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da Il Sole 24 Ore (Roberto Escobar) |
…Nei
millenni la vittima designata ha imparato a ripiegare sul lato comico
della situazione per darci soddisfazione, e intanto aver salva la
vita. Proprio questo fa Kleinmann, L'Ometto di
Ombre e nebbia:
tenta di sottrarsi alle piacevolezze morali,
Ed è quel che capita in Ombre e nebbia. Cosa conta il mostro? Alla fine del film si dilegua, misteriosamente. Conta invece la "solidarietà" che per via indiretta suscita in chi gli dà la caccia. E che, guarda il caso, si manifesta contro Kleinmann. Così vuole il ruolo dell'Ometto nel piano del comitato (che è poi un'intricata rete di piani particolari, di particolari strategie di odio e di solidarietà nell'odio). A dispetto dei suoi occhiali e della loro serietà, Allen/Kleinmann è comico. È buffone. Non ha scelta. A parte quella, terribile, d'esser vittima in senso pieno, capro espiatorio cruento. Battute, motti di spirito, digressioni umoristiche: sono strumenti di sopravvivenza, nascondigli della paura. Le ombre e la nebbia del film sono quelle stesse che avvolgono l'universo freddo e indifferente di Crimini e misfatti (1989). In quel film, come in questo, il mondo non ha ordine morale, non conosce principio d'autorità che non sia quello dell'odio e della violenza. Cosa potrà mai fare un Ometto, se non avere l'aria comica, sempre? Se non ripiegare sul lato umoristico della faccenda, e intanto aver salva la vita? Eppure, un'alternativa c'è. Come la Cecilia di La rosa purpurea del Cairo (1985), Kleinmann può passare dall'altra parte dello specchio, può cercare scampo nella finzione del cinema e nella sua magia illusoria. Cosa capitava in Alice (1991)? Chi indicava alla protagonista la via d'uscita dalle paure? Un mago, come in Ombre e nebbia, un felice manipolatore dell'immaginazione, nascosto nel suo antro fantastico. Agli uomini sono indispensabili le illusioni, dice Woody Allen alla fine del film (che lo dica è il suo solo difetto). È naturale che in precedenza abbia approfittato del mostro per scannare un insopportabile medico, abituato a cercare sicurezze nella "realtà" dei cadaveri dissezionati. Per chi frequenti la magia dello specchio, certe banalità meritano la morte. |
TORRESINO
ottobre-dicembre 2005