La mutazione urbana non è solo una trasformazione intrinseca della metropoli, ma un complesso evolversi di relazioni individuo-ambiente che disegna giorno dopo giorno, spazio dopo spazio nuovi territori dell’essere, del vivere sociale e della globalizzazione. Le contraddizioni di una città “invivibile” si coagulano attorno a dinamiche di speculazioni (Le mani sulla città) e violenza (The Warriors), ma si disgregano di fronte alle prospettive aggreganti di una realtà etnosolidale (Travaux – Lavori in casa) mentre il flusso degli itinerari esistenziali (privati e pubblici) trova respiro nella riqualificazione degli insediamenti (Le notti della luna piena), pulsa di nuova vitalità nella migrazione accentratrice dalle periferie (Le biciclette di Pechino), scommette su una società futuribile che si affidi al miracolo (laico) di un’integrazione salvifica (I figli degli uomini). La proposta cinefila di VIDEOPOLIS delinea da sempre un orizzonte prospettico che ha saputo nel tempo cogliere la sfida dell’incubo fantascientifico (Dark City) e della minaccia criminale (Distretto 13 – Le brigate della morte), dar voce alle armonie (Lisbon Story) e alle disarmonie (Marathon) dei suoni urbani, varcare la soglia oscura del noir (da Ombre e nebbia a Il terzo uomo).
Lo sguardo ora vuol farsi più universale, memore della cupa “verticalizzazione” che la gangster story di Dassin immortala nel bianco e nero pseudo-documentaristico di
La città nuda (1948), attento ad un puzzle umano e geografico che, stigmatizzando il cinismo e i sussulti di speranza del presente, si confronta con l’onnipotenza del caso, con l’ineluttabilità delle coincidenze che sembrano azzerare le distanze e omologare gli spazi (Babel - 2006). Ma la lettura della realtà urbana del nuovo millennio passa anche attraverso chiavi interpretative topiche quali l’informazione e la musica. Se in Breaking News (Johnny To, 2004) la violenza e l’angoscia prendono in ostaggio il vivere civile (e l’attenzione dello spettatore), in Crossing the Bridge (2005) il respiro liberatorio dei suoni rende ragione di un viaggio dentro-fuori-attraverso il tessuto urbano che non può non fare tappa nella creatività del melting pot sonoro che immortala Istanbul quale città-ponte di una cultura e di una società in divenire.


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