luglio 2015

periodico di cinema, cultura e altro... ©

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Reg.1757 (PD 20/08/01)

 

                                                                                   Parola d'ordine:  FESTIVAL ! 
   Per uscire dall'empasse degli oltre otto mesi di attesa per questo nuovo numero l'attenzione è rivolta principalmente ai festival cinematografici che la redazione ama da sempre frequentare:
Torino, Udine, Berlino, Cannes e Pesaro. Si aggiunge  la disamina delle 56a edizione della Biennale Arte e le brevi note sulle attività del circolo Tycoon (a Padova e dintorni).
                                                                       Ma già si scaldano i motori in vista di
Venezia 72
...

 

     Uno specchio frantumato che imprigiona al suo interno un uomo e la sua macchina fotografica nel momento dello scatto. Questo prezioso autoritratto in fotografia del 1975, donato da Jerry Schatzberg al Torino Film Festival, è stata l’immagine simbolo nonché il manifesto della  edizione numero 32 dell’appassionata rassegna torinese dedicata al cinema. Un’immagine che dichiara apertamente il proprio intento dissacratorio e l’impervia via nella quale è costretto a destreggiarsi lo scorrere della visione negli innumerevoli percorsi plausibili della ricchissima selezione festivaliera. Poiché mantenendo la consueta struttura a cui ci ha abituato il festival dal 2007, da quando cioè si è insediata al timore di comando la neodirettrice Emanuela Martini, prima coadiuvata da Nanni Moretti, Gianni Amelio e Paolo Virzì (presente quest’anno come Guest Director), ogni proiezione, più o meno causale e programmata rappresenta una scelta e una scoperta e l’apertura di un mondo spesso sideralmente opposto al precedente. >>

 

    (G.M) La Berlinale non sarà il più importante del mondo (forte la concorrenza di Cannes,  a livello sia artistico che divistico), ma è senz'altro il "più", grande per dimensione, variato per tematiche affrontate, aperto: a 360 gradi sulle svariate realtà del pianeta. Sono quasi 600 i film, tra corti e lungometraggi, divisi in 14 sezioni (Concorso, Fuori Concorso, Panorama, Orizzonti, Perspektive Deutsche Cinema, Generation Plus e via elencando fino a Cinema gastronomico!), sparsi su 25 "venues", cinema e teatri ai 4 angoli delle 2 Berlino!
Niente a che vedere, per intenderci, coi 1500 metri della Croisette o con la "piazzetta" del Lido di Venezia... Seguirlo, anche muniti di accredito, richiede uno sforzo quasi sovrumano: levatacce per procurarsi i biglietti, file tipo Dysneyland (e con l'ingresso non sempre garantito!), corse in taxi o in metrò fino a quella sala di Berlino Est che neanche entra nella mappa... Risultato: 30-35 film che si confondono nella testa ("oddio come finisce quello, non mi ricordo bene"), un paio di innamoramenti, altrettanti "momenti perfetti", qualche uscita a metà proiezione (= fughe "ma questo chi l'ha selezionato?"). Ma poi, certo, i film per cui valeva la pena di esserci, premiati o no. Eccone alcuni, con doverosa "appassionata" indicazione...
Taxi Teheran (giusto Orso d'oro) - Knight of Cups (altrettanto giustamente escluso dai premi) - Aferim (incompreso capolavoro del cinema dell'Est - Premio per la regia) - El Club (altro capolavoro "atteso" di Pablo Lorrain - Gran Premio della Giuria),  The Second Mother ("coup de coeur" - vincitore della sezione Panorama) - Vergine giurata ("atto di presenza" italiano più che dignitoso).
 

 

(A.T) Anno dopo anno il Far East Film Festival cresce. Arrivato alla 17a edizione, a un passo dal diventare adulto ma animato da un entusiasmo che anziché scemare, di volta in volta, espande i propri orizzonti, l’eco del proprio immutato sentimento rivoluzionario e la propria reputazione internazionale, divenendo di fatto uno tra i più importanti avamposti del cinema dell’Estremo Oriente in Europa. >>

(C.M) Ciò che rende unico nel suo genere il FEFF di Udine e ne spiega anche il sempre maggior successo di pubblico è l'apertura ad ogni tipo di film, da quello d'autore a quello commerciale, essendo nel suo statuto lo scopo di aprire una finestra quanto più ampia sullo "stato" del cinema orientale.
In quest'ottica i generi la fanno da padroni, dall'horror al wuxia, dal poliziesco alla commedia... declinati in tutte le loro possibili varianti
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Parlare di Cannes quest’anno è parlare di Joel e Ethan Coen, i mitici fratelli californiani autori di tanti capolavori. Sarà che quattro occhi vedono meglio di due, ma è difficile trovare (a meno che di non andare molto indietro con gli anni) una direzione più intelligente, oculata e attenta solo alla qualità cinematografica delle opere in concorso. E sì che non era facile resistere alla “pressione ambientale” del cinema francese presente con ben cinque opere. Il Palmares che ne esce è, con una piccola eccezione di The Lobster, di una oggettività disarmante. E alla faccia dei positivi riscontri italiani (Youth, Mia madre, Il Racconto dei racconti) vincono i migliori, i più innovativi, i più profondi. Cominciamo dalla meritatissima Palma d’Oro a Dheepan. Di Jaques Audiard non serve parlare: allo sbocco di una lunga carriera, cominciata con Il Profeta, continuata con Sulle tue labbra, fino al  successo di Un sapore di ruggine ed ossa (tutti film protagonisti a vario titolo della rassegna di Cannes), centra finalmente il bersaglio grosso con questa nuova opera, dove la sperimentata abilità nel descrivere una certa realtà francese si coniuga con il tema dell’immigrazione clandestina e il suo tragico incontro/scontro con l’Europa >>

 

  La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro ha compiuto 50 anni: diretta fino allo scorso anno da Giovanni Spagnoletti, è ‘ripartita’ quest’anno – è il caso di dirlo, secondo le loro migliori intenzioni - con la direzione artistica di Pedro Armocida, collaboratore della stessa da tempo.
Un nuovo “Nuovo Cinema” – se si passa il calembour – viene prospettato, per declinare in modo diverso l’espressione delle origini legandola alle forme più giovani ed innovative del linguaggio cinematografico contemporaneo. Per farlo, la Mostra, che è terminata lo scorso 27 giugno, ha moltiplicato i suoi spazi, aggiungendo a quelli tipici una nuova sala nel Teatro Sperimentale intitolata a Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre quest’anno il 40° dalla scomparsa, e sfruttando il Centro Arti Visive Pescheria come luogo di incontri culturali e mostre. Il nuovo approccio di questa edizione 50+1 è stato ben rappresentato dall’Evento Speciale, come sempre dedicato al Cinema Italiano: intitolato quest’anno Esordi italiani si incentrava sugli anni '10 al cinema, comprendendo le venti opere prime italiane più interessanti prodotte dal 2010 a oggi, tra commedie, ibridazioni tipo docu-fiction ed opere di attori passati dietro la m.d.p.  A completamento di questo articolato programma, una puntuale pubblicazione ed una tavola rotonda per fare il punto sulle ultime tendenze del cinema italiano. Inalterata la formula del Concorso Pesaro Nuovo Cinema che ha visto in competizione sei film di giovani autori internazionali emergenti.
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     Sembra l'ascolto di una grande partitura orchestrale, a volte armoniosa, altre con delle forti dissonanze, come nella musica di Gustav Mahler, l'effetto che si respira visitando i padiglioni della 56a Biennale Arte contemporanea di Venezia. Il leit motive, come dichiara lo stesso curatore Okwwui Enwezor, è la ricerca della risposta alla difficile questione "come possano artisti eterogenei: artisti, filosofi , scrittori, compositori, coreografi,cantanti e musicisti interpertare e fare reagire il pubblico attraverso le molteplici forme del linguaggio dell'arte a agli sconvolgimenti di quest'epoca?" Tutta l'operazione di Okwwui Enwezor sembra essere un costante dialogo tra presente e passato, con delle forme in divenire che si interrogano sui grandi temi di oggi, ruotando però, attorno al basso continuo del Capitale (inteso proprio come come "il predatore per eccellenza nell'economia della politica e dell'industria della finanza") >>

 

 
    Q
uasi 20 film in carriera, un curriculum teatrale consolidato accanto alla moglie Elaine May, un'autorialità cinematografica “incerta” ma segnata da opere chiave del cinema americano fine anni ’60. È il 1961 quando Mike Nichols, dopo aver esordito con la trasposizione della sue piece Chi ha paura di Virginia Woolf  porta sullo schermo Il laureato dal romanzo di Charles Webb: un impatto socio-stilistico straordinario, inalterato anche sotto il segno del tempo.

Il film fu il risultato della combinazione di elementi disparati che pulsavano nel tessuto connettivo americano e che la sua regia seppe coordinare, coniugando emozioni concettuali, visive
 e sonore
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Cinema e cibo: può sembrare un binomio facile, ma non è così banale il percorso culturale legato alla “fragranza” della cucina nell’immaginario cinematografico, che deve rinunciare agli odori e ai sapori per esprimere il “gusto” con la creatività dell’amalgama visivo e sonoro. Così quest’anno vi proponiamo un appetitoso “impasto” in cui il nutrimento del corpo e il nutrimento della mente trovano la giusta “dieta” alimentare, fatta di suggestioni, memoria, vissuto personale e… immaginazione. >>

  Torna al Giardino Barbarigo l'appuntamento estivo da venerdì a domenica con cinélite, la rassegna d'essai proposta dal circolo The Last Tycoon nel periodo di chiusura del cinema Lux.

Ed è con un doppio anniversario che si apre la serata inaugurale (in proiezione, gratuita !!!) di venerdì 19 giugni: la proiezione di Amici miei rende omaggio al centenario della nascita di Mario Monicelli e ai 40 anni di uno dei grandi successi della commedia italiana. Le zingarate degli sfacciati toscanacci fanno da preludio ad un percorso che quest’anno trova più che mai
nel cinema italiano (a cui saranno dedicate le serate del sabato) i suoi punti di forza
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in rete dal 31 luglio 2015

 

 

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