|
da Il Sole 24 Ore (Roberto Escobar) |
…Nei millenni la vittima designata ha imparato a ripiegare sul lato comico della situazione per darci soddisfazione, e intanto aver salva la vita. Proprio questo fa Kleinmann, L'Ometto di Ombre e nebbia: tenta di sottrarsi alle piacevolezze morali, troppo morali dei suoi solerti concittadini con qualche felice battuta. Ma procediamo con ordine, così come Allen ci suggerisce. In primo luogo, la città: una qualunque, nella Mitteleuropa degli anni Venti, secondo l'immaginario fissato dagli espressionisti tedeschi, soprattutto Fritz Lang e Friedrich Wilhelm Murnau (nell'edizione italiana si parla di dollari, come se si fosse nel Texas, ma non fateci caso). Poi, il mostro: un assassino a tempo pieno, ombre e nebbia permettendo (grande la fotografia di Carlo Di Palma). E ancora, il comitato dei bravi cittadini: dove c'è un mostro, non manca mai il comitato. Meglio: dove c'è un comitato, non manca mai il mostro. Segue un bordello: l'unico posto per bene della città, il solo dove si possa fare un po' di filosofia. Per chiudere, un circo: un vecchio mago e il suo specchio incantato ne sono il centro. Kleinmann vorrebbe starsene a dormire. Ma il comitato dei bravi cittadini veglia. Avere un mostro che inquieta la notte non è occasione che si possa sprecare. Anche lui, l'Ometto, deve essere della partita. Anzi: lui soprattutto. Ha un ruolo nel piano, gli dicono. Quale poi sia, vien tenuto segreto. Franz Kafka: ecco il nome corso su tutte le labbra e sotto tutte le penne. Allen si rifà a Kafka, per il suo personaggio? Di certo, Allen si rifà a se stesso: è lui, in ogni suo film, I'Ometto che deve adeguarsi a un piano che non conosce, l'Ometto che ha un ruolo di cui deve render conto. E poi si rifà al passato che è in lui, nipote di ebrei venuti dall'Europa. A un certo punto, senza dar nell'occhio (nell'orecchio), in Ombre e nebbia l'Autorità Costituita si lascia sfuggire un cenno a certi «pozzi avvelenati». C'è un nesso sicuro con il mostro, dice. E non sbaglia. Meglio: se sbaglia, s'è sbagliata l'Europa per secoli. Così, con miti persecutori come quello dei «pozzi avvelenati», per secoli l'Europa s'è sgravata l'anima dalle angosce nate da morie, pestilenze, siccità. Innumerevoli Kleinmann hanno ricoperto un utile ruolo nel piano di innumerevoli comitati di bravi cittadini: il ruolo di capro espiatorio.
Ed è quel che capita in Ombre e nebbia. Cosa conta il mostro? Alla fine del film si dilegua, misteriosamente. Conta invece la "solidarietà" che per via indiretta suscita in chi gli dà la caccia. E che, guarda il caso, si manifesta contro Kleinmann. Così vuole il ruolo dell'Ometto nel piano del comitato (che è poi un'intricata rete di piani particolari, di particolari strategie di odio e di solidarietà nell'odio). A dispetto dei suoi occhiali e della loro serietà, Allen/Kleinmann è comico. È buffone. Non ha scelta. A parte quella, terribile, d'esser vittima in senso pieno, capro espiatorio cruento. Battute, motti di spirito, digressioni umoristiche: sono strumenti di sopravvivenza, nascondigli della paura. Le ombre e la nebbia del film sono quelle stesse che avvolgono l'universo freddo e indifferente di Crimini e misfatti (1989). In quel film, come in questo, il mondo non ha ordine morale, non conosce principio d'autorità che non sia quello dell'odio e della violenza. Cosa potrà mai fare un Ometto, se non avere l'aria comica, sempre? Se non ripiegare sul lato umoristico della faccenda, e intanto aver salva la vita? Eppure, un'alternativa c'è. Come la Cecilia di La rosa purpurea del Cairo (1985), Kleinmann può passare dall'altra parte dello specchio, può cercare scampo nella finzione del cinema e nella sua magia illusoria. Cosa capitava in Alice (1991)? Chi indicava alla protagonista la via d'uscita dalle paure? Un mago, come in Ombre e nebbia, un felice manipolatore dell'immaginazione, nascosto nel suo antro fantastico. Agli uomini sono indispensabili le illusioni, dice Woody Allen alla fine del film (che lo dica è il suo solo difetto). È naturale che in precedenza abbia approfittato del mostro per scannare un insopportabile medico, abituato a cercare sicurezze nella "realtà" dei cadaveri dissezionati. Per chi frequenti la magia dello specchio, certe banalità meritano la morte. |
TORRESINO
ottobre-dicembre 2005