Deng,
un'anziana signora dal carattere arcigno e testardo. L'iniziale
sentimento di antipatia ci accompagna nel quotidiano della donna,
svelando una routine a cui è difficile rimanere a lungo emotivamente
indifferenti, ma che inizia a essere sconvolta dall'arrivo di alcune
telefonate anonime. In
Red Amnesia Wang Xiaoshuai definisce i primi
caratteri del racconto proprio attraverso una più superficiale ma ben
congegnata identità mistery: mentre Deng comincia a essere
perseguitata da un misterioso giovane che lentamente rivelerà il
proprio legame col passato dell’anziana donna, il film prosegue
delineando il contesto sociale e la piccola rete di persone che fanno
parte del suo quotidiano, controbilanciano invece il peso di un
rimosso che incombe e concretizzando le intenzioni, oltre che le
dimensioni, del dramma storico.
Red Amnesia appartiene a quel nucleo di film asiatici dalla struttura
narrativa talmente misurata e definita, perché elegantemente
convenzionale per scrittura e messa in scena, che appare decisamente
curioso che il titolo non sia stato inserito nel palmares dell’ultima
Mostra d’arte cinematografica di Venezia; un riconoscimento almeno
poteva essere assegnato all’asciutta e toccante interpretazione di Lu
Zhon. Nonostante gli esordi indipendenti, comuni ai registi della
sesta generazione, il lavoro di Wang è oggi per molti aspetti più
vicino a quello di uno Zhang Yimou, piuttosto che al cinema più spesso
risoluto, se non anche scomodo di registi come Wang Bing o Jia Zhangke,
e quindi decisamente più commestibile per il pubblico occidentale. Ma
grazie soprattutto a una scrittura puntuale e acuta, il film si
concede di scivolare tra le dinamiche psicologiche del cinema di
genere - di riflesso al presente dei personaggi, e quindi alla
morfologia di una Cina in continuo cambiamento - per giungere infine
ad affrontare temi ben più complessi e urgenti. Dal momento in cui la
protagonista - anonima identità tra tante - è costretta a fare
concretamente i conti col proprio passato (carico di colpe, misteri e
ricordi sepolti che appartengono alla storia recente del paese) il
riferimento agli anni 60/70 della rivoluzione culturale non sarà più
solo evocato, ma esplicito e critico, palesando i meccanismi di
rimozione collettiva oltre che quelli più ovvi di repressione
ideologica. Quello che la macchina da presa di Wang Xiaoshuai fa,
forse meglio che in qualsiasi atro suo film, è dunque riuscire ad
inquadrare una piccola e anonima storia di povertà e menzogne,
rendendola storia collettiva sulle responsabilità di un’intera
generazione.
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