Io non ho paura
Gabriele Salvatores - Italia 2002 - 1h 48'


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e.l. i lunedì del LUX  maggio 2003

       Tratto dal romanzo omonimo, il nuovo film di film precedente in archivio Salvatores film successivo in archivio ha la forza dirompente di un dramma “solare” in cui le immagini su pellicola compenetrano la tensione emotiva di una narrazione in bilico tra l’innocenza (perduta) dell’infanzia e l’incombente barbarie di un mondo adulto da rifondare. Un’opera che ribadisce la qualità di scrittura di Niccolò Ammaniti e dà a Salvatores un imprinting autoriale che va ben oltre i riconoscimenti dell’oscar e di tanti altri confortanti risultati al botteghino...

da Film Tv (Emanuela Martini)

      Una storia di orchi: un omaccione in mutande e canottiera che occupa imponente il bagno di casa e tiene una pistola nella valigia, un altro più mingherlino e incattivito che si chiama il Teschio e, anche lui in mutande, canottiera e stivaletti anfibi, balla e canticchia Parole, parole di Mina e Alberto Lupo in mezzo alla campagna, un guardiano di porci che sembra uscito da un incubo e ha ormai la stessa faccia degli animali che sorveglia. Persino il proprio padre, tanto atteso e giocoso e generoso, può diventare l'orco che divora...
Sospeso tra il sole accecante di un'estate meridionale riflessa sul grano e l'oscurità fonda di un buco scavato nella terra e coperto da una lamiera,
Io non ho paura, il film che Gabriele Salvatores ha tratto dal romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti (che l'ha sceneggiato, con Francesca Marciano), ha l'andamento pigro e casuale e poi pauroso e "predestinato" di una fiaba. Nel mezzo dell'estate, un bambino bruno che ha poco da fare se non giocare randagio con gli amici scopre in fondo a un buco un altro bambino, biondo, tenuto alla catena, affamato, sporco, ormai quasi incapace di vedere. Si chiamano Michele e Filippo, hanno la stessa età e sanno tutti e due che l'unica maniera per sopravvivere alle loro paure é affidarsi all'immaginazione, agli orsetti lavatori, agli angeli custodi, alle storie che ci si racconta nel buio e alle filastrocche con le quali attraversare le strade invase dalla notte. Ma gli esorcismi che tengono indietro i mostri misteriosi dell'infanzia non proteggono invece dagli orchi veri, quelli più pericolosi, i grandi. Il viaggio di Michele e Filippo é quello alla scoperta della brutalità del mondo reale, nascosta dietro le fattezze e i luoghi più familiari. Un viaggio che, prima o poi, arriva in ogni infanzia. Io non ho paura vede con i loro occhi, sente con le loro sensibilità, capisce al volo, come tutti i bambini capiscono, molto di più di quanto i grandi non credano. Ha la loro lealtà, la loro fragilità (un grande segreto in cambio di una macchinina, lo stesso segreto in cambio di una vera lezione di guida),la loro incosciente generosità. Il grande merito di Salvatores è di aver fatto un film esattamente ad altezza di bambino, di aver lasciato ai grandi (tutti i grandi) lo spazio che si meritano: orchi appunto, minacciosi, o stupidi, o, sempre vigliacchi. Mentre i bambini cosa sia la vigliaccheria non l'hanno ancora imparato.

da Il Giorno (Silvio Danese)

      E' l'allineamento tra estetica ed etica nel cinema di Salvatores, alla fine di una ricerca decennale che, puntata sul primo o sul secondo termine, sui prestiti e sugli stili, lasciava insoddisfatti, eppure convinti dei potenziali risultati. Nel romanzo omonimo di Ammaniti il regista di Mediterraneo e Denti ha trovato un punto di vista eccentrico e insieme bilanciato per liberare doti di percezione emotiva (da cinescrittore) e audiovisione organica (da autore): non soltanto la cinepresa è fisicamente ad altezza del bambino protagonista, cercando una sorta di "io" oggettivo, ma è il film a muoversi col pubblico ad altezza d'uomo. La storia la conoscono già tutti: Michele scopre Filippo, un bambino conosce la rapacità umana. La campagna riarsa del Sud, i cieli incombenti, la plastificazione studiata del reale, la palpabilità dell'ignoto, la denuncia del degrado familiare, la solidarietà nell'infanzia, l'incarnazione del destino malvagio (Abatantuono un po' dipinto): il cinema scorre e alimenta lo spettatore. Non è nuovo, ma è vero.

TORRESINO - maggio 2003
 

i  lunedì del  LUX - maggio 2003