Travaux - Lavori in casa
(Travaux, on sait quand
ça) |
da Il Messaggero (Fabio Ferzetti) |
La storia del cinema è piena di giudici e tribunali, ma non s’era mai visto un avvocato che balla. Ci pensa Carole Bouquet. Fedele alla sua immagine di donna bellissima, magrissima, elegantissima, anziché pronunciare un’arringa l’avvocato Chantal vince le cause letteralmente danzando. E se un legale può conquistare i giudici volteggiando in aula, come si vede nell’apertura di Travaux - Lavori in casa, allora tutto è possibile. Il film può cominciare, la verosimiglianza resta fuori dalla porta, il tema impegnato e scivoloso dell’immigrazione si scioglie in una bislacca e godibilissima commedia (quasi) musicale che porta un soffio di coraggio nel panorama ripetitivo del comico di oggi. Come in un film di Buster Keaton, qualcosa viene (gioiosamente) distrutto e qualcosa rinasce sotto altra forma. Ad essere demolito e ricostruito sotto i nostri occhi è il vasto e lussuoso appartamento parigino dell’energica e democratica avvocatessa, che sembra perfetta ma è piena di contraddizioni. Tanto che in tribunale difende immigrati e sans papiers ma poi assume una squadra di clandestini per lo più colombiani (ovviamente in nero) per farsi ristrutturare casa e magari procurargli en passant un permesso di soggiorno. Ovviamente sarà un massacro, perché gli operai sono coloriti quanto incapaci. Così gli incidenti si moltiplicano, la figlia adolescente simpatizza un po’ troppo col più giovane del gruppo. E la bella Chantal, che da vera “drogata” di lavoro dedica ben poco tempo all’amore, oltre alla convivenza forzata con un gruppo di omaccioni villosi perennemente in braghe e maglietta, si ritrova appiccicato l’amante di una notte, improbabile quanto cocciuto e pieno di smancerie (un magnifico Jean-Pierre Castaldi, pancia smisurata e faccione da Isola di Pasqua usati con verve e spudoratezza impagabili). Ma con i muri cadono anche gli ultimi pregiudizi che malgrado tutto albergano in fondo all’animo dell’impegnatissima legale. E prima che un altro comico di vecchia scuola venga a rinforzare il lato farsesco della vicenda (Aldo Maccione, piastrellista italiano che si prende per Michelangelo), la tollerante Chantal si rompe (quasi) il collo, supera diverse crisi isteriche, scopre da quali inferni vengano quei rumorosi pasticcioni. E dà vita a un irresistibile pas de deux telefonico col ministro immobilizzando gli operai mentre lei danza nella casa devastata (un vero pezzo di bravura, ma la Bouquet è sorprendente dall’inizio alla fine). Peccato solo che il tutto funzioni benissimo in versione originale (fortunatamente prevista anche in sala) ma sia guastato da un cattivo doppiaggio che appiattisce voci, accenti, sapori di questa commedia multietnica. Capace di farci almeno sognare un rapporto più aperto e gioioso con «tutti coloro che hanno attraversato i mari per arricchirci», come recita la dedica finale. Non solo in senso morale, visto il fatturato europeo del lavoro nero. Ma questo è un altro discorso. |
da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro) |
Gentile, divertente commedia che circumnaviga problemi come la multirazzialità. Che in piccolo, ma in profondo, si ripercuote sulla ristrutturazione della casa di un avvocato liberal di successo, Carole Bouquet, con un errore sentimentale da correggere. La vita è un cantiere: invaso l' appartamento dall' architetto colombiano sans papier con sei lavoratori clandestini, la donna vive in diretta le contraddizioni della società. I lavori si sa quando cominciano ma , dice il sottotitolo francese ogni ipotesi è possibile. Il tono del film della Rouan è musical-surreale, allegro, non superficiale: «L' amore è un fattore di stabilità sociale» dice Carole che offre in saldo anche un balletto acrobatico stile musical, regalando un tocco magico nel rigovernare le macerie. E sempre per magia, in finale, appare un vicino ed è Hugh Grant. |
da Corriere della Sera Magazine (Claudio Carabba) |
La bella avvocatessa democratica (difende a viso aperto i «sans papier»), con due figli adolescenti da svezzare, si complica la vita decidendo di ristrutturare il suo vasto appartamento parigino; affidare i lavori a un gruppo apolide di simpatici emigrati (c’è anche l’italico Maccione) non la aiuterà. Travaux è una commedia sofisticata, con squarci da favola buffa e surreale (i balletti in tribunale): non per niente l’autrice, Brigitte Rouan, ha imparato il mestiere dal grande Tati. Il peso della storia, minima e quotidiana, è tutto sul volto e sulle gambe snelle di Carole Bouquet, che incarna a meraviglia il fascino discreto della nuova borghesia, col cuore a sinistra. |
TORRESINO
- febbraio 2006