2003

Dark City
Alex Proyas - USA/Australia 1998 - 1h 41'


"Prima c'era l'oscurità, poi vennero gli stranieri. Erano una razza antica quanto il tempo, erano padroni della più potente delle tecnologie, la capacità di alterare la realtà fisica con la sola forza della volontà. Loro chiamavano questa capacità accordarsi..."

In una città dove non sorge mai il sole gli Stranieri, razza aliena in crisi, usano gli umani come cavie da laboratorio per scoprire in che cosa consiste la loro umanità. Tra Philip K. Dick e Peter Weir, un film che contamina fantascienza e noir, mirabolante nell’amalgama tra impatto visivo e suggestione narrativa: gli effetti speciali, le incombenti scenografie mobili, il tema della memoria, la regia allucinata di Alex Proyas… (e.l.)


Soggetto
Sceneggiatura
Fotografia
Musiche
Montaggio
Scenografia
Costumi
Produzione
Distribuzione

Alex Proyas
L. Dobbs, D. S. Goyer, A. Proyas
Dariusz Wolski
Trevor Jones
Marcus D'arcy, Dov Hoenig
George Liddle, Patrick Tatopolous
Liz Keogh
A. Mason, A. Proyas / Mystery Clock
New Line Cinema - Cecchi Gori

Cast                           

Rufus Sewell
Kiefer Sutherland
Jennifer Connelly
William Hurt

John Murdoch
Dr.Daniel Schreber
Emma Murdoch
ispettore Frank Bumstead

da Cineforum (Stefano Della Casa)

     Tra i kolossal contemporanei basati sugli effetti speciali e ispirati (in senso lato) all'estetica di Metal Hurlant, è forse uno dei film migliori. Una città dalla quale non si può uscire, i gesti e le reazioni psicologiche controllati interamente da fonti aliene, i ricordi manipolati, le scelte eterodirette, l'atemporalità come chiave estetica prima ancora che narrativa. Se Polanski teorizzava quasi trent'anni fa l'assoluta impossibilità a uscire da Chinatown, qui l'invalicabilità è frutto di una precisa scelta da parte del potere. Non ci sono margini per niente altro, il libero arbitrio è diventato a sua volta una finzione,uno strumento di decompressione sociale. Lo scontro finale contro il detentore del potere assume le dimensioni del déja vu ed è la parte sicuramente più spettacolare ma anche meno interessante del film: invece la scena si illumina e le mezze luci trionfano quando si vaga per le strade che non portano in nessun posto e si scoprono i limiti invalicabili posti ai personaggi dalla loro stessa mente.

da Cineforum (Fabrizio Grosoli)

     Da un'angolazione interpretativa meramente fantascientifica (la razza di alieni che vuole apprendere il segreto dell'umanità dell'uomo), le reminiscenze più evidenti che hanno influenzato il terzetto di sceneggiatori sembrano spaziare da Philip K. Dick a Star Trek (l'episodio intitolato The Killing Game). Se invece percepiamo il film come una metafora della ricerca di un'identità perduta (John Murdoch cerca di riappropriarsi dei suoi ricordi, sottrattigli dagli Stranieri), risulta impressionante la somiglianza con la struttura narrativa di The Truman Show e con il suo script meta-analitico, che affonda gli strumenti dell'osservazione sul soggetto-protagonista e insieme su se stesso. Nel film di Proyas un'intera città è ridotta alle dimensioni circoscritte di un "set", in cui "registi" occulti (in questo caso degli alieni, così simili ai Borg di Star Trek e ai Cenobiti di Hellraiser) provano e riprovano le scenografie, modificando la disposizione spaziale e stilistica degli edifici e scambiando le vite dei cittadini l'una con l'altra.

 


filmografia di
Alex Proyas
(Egitto - 23 settembre 1963)

2004 Io, Robot
2002 Garage Days

1998 Dark City
1994 Il corvo (The Crow)
1989 Spirits of the Air, Gremlins of the Clouds

TORRESINO ottobre-dicembre 2003