Lo sferragliare dell'underground newyokese, la confusione della folla, il brusio dei rumori domestici sono l'insolita cornice in cui si immerge la giovane Gretchen, in gara con se stessa per risolvere 78 cruciverba in 24 ore. Una cornice frastornante e ossessiva così come lo è il film di Naderi, fotografia-sonora iperreale (rigorosamente in bianco e nero) di una realtà urbana dove immagini e suoni hanno lo stesso, dirompente impatto spettacolare. (e.l.) |
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Il
rumore frastornante. Un’incessante ossessione sonora. La metropoli. La
patina sgranata del digitale, mobile e inquieto. Il bianco e nero, sporco
e raffermo. Una ragazza, Gretchen, isolata nella moltitudine della massa
autistica, in costante movimento tra i cunicoli della metropolitana. La
maratona dei sensi, la celebrazione dell’iperrealismo. |
Alessandro Tognolo - the MOVIE Connection |
Metropolitana e cruciverba: nel cuore di questa doppia ossessione viaggia Marathon, ultimo film di Amir Naderi, iraniano ma da molti anni «cittadino della big city», come ama lui stesso definirsi, da quando cioè a metà degli anni Ottanta (1986) lascia Teheran per trasferirsi a New York. Una sfida la sua più che un esilio, una scommessa personale pagata i primi tempi a prezzo alto, niente soldi, niente casa, vita quasi da homeless, molte porte chiuse lui che peraltro girava film dall'inizio degli anni Settanta - il suo primo Addio amico è datato 1971-72 - che in patria (e ai festival internazionali) era riconosciuto come un cineasta di punta nel cinema iraniano contemporaneo, riferimento ancora oggi per le diverse generazioni di registi. «Un maestro e un fondatore del cinema iraniano» dice di lui Mohsen Makhmalbaf, e Naderi è autore duro, tagliente di realtà e insieme di potenza visuale (il debutto insieme a Kiarostami è da fotografo di scena), censurato poi dal governo di Khomeini proprio per questa lucidità in forma di poesia, provocatoria consapevolezza fuori controllo che è l'essenza stessa di ogni suo film. Del resto la sfida fa parte da sempre della vita di Naderi, che prima di approdare nella capitale iraniana è cresciuto da solo, senza famiglia, facendo di volta in volta il lustrascarpe o il venditore di ghiaccio, fino a scoprire la fotografia e la passione per il cinema, Godard, Antonioni i riferimenti dichiarati e poi la pittura o gli scatti di Cartier Bresson, una cultura distante se non antagonista a ogni tradizione iconoclasta, che però nell'esaltazione della visualità sa miscelare quella di segno opposto, che appartiene intimamente al suo paese. Marathon, bianco e nero, girato in super16 millimetri e in video, è il terzo capitolo della NEW YORK TRILOGY cominciata con Manhattan by numbers, poi A.B.C Manhattan, e dovrebbe essere l'ultimo anche se Naderi ha in progetto un altro film con set newyorchese, Naked Radio. Ed è Marathon, che esce oggi grazie all'indipendente e combattiva Revolver con il sottotitolo di «enigma a Manhattan», un film magnifico, dove il regista come negli altri due, e come in tutto il suo percorso distilla l'esperienza personale e privatissima con quella grazia lieve che la rende materia e piacere del cinema. Perché le sue storie, i frammenti di vissuto impressi nello sguardo e poi restituiti agli spettatori non hanno mai il tono dell'invadenza, del narcisismo cercano invece l'apertura, il coinvolgimento dell'altro, con lo stesso sorriso un po' incantato che è la prima cosa che ti colpisce di Naderi quando lo incontri... Pure se poi esplorano solitudine, violenza, angosce presenti e future, la fatica di misurarsi con il proprio tempo. La sfida allora. Quella di un film girato in sei mesi, nei quali la troupe è stata arrestata tre volte, di notte in metropolitana, quindi con grossi rischi, totalmente indipendente - Naderi scrive anche soggetto e sceneggiatura, cura il montaggio insieme a Donald O'Ceilleachair, ed è produttore con la Alphaville Films Nyc. E quella della protagonista, Gretchen (Sara Paul) in gara con se stessa per risolvere 78 cruciverba in 24 ore. La vediamo riempire caselline frenetica mettendo alla prova i limiti umani di stanchezza, concentrazione, angoscia, saltando da un vagone all'altro della metropolitana senza meta se non centrare l'obiettivo. Follia? Nevrosi? Di Gretchen non sappiamo nulla, qualche dettaglio progressivo, appartamento minuscolo, fogli con le caselline bianconere ovunque, anche nella vasca da bagno, la voce della madre che la insegue dalla segreteria telefonica dandole consigli, visto che lei pure ha giocato con record personale di 87 cruciverba risolti. Dice Naderi sul film: «senza pensare a quanto devo perdere per arrivare al mio obiettivo, sono convinto di dover rispondere con la pazienza e con il cuore». Era già nello sguardo finale del ragazzo corridore (The Runner, ultimo film girato in Iran) che vola oltre l'orizzonte dietro a un aereo, come il lavoro di Naderi e il suo viaggio dentro New York. Che ama, è molto più di un luogo, è personaggio dei suoi film, vive in Marathon nell'ossessione della ragazza, quindi anonima, sempre uguale, suono rapido, sferragliare di binari e vagoni di nuova sinfonia metropolitana, eppure in questa assenza di definizione - catturata con sensibilità esplosiva dalla fotografia di Michael Simmonds - presente per temperatura e irrequietezza. É che poi la maratona è anche una sfida all'anonimato dentro se stessi, è il tentativo di esistere fuori dai binari diritti del metrò in un altrove segreto, insondabile, nel quale l'uniformità non può entrare. E che però stranamente, o forse no perché vissuto senza piacere, provoca annullamento proprio come i riti collettivi obbligati... Siamo due mesi prima dell'11 settembre e a seguire la ragazza e il suo cruciverba molto si intuisce su altre ossessioni, quelle dell'America che scoppieranno insieme alle Twin Towers e sul loro opposto, la «compassione» di resistenza all'aggressività, la riscoperta dell'essere insieme... New York claustrofobica rinasce all'improvviso nella «sconfitta» (o è vittoria?) di Gretchen, diventa morbida, ovattata nella neve all'alba. Fuori da se stessa e dalla gara, in uno spazio finalmente di libertà e di piaceri, città e singolo si ridisegnano con eccentrica bellezza. Come il cinema di Naderi, che sa arrivare diritto al cuore. |
Mariuccia Ciotta - Il Manifesto |
filmografia di |
2011
Cut 2008 Vegas: Based on a true story 2005 Sound Barrier |
2002 Marathon |
1997 A, B, C... Manhattan 1993 Manhattan by Numbers 1989 Aab, baad, khaak (Water, Wind, Dust) 1985 Davandeh (The Runner) 1984 Barandeh (The Winnere) 1981 Jostoju-ye dovvom (Second Search) 1980 Jostoju (Search) 1978 Marsieh (Elegy) 1978 Sakhte Iran (Made in Iran) 1974 Entezar (Waiting) 1974 Saz Dahani (Harmonica) 1974 Tangsir (Tight Spot) 1973 Tangna (Strait) 1971 Khodahafez rafigh (Goodbye Friend) |
TORRESINO ottobre-dicembre 2004