Parola d'ordine: FESTIVAL !
Per uscire dall'empasse degli oltre otto mesi di attesa per questo
nuovo numero l'attenzione è rivolta principalmente ai festival
cinematografici che la redazione ama da sempre frequentare:
Torino,
Udine,
Berlino,
Cannes e
Pesaro.
Si aggiunge la disamina delle 56a edizione della
Biennale
Arte e le brevi note sulle
attività del circolo Tycoon (a
Padova e dintorni).
Ma già si scaldano i motori in vista di
Venezia 72
...
Uno
specchio frantumato che imprigiona al suo interno un uomo e la sua
macchina fotografica nel momento dello scatto. Questo prezioso
autoritratto in fotografia del 1975, donato da Jerry Schatzberg al
Torino
Film Festival, è stata
l’immagine simbolo nonché il manifesto della edizione
numero 32
dell’appassionata rassegna torinese dedicata al cinema. Un’immagine
che dichiara apertamente il proprio intento dissacratorio e
l’impervia via nella quale è costretto a destreggiarsi lo scorrere
della visione negli innumerevoli percorsi plausibili della
ricchissima selezione festivaliera. Poiché mantenendo la consueta
struttura a cui ci ha abituato il festival dal 2007, da quando cioè
si è insediata al timore di comando la neodirettrice Emanuela
Martini, prima coadiuvata da Nanni Moretti, Gianni Amelio e
Paolo Virzì (presente quest’anno come Guest Director), ogni
proiezione, più o meno causale e programmata rappresenta una scelta
e una scoperta e l’apertura di un mondo spesso sideralmente opposto
al precedente.
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(G.M) La
Berlinale non sarà il più importante del mondo (forte la
concorrenza di Cannes, a livello sia artistico che divistico),
ma è senz'altro il "più", grande per dimensione, variato per tematiche
affrontate, aperto: a 360 gradi sulle svariate realtà del pianeta.
Sono quasi 600 i film, tra corti e lungometraggi, divisi in 14 sezioni
(Concorso, Fuori Concorso, Panorama, Orizzonti, Perspektive Deutsche
Cinema, Generation Plus e via elencando fino a Cinema
gastronomico!), sparsi su 25 "venues", cinema e teatri ai 4 angoli
delle 2 Berlino!
Niente a che vedere, per intenderci, coi 1500 metri della Croisette o
con la "piazzetta" del Lido di Venezia... Seguirlo, anche muniti di
accredito, richiede uno sforzo quasi sovrumano: levatacce per
procurarsi i biglietti, file tipo Dysneyland (e con l'ingresso non
sempre garantito!), corse in taxi o in metrò fino a quella sala di
Berlino Est che neanche entra nella mappa... Risultato: 30-35 film che
si confondono nella testa ("oddio come finisce quello, non mi
ricordo bene"), un paio di innamoramenti, altrettanti "momenti
perfetti", qualche uscita a metà proiezione (= fughe "ma questo chi
l'ha selezionato?"). Ma poi, certo, i film per cui valeva la pena
di esserci, premiati o no. Eccone alcuni, con doverosa "appassionata"
indicazione...
Taxi Teheran(giusto Orso d'oro) -
Knight of Cups
(altrettanto giustamente escluso dai
premi) -
Aferim (incompreso
capolavoro del cinema dell'Est - Premio per la regia) -
El Club
(altro capolavoro "atteso" di Pablo Lorrain - Gran Premio
della Giuria), The
Second Mother
("coup de coeur" - vincitore della sezione Panorama) -
Vergine giurata("atto di presenza" italiano
più che dignitoso).
(A.T)
Anno
dopo anno il
Far
East Film Festival cresce. Arrivato alla 17a edizione,
a un passo dal diventare adulto ma animato da un entusiasmo che
anziché scemare, di volta in volta, espande i propri orizzonti,
l’eco del proprio immutato sentimento rivoluzionario e la propria
reputazione internazionale, divenendo di fatto uno tra i più
importanti avamposti del cinema dell’Estremo Oriente in Europa.
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(C.M)
Ciò
che rende unico nel suo genere il
FEFF di Udine e ne spiega anche il sempre
maggior successo di pubblico è l'apertura ad ogni tipo di film, da
quello d'autore a quello commerciale, essendo nel suo statuto lo
scopo di aprire una finestra quanto più ampia sullo "stato" del
cinema orientale.
In quest'ottica i generi la fanno da padroni, dall'horror al wuxia,
dal poliziesco alla commedia... declinati in tutte le loro
possibili varianti
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Parlare
di Cannes
quest’anno è parlare di Joel e
Ethan Coen, i mitici fratelli
californiani autori di tanti capolavori. Sarà che quattro occhi vedono
meglio di due, ma è difficile trovare (a meno che di non andare molto
indietro con gli anni) una direzione più intelligente, oculata e
attenta solo alla qualità cinematografica delle opere in concorso. E
sì che non era facile resistere alla “pressione ambientale” del cinema
francese presente con ben cinque opere. Il Palmares che ne esce è, con
una piccola eccezione di The Lobster, di
una oggettività disarmante. E alla faccia dei positivi riscontri
italiani (Youth,
Mia
madre, Il Racconto
dei racconti) vincono i migliori,
i più innovativi, i più profondi. Cominciamo dalla meritatissima
Palma d’Oro a Dheepan. Di
Jaques Audiard non serve parlare: allo sbocco di una lunga carriera,
cominciata con
Il Profeta,
continuata con
Sulle tue labbra,
fino al successo di Un sapore di ruggine ed ossa (tutti film
protagonisti a vario titolo della rassegna di Cannes), centra
finalmente il bersaglio grosso con questa nuova opera, dove la
sperimentata abilità nel descrivere una certa realtà francese si
coniuga con il tema dell’immigrazione clandestina e il suo tragico
incontro/scontro con l’Europa
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La Mostra Internazionale del
Nuovo
Cinema di Pesaro ha compiuto 50 anni: diretta fino allo
scorso anno da Giovanni Spagnoletti, è ‘ripartita’ quest’anno – è il
caso di dirlo, secondo le loro migliori intenzioni - con la direzione
artistica di Pedro Armocida, collaboratore della stessa da tempo.
Un nuovo “Nuovo Cinema” – se si passa il calembour – viene
prospettato, per declinare in modo diverso l’espressione delle origini
legandola alle forme più giovani ed innovative del linguaggio
cinematografico contemporaneo. Per farlo, la Mostra, che è terminata
lo scorso 27 giugno, ha moltiplicato i suoi spazi, aggiungendo a
quelli tipici una nuova sala nel Teatro Sperimentale intitolata
a Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre quest’anno il 40° dalla
scomparsa, e sfruttando il Centro Arti Visive Pescheria come luogo di
incontri culturali e mostre. Il nuovo approccio di questa edizione
50+1 è stato ben rappresentato dall’Evento Speciale, come
sempre dedicato al Cinema Italiano: intitolatoquest’anno
Esordi italiani si incentrava sugli anni '10 al cinema,
comprendendo le venti opere prime italiane più interessanti prodotte
dal 2010 a oggi, tra commedie, ibridazioni tipo docu-fiction ed opere
di attori passati dietro la m.d.p. A completamento di questo
articolato programma, una puntuale pubblicazione ed una tavola rotonda
per fare il punto sulle ultime tendenze del cinema italiano.
Inalterata la formula del Concorso Pesaro Nuovo Cinema che ha visto in
competizione sei film di giovani autori internazionali emergenti.
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Sembra l'ascolto di una grande partitura orchestrale, a volte
armoniosa, altre con delle forti dissonanze, come nella musica di Gustav Mahler,
l'effetto che si respira visitando i padiglioni della
56a Biennale
Arte
contemporanea di Venezia. Il leit motive, come dichiara lo stesso
curatore Okwwui Enwezor, è la ricerca della risposta alla difficile
questione "come possano artisti eterogenei: artisti, filosofi ,
scrittori, compositori, coreografi,cantanti e musicisti interpertare
e fare reagire il pubblico attraverso le molteplici forme del
linguaggio dell'arte a agli sconvolgimenti di quest'epoca?"
Tutta l'operazione di Okwwui Enwezor sembra essere un costante
dialogo tra presente e passato, con delle forme in divenire che si
interrogano sui grandi temi di oggi, ruotando però, attorno al basso
continuo del Capitale (inteso proprio come come "il predatore per
eccellenza nell'economia della politica e dell'industria della
finanza")
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Quasi
20 film in carriera, un curriculum teatrale consolidato accanto alla
moglie Elaine May, un'autorialità cinematografica “incerta” ma segnata da
opere chiave del cinema americano fine anni ’60. È il 1961 quando
Mike
Nichols,
dopo aver esordito con la trasposizione della sue piece
Chi ha paura
di Virginia Woolf
porta sullo schermo
Il laureato
dal romanzo
di Charles Webb: un impatto socio-stilistico straordinario, inalterato
anche sotto il segno del tempo.
Il film fu il risultato della combinazione di elementi disparati che
pulsavano nel tessuto connettivo americano e che la sua regia seppe
coordinare, coniugando emozioni concettuali, visive
e sonore
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Cinema e cibo: può sembrare un binomio facile, ma non è così banale
il percorso culturale legato alla “fragranza” della cucina
nell’immaginario cinematografico, che deve rinunciare agli odori e
ai sapori per esprimere il “gusto” con la creatività dell’amalgama
visivo e sonoro. Così quest’anno vi proponiamo un appetitoso
“impasto” in cui il nutrimento del corpo e il nutrimento della mente
trovano la giusta “dieta” alimentare, fatta di suggestioni, memoria,
vissuto personale e… immaginazione.
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Torna
al Giardino Barbarigo l'appuntamento estivo da venerdì a domenica
con
cinélite,
la rassegna d'essai proposta dal circolo
The Last Tycoon nel periodo di chiusura del cinema Lux.
Ed è con un doppio
anniversario che si apre la serata inaugurale (in proiezione,
gratuita !!!) di venerdì 19 giugni: la proiezione di
Amici miei
rende omaggio al centenario della nascita di Mario Monicelli e ai 40
anni di uno dei grandi successi della commedia italiana. Le
zingarate degli sfacciati toscanacci fanno da preludio ad un
percorso che quest’anno trova più che mai
nel cinema italiano (a cui saranno dedicate le serate del sabato)
i suoi punti di forza
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