Red Amnesia (Chuangru Zhe)
Wang Xiaoshuai - Cina 2014 - 1h 50'

VENEZIA 71 - Grand Prix Speciale della Giuria

    Deng, un'anziana signora dal carattere arcigno e testardo. L'iniziale sentimento di antipatia ci accompagna nel quotidiano della donna, svelando una routine a cui è difficile rimanere a lungo emotivamente indifferenti, ma che inizia a essere sconvolta dall'arrivo di alcune telefonate anonime. In Red Amnesia Wang Xiaoshuai definisce i primi caratteri del racconto proprio attraverso una più superficiale ma ben congegnata identità mistery: mentre Deng comincia a essere perseguitata da un misterioso giovane che lentamente rivelerà il proprio legame col passato dell’anziana donna, il film prosegue  delineando il contesto sociale e la piccola rete di persone che fanno parte del suo quotidiano, controbilanciano invece il peso di un rimosso che incombe e concretizzando le intenzioni, oltre che le dimensioni, del dramma storico.  
Red Amnesia appartiene a quel nucleo di film asiatici dalla struttura narrativa talmente misurata e definita, perché elegantemente convenzionale per scrittura e messa in scena, che appare decisamente curioso che il titolo non sia stato inserito nel palmares dell’ultima Mostra d’arte cinematografica di Venezia; un riconoscimento almeno poteva essere assegnato all’asciutta e toccante interpretazione di Lu Zhon. Nonostante gli esordi indipendenti, comuni ai registi della sesta generazione, il lavoro di Wang è oggi per molti aspetti più vicino a quello di uno Zhang Yimoufilm precedente in archivio, piuttosto che al cinema più spesso risoluto, se non anche scomodo di registi come Wang Bing o Jia Zhangke, e quindi decisamente più commestibile per il pubblico occidentale. Ma grazie soprattutto a una scrittura puntuale e acuta, il film si concede di scivolare tra le dinamiche psicologiche del cinema di genere - di riflesso al presente dei personaggi, e quindi alla morfologia di una Cina in continuo cambiamento - per giungere infine ad affrontare temi ben più complessi e urgenti. Dal momento in cui la protagonista - anonima identità tra tante - è costretta a fare concretamente i conti col proprio passato (carico di colpe, misteri e ricordi sepolti che appartengono alla storia recente del paese) il riferimento agli anni 60/70 della rivoluzione culturale non sarà più solo evocato, ma esplicito e critico, palesando i meccanismi di rimozione collettiva oltre che quelli più ovvi di repressione ideologica. Quello che la macchina da presa di Wang Xiaoshuai fa, forse meglio che in qualsiasi atro suo film, è dunque riuscire ad inquadrare una piccola e anonima storia di povertà e menzogne,  rendendola storia collettiva sulle responsabilità di un’intera generazione.

Valentina Torresan - ottobre 2014 - pubblicato su MCmagazine 36