La
Mostra Internazionale del
Nuovo
Cinema di Pesaro ha compiuto 50 anni: diretta fino
allo scorso anno da Giovanni Spagnoletti, è ‘ripartita’ quest’anno –
è il caso di dirlo, secondo le loro migliori intenzioni - con la
direzione artistica di Pedro Armocida, collaboratore della stessa da
tempo.
Un nuovo “Nuovo Cinema” – se si passa il calembour – viene
prospettato, per declinare in modo diverso l’espressione delle
origini legandola alle forme più giovani ed innovative del
linguaggio cinematografico contemporaneo. Per farlo, la Mostra, che
è terminata lo scorso 27 giugno, ha moltiplicato i suoi spazi,
aggiungendo a quelli tipici una nuova sala nel Teatro
Sperimentale intitolata a Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre
quest’anno il 40° dalla scomparsa, e sfruttando il Centro Arti
Visive Pescheria come luogo di incontri culturali e mostre. Il nuovo
approccio di questa edizione 50+1 è stato ben rappresentato dall’Evento
Speciale, come sempre dedicato al Cinema Italiano: intitolato
quest’anno Esordi italiani si incentrava sugli anni '10
al cinema, comprendendo le venti opere prime italiane più
interessanti prodotte dal 2010 a oggi, tra commedie, ibridazioni
tipo docu-fiction ed opere di attori passati dietro la m.d.p.
A completamento di questo articolato programma, una puntuale
pubblicazione ed una tavola rotonda per fare il punto sulle ultime
tendenze del cinema italiano. Inalterata la formula del Concorso
Pesaro Nuovo Cinema che ha visto in competizione sei film di giovani
autori internazionali emergenti.
Di
rilievo quest’anno le storie incentrate sull’universo femminile come
l’argentino La mujer de los perros, un ‘quattro mani’ di Laura
Citarella e Verónica Llinás, il cileno La madre del cordero di
Enrique Farías e Rosario Espinosa, l’iraniano A Minor Leap Down di Hamed Rajabi e
Petting Zoo di Micah Magee dagli Stati Uniti.
L’Europa era rappresentata dal francese Un jeune poéte di Daniel
Manivel e dall’italiano Terra di Marco De Angelis e Antonio Di
Trapani. Imperdibile però è stato il film di apertura, Lo squalo di Steven Spielberg che compie quarant’anni, presentato in
versione originale – vero cult movie. Non da meno le altre serate
con gli ultimi lavori di Krzysztof Zanussi (film girato in Italia,
in parte ad Ancona e sul Conero) e Paul Vecchiali, protagonisti
anche di incontri col pubblico, e l’anteprima internazionale di La
nostra quarantena, l’ultimo film di Peter Marcias.
La personale di quest’anno è stata dedicata al poliedrico artista turco
Tayfun
Pirselimoğlu, regista, pittore e scrittore che nei suoi film ha
raccontato con sguardo antropologico e realistico le realtà
periferiche del suo paese sin dall’esordio nel 2001 fino al più
recente I’m not him, premiato anche a Roma.
Lo sguardo al passato, invece, è stato suggerito dall’anniversario
della scomparsa di Pier Paolo Pasolini, che cinquant’anni fa
formulava proprio a Pesaro il suo “cinema di poesia”.
Lui per primo aveva definito Pesaro ‘un luogo dell’anima’ e come
tale è stato ricordato, sia nei vari riferimenti giornalieri, sia
nella tavola rotonda che la Mostra gli ha voluto dedicare, oltre a
ripresentare i lavori più importanti.
A quarant’anni dalla tragica scomparsa e a cinquanta esatti, come si
diceva, dalla sua presenza al primo dei convegni organizzati dalla
Mostra e dedicati alla critica e alla semiologia cinematografica, si
è rammemorato come Pier Paolo Pasolini, uno dei massimi artisti e
intellettuali del secolo scorso, ma anche antesignano dell’epoca che
stiamo – malamente – vivendo, lesse la sua relazione introduttiva
Cinema di poesia subito divenuta famosa.
In collaborazione con la Fondazione Centro Sperimentale di
Cinematografia – Cineteca Nazionale e con il Centro Studi – Archivio
Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna – è stato possibile
visionare un’ampia selezione dai suoi film (Accattone, 1961;
La
ricotta, 1963; La rabbia, 1963 nell’edizione con materiali inediti
presentata da Istituto Luce, Cineteca di Bologna e Gruppo Editoriale
Minerva Video; Uccellacci, uccellini, 1966; Edipo Re, 1967;
Porcile,
1969; Il fiore delle Mille e una notte, 1974; Salò o le 120 giornate
di Sodoma, 1976).
La tavola rotonda (coordinata da Bruno Torri con Adriano Aprà, Pedro
Armocida, Roberto Chiesi, Gianni D’Elia, Giacomo Marramao, Andrea
Minuz, Stefania Parigi, Stefano Rulli, Piero Spila) ha collocato al
centro della discussione sia l’importanza e l’originalità
dell’apporto da lui dato agli studi cinematografici con le tre
relazioni pesaresi, sia l’attualità del suo pensiero e del suo
impegno civile.
Ma l’intervento più sentito, più vivo e partecipato è stato senza
dubbio quello del già citato regista corso, classe 1930,
Paul
Vecchiali, presente quest’anno a Pesaro con il suo
Nuits Blanches
sur la jetèe (White Nights on the Pier), proiettato in piazza nella
sezione Because the Night, riscuotendo ampi consensi. Il regista
spiega con la sua solita eleganza e senza mai scomporsi: “L'ho
girato in tre notti, non sono mai intervenuto con gli attori, se non
nel ritmo. Non ho interrotto neppure su rumori sonori di un treno,
di un aereo o nave. Sono stati bravi gli interpreti ad improvvisare
e a farli rientrare con naturalezza nella sceneggiatura”.
Il film è un omaggio a Visconti ed alle sue Notti bianche (da Dostojevskji) ed alla delicata interprete, l’indimenticata Maria
Schell, anche se “…Volevo fare un film iperclassico, con una
modernità sotterranea…” – ha ammesso.
Poi, parlando di Pasolini, ha detto di considerarlo: “Uno dei miei
più grandi amici, anche se alla fine l'ho visto solo quattro volte”.
Lo stesso Pasolini era molto legato al regista francese, come
conferma lui stesso: “Del mio Femmes Femmes, 41 anni fa, disse che
era il più grande film che avesse mai visto. Io invece non amo i
suoi film,
(…) lui per me era un grande poeta e scrittore, ma non un regista.
Zurlini lo considero un regista…”.
Da ultimo poi ha asserito che: “Avremmo dovuto fare un film insieme, Pasolini si sarebbe occupato della sceneggiatura e del casting, io
avrei girato e lui guardato. Il contratto era pronto, ma purtroppo è
morto tre giorni dopo” . |