Ogni vicenda ove si tratti l'amour fou è una sfida alla tradizione, un viaggio nell'impossibile e talvolta il percorso scioglie gli animi dei protagonisti in una magica simbiosi, nella quale gli avvenimenti dipendono esclusivamente dal loro comportamento, consentendo cioè di mutare il loro destino. È quanto accade in
Sulle mie labbra, straordinaria pellicola che in Francia ha vinto tre premi César, l'equivalente francese dell'Oscar, a dimostrazione che nel cinema nessuno è più bravo dei francesi. Sceneggiata
magistralmente dallo stesso regista Jacques Audiard, figlio del grande sceneggiatore Michel Audiard, assieme a Tonino Benacquista, la pellicola gioca con sapiente souplesse su tre generi: noir, mélo e
dramma psicologico, senza far torto a nessuno dei tre, anzi, miscelandoli con ritmo serrato, tratteggiando le caratteristiche dei due protagonisti con felici intuizioni, ribaltandone a volte la geometria psicologica. I due si evitano e si cercano nella logica di un gioco pericoloso quanto irrinunciabile. Alla sua seconda prova Audiard lascia il segno restando appiccicato ai suoi eroi, con uno stile da cronaca quotidiana e senza spettacolarizzare i momenti più topici, rendendoli ancor più emozionanti. Perdenti per ispirazione e combattivi per disperazione, Carla e Paul sono attratti dal loro destino, che li costringe a una connivenza senza apparenti soluzioni. La donna, né giovanissima, né attraente, affetta da sordità sordità, che supera con l'ausilio di protesi auricolari, è impiegata presso una società immobiliare, in una sorta di invisibilità. Ma sa parare i colpi e sa leggere sulle labbra del prossimo. Soffoca nella solitudine il suo desiderio di amare. Paul è un giovane detenuto in libertà vigilata che la stessa Carla assume, malgrado l'aspetto e i modi dell'uomo siano poco incoraggianti. La donna osserva ogni mossa di Paul, da cui è affascinata, come se avesse aperto lo spiraglio di una porta segreta e pericolosa. Senza che la pellicola cambi intonazione, in un crescendo di emotività, giallo e thriller si mescolano in un susseguirsi di avvenimenti sorprendenti quanto minacciosi per entrambi. Raccomandabilissimo a chiunque ami le belle sorprese,
Sulle mie labbra provoca e attrae in uguale misura, grazie anche alla prestazione dei due protagonisti. Oggi Vincent Cassel, con quella faccia un po' così, non è più mister Bellucci ma un attore completo ed esprime la totale amoralità del personaggio con raffinata rudezza. Ma è Emmanuelle Davos a sostenere il peso dell'intero film. Dimessa, gli occhi grandi che osservano febbrilmente quanto la circonda, timida e aggressiva, affascinante espressione di ogni donna sconfitta, dalla natura e dalla vita, che affronta con deliziosa spudoratezza, l'ultima fermata del suo tram chiamato desiderio.
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