ball comedy (commedia svitata) degli anni '30
di cui Bogdanovich si è sempre dichiarato debitore e studioso.
Il titolo originariamente doveva essere “Squirrels to the Nuts” da una
battuta di un film di Lubitsch (Cluny Brown – 1946 – in italiano
Fra le
tue braccia), dove il protagonista spiega ad una ragazza che non sa
trovare il suo posto nel mondo che, per quanto sia tradizione in Central Park dare noccioline agli scoiattoli, lei può anche fare il
contrario (dare scoiattoli alle noccioline) se questo serve a farla
sentire felice. Ovvero, parafrasando un titolo di
Woody Allen, a cui
Bogdanovich è molto vicino, Everything Works!
She's Funny that Way si muove con ritmo indiavolato (dice il regista
in un recente intervento: “il cinema è più veloce della vita”), in un
continuo gioco di flashback e qui la somiglianza con certi film
recenti di Allen è quasi imbarazzante.
Nel quadro di un'intervista immaginaria a un'attrice ormai all'apice
della carriera, veniamo introdotti ai curiosi comportamenti del
regista Arnold Albertson (guarda caso Owen Wilson, recente attore
feticcio di Woody), il quale, arrivato nella suite di un lussuoso
albergo della Grande Mela allo scopo di iniziare la mattina seguente
le prove di una pièce teatrale, per prima cosa chiama l'agenzia di
escort di cui è evidentemente assiduo cliente. Impagabile la scena dei
tre telefoni con lui contemporaneamente in linea con moglie e figli,
attori e maitresse! La prescelta è Isabella (Izzy) Patterson
(interpretata da Imogen Potts, una Scarlett Johansson meno intensa, ma
più divertente), simpatica ragazza del sotto proletariato di Brooklyn
che, in attesa di coronare il sogno di diventare attrice, arrotonda
sotto il nome d'arte di Glo. Solo che, una volta al cospetto di Arnold,
si trova protagonista (impossibile non pensare alla
Pretty Woman di Julia Roberts, solo in un contesto molto più spiritoso) di una realtà
fiabesca, fatta di dolcezza, comprensione, cena a lume di candela e
addirittura passeggiate in carrozza a Central Park culminante, al
momento del dolce risveglio mattutino, nell'incredibile offerta di
30.000 dollari per smettere di fare ciò che fa e dedicarsi a quello
che veramente ama, recitare. In una serie di esilaranti incontri
scopriremo poi che il nostro regista non è affatto nuovo a questo tipo
di comportamenti generosi e, a suo modo di dire, femministi, anzi è un
vero e proprio “benefattore seriale”. E quale sarà il primo provino a
cui Izzy si presenta? Esattamente quello per il nuovo spettacolo di
Albertson la cui protagonista è giustappunto una giovane prostituta.
Ecco allora entrare in scena (in prova, teatro nel teatro, cinema nel
cinema?) gli altri protagonisti dell’indiavolata sarabanda: la moglie
del regista (Kathryn Hanh), lo sceneggiatore della pièce (Will Forte)
istantaneamente fulminato dalla bellezza di Glo, la di lui fidanzata
psicologa (una Jennifer Aniston alla sua più convincente prova), il
padre dello sceneggiatore, investigatore privato al servizio di un
giudice a sua volta cliente perdutamente innamorato di Izzy, l’altro
interprete (Rhys Ifans), spasimante di lunga data dell’attrice e
moglie. The show can go on, impossibile dare conto della miriade di
episodi nella miglior tradizione della commedia degli equivoci, dalle
battute spesso irresistibili, con personaggi e tempi sempre perfetti,
culminante nella scena del ristorante, destinata a diventare cult …
Su tutti spicca il personaggio di Glo che, ricordandoci la Holly
Golightly di
Colazione da Tiffany, si muove con una leggerezza entusiasmante, ama definirsi Musa piuttosto che Escort, vuole credere
nei sogni e nell’happy-end spruzzato di rosa.
Un po' di incertezza solo nel finale quando, tra accompagnatrici
nascoste in bagno, inaspettati incontri con le ex del regista, due
cani ad aumentare la confusione, sembra esserci fin troppa carne al fuoco.
Ma, ciliegine sulla torta, ecco nel finale il cameo di Tarantino e la
citazione esplicita con le immagini del film di Lubitsch: la sensazione
è una di quelle ormai così rare (al cinema, a
teatro o leggendo un libro) che ti portano a pensare “peccato che tra
poco sia finito”.
Un trionfo di applausi.
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