La
nouvelle vague del cinema rumeno, già protagonista negli
ultimi anni della scena cinematografica internazionale con film come
4 mesi 3 settimane 2 giorni,
Palma d’Oro a Cannes, e
Il caso Kerenes,
Orso d’Oro qui a Berlino 2012, si presenta quest’anno a Berlino con un
film inconsueto di smagliante bellezza.
Mentre la maggior parte dei registi rumeni degli ultimi anni cercava
con diversi accenti tragici o comici di raccontare gli anni bui
dell’era Ceaucescu, o i difficili inizi della democrazia, il giovane
regista Jude Radu ci trasporta in un’epoca molto più remota e per noi
quasi inconcepibile.
Aferim! (parola turca che significa “bravo, ben fatto!”) si svolge
nella Valacchia del 1835 all’epoca formalmente turca, ma di fatto
sotto la dominazione russa.
Constantin, poliziotto al servizio di un boiardo, parte assieme al
figlio, adolescente o poco più, alla caccia di uno schiavo fuggito
dopo essersi macchiato di una grave colpa.
Sì. Avete capito bene. Dal XIII secolo e fino quasi alla fine
dell’Ottocento la maggior parte della popolazione Rom viveva in stato
di schiavitù, veniva fatta lavorare senza compenso, poteva essere
venduta e uccisa dai loro padroni rumeni.
Il film è per ritmo e struttura narrativa fondamentalmente un vero e
proprio western (e non può non venire in mente la strana assonanza con
i recentissimi
Django Unchained e
12 anni schiavo). Ci sono tutte,
infatti, le situazioni tipiche del western tradizionale:
l’inseguimento a cavallo, la zuffa, la sparatoria, il guado, la
taverna/saloon con relative puttane, il bivacco accanto al fuoco che
si spegne.
Il poliziotto attraversa villaggi agricoli di una miseria
inimmaginabile, tetti di paglia, promiscuità con gli animali, bambini
seminudi. In seguito ad una delazione, cattura il fuggitivo forse non
così colpevole.
Durante le varie tappe del viaggio di ritorno col prigioniero
ammanettato (la struttura è anche quella di un road-movie sui
generis), i rapporti tra i personaggi e la realtà che attraversano si
definiscono meglio.
Constantin è, a suo modo, un giusto. Da una parte cerca di educare il
figlio alla rettitudine (“preoccupati di fare il tuo dovere, il mondo
non lo puoi certo cambiare”) e di avviarlo alla carriera militare,
l’unica sicura in un mondo siffatto. Dall’altra dialoga con lo
schiavo, ne sente le ragioni, gli promette di difenderlo dalla
vendetta del boiardo.
Nel frattempo incontrano personaggi di tutte le etnie: turchi e russi,
cristiani e ebrei, rumeni e ungheresi. Nell’irrisolto crogiuolo, Jude
Radu ci dà un affresco riuscitissimo dei modi di pensare, dei
pregiudizi, della difficoltà di coabitazione in una Romania antica ma,
sembra suggerirci, non così diversa da quella attuale.
Tutto è estremamente vivo, tanta è la forza e la profondità dei
dialoghi (in
Aferim! si parla molto!). Eppure il film, non dà mai
quell’impressione di “teatro filmato” così poco piacevole. Citazioni e
dialoghi sono godibilissimi, a volte esilaranti (vedi la scena della
taverna).
Il film, ha raccontato il regista in conferenza stampa, è basato su
approfondite ricerche storiche.
Una delle scene più riuscite e più rivelatrici degli abissi dell’anima
dell’epoca è quando, fermatisi ad aiutare un pope la cui carrozza è
uscita di strada, questi si abbandona ad una filippica anti-rom,
anti-semita e anti-tutti da far accapponare la pelle.
Aferim! è girato in un bianco e nero incredibile, direi quasi un color
seppia, che dà l’impressione come di una cartolina ingiallita.
Fin dall’inizio (personaggi sullo sfondo, titoli in sequenza in
caratteri gotici, manca solo il logo Cineriz o Titanus degli anni
‘60!) sappiamo di trovarci di fronte a un film colto, ma non elitario,
a volte travolgente, niente a che vedere con l’esilità melliflua del
pluripremiato (?)
The Artist.
Infinite le allusioni alla realtà odierna dei Balcani, con le sue
incomprensioni, odii, disprezzi tra le diverse etnie; una realtà
stratificata e complessa di cui a volte noi europei facciamo fatica a
capire tutte le implicazioni.
Meritava l’Orso insieme a
El Club: ai due sono
andati i premi di consolazione maggiori.
Panahi quest’anno non si poteva toccare.
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