Un
bel film può nascere anche dall’emozione provata vedendo un film
precedente e dal conseguente desiderio di appropriarsene rifacendolo di
sana pianta. E’ a il caso del regista Jacques Audiard , che per
Tutti
i battiti del mio cuore
ha ripreso in mano Rapsodia per un killer
(ovvero Fingers, 1978) di James Toback,
da lui definito «la coda della cometa del cinema Usa Anni ‘70». In
quel film di culto, poco noto e molto considerato, Harvey Keitel era un
giovane in bilico fra la mafia e il pianoforte alle prese con un padre
furfante incarnato da Michael V. Gazzo. Qui Audiard, con l’aiuto dello
sceneggiatore Tonino Benacquista, ha trasferito l’azione nella Parigi dei
nostri giorni offrendo una splendida occasione a Romain Duris attore in
sicura ascesa (mentre il padre, canaglia e martire, è Niels Arestrup). Tom
fa un lavoro davvero sporco, quello di scacciare a randellate i miseri
occupanti dei palazzi che i gangsters dell’edilizia vogliono mettere in
vendita, ma ogni tanto è colto dal rimpianto di aver abbandonato il sogno
di diventare concertista come lo era sua madre. Sono passati dieci anni e
chi è pratico di stadi musicali sa bene che rimettere le mani sulla
tastiera rappresenta un’impresa pressoché impossibile avendole usate così
a lungo solo per bastonare il prossimo. Sorvoliamo pure sull’incongruenza
di questo risvolto della trama anche perché ci porta alle scene più belle,
nuove rispetto al modello di Toback, quando Tom comincia a prendere
lezioni da Miao-Lin, l’incantevole Liuh-Dan Pham, che parla solo il
cinese. Questo duetto, intessuto di mezze frasi, occhiate e gesti
accennati, è davvero la gemma di un film insinuante e suggestivo, in cui
la musica assume un’importanza fondamentale. Ha dunque colto nel segno la
giuria della Berlinale premiando il commento di Alexander Desplat, che
qualcuno ha definito «mezzo Bach e mezzo musica da film»,
felicemente al servizio di un personaggio come Tom destinato, in un finale
inatteso, a risolvere i suoi problemi solo a metà. |
Di
lavori sporchi ne abbiamo visti tanti ma Tom, immobiliarista col
tirapugni, li batte tutti. Cravatte e guadagni da bravi borghesi, Tom e i
suoi amici sgombrano a bastonate gli stabili occupati dai senzatetto per
consegnarli agli speculatori. Soldi e adrenalina, il massimo. Ma il bel
Tom comincia a non poterne più. Il padre, vera carogna, gli insegnò il
“mestiere” e oggi, vecchio e malconcio, lo tiene per gli attributi. Gli
amici di una volta lo annoiano (contrariamente alle loro mogli, anche se
significa giocare col fuoco...). Poi un giorno, col ricordo della madre
suicida, torna prepotente il suo antico sogno di ex-ragazzo bene: fare il
pianista. Ma passare dai cazzotti a Bach costa caro, il riscatto di Tom
gronderà lacrime e sangue...
Squadra che vince non si cambia. Dopo il memorabile
Sulle mie labbra
torna il duo Jacques Audiard/Tonino Benacquista, regista e scrittore, così
abili col cinema di genere da reinventare nella Parigi di oggi il grande e
maledetto Fingers - Rapsodia per un killer di James Toback, 1978. Sesso,
Edipo, violenza, vendetta. E un conflitto insieme morale e sociale.
Audiard distilla i suoi veleni con stile lurido, incalzante, notturno,
prendendoci alla gola per non lasciarci più. Un noir contemporaneo,
appassionante e selvaggio, come in Europa se ne vedono di rado. |