VENEZIA
2000
L'inutilità fatta Mostra!
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TNE - Occhio Critico |
30/8 |
Non si
sa ancora come andrà avanti questa 57° mostra, ma lapertura
ci ha già regalato un accattivante sogno cinematografico. |
31/8 |
Si è aperto finalmente il concorso è lItalia
ha fatto la sua buona figura con
I cento passi di Marco Tullio
Giordana. |
1/9 |
Giornata
contraddittoria questa al Festival, giornata di "parole".
Parole dotte e forse un po noiose quelle che accompagnano
i tableau vivant di De Oliveira (stiamo parlando
del portoghese
Parole e Utopia), parole un po
futili quelle che escono dal divertente cicaleggio di
Dr.
T and the Women:
un
Altman minore,
decisamente da botteghino con un gineceo di attrici a
coccolare il bamboccione Richard Gere. |
2/9 |
Cosa ci infastidisce di più? La
sfacciataggine visionaria di Salvatores o il bofonchiare recitativo di
Sergio Rubini? Forse, semplicemente,
Denti non ci è
piaciuto per linconsistenza generale: metafora da
fumetto e introspezione da Grand Guignol. Dopo il
bluff di
Nirvana Salvatores è in
caduta libera. |
3/9 |
Dopo tanti anni di silenzio sociale, di film "giovani,
carini e disimpegnati", Venezia fa da catalizzatore per una nuovo
corso di cinema civile. Dopo I cento passi ecco
Placido Rizzotto di Pasquale Scimeca che coniuga
splendidamente denuncia di cronaca e intensità cinematografica. |
4/9 |
Giro di boa per la Mostra e primo
bilancio, confessiamolo, in negativo. Il concorso, per
quanto visto finora, non ha riservato grandi sorprese e
quello che lascia perplessi è la mancanza di senso della
misura per tanti autori. È il caso ad esempio di
The Goddess of
1967 (La dea del '67) produzione anglo-giapponese
di Clara Low. Sfizioso lo spunto di partenza (in quanti
ricordiamo con nostalgia la mitica Citroen Pallas?),
surreale il gioco visivo sia nel taglio delle
inquadrature, sia nel pattern cromatico, intrigante il
confronto esistenziale dei due protagonisti: lui,
giapponese, eclettico collezionista d'auto e pirata
informatico, lei presenza enigmatica anche per l'handicap
della sua cecità. Il tutto su un impianto on the road
a cui l'Australia dona una paesaggistica affascinante e
che la regia sa inframmezzare con insert dedicati alla
dea del titolo (la Pallas ovviamente) e corroborare con
un sonoro di vibrante modernità. |
5/9 |
Perché lepica della guerra
partigiana non riesce a trovare
una vibrante
rappresentazione cinematografica? |
6/9 |
Ventata di freschezza al
Festival con la presentazione, fuori concorso, del nuovo film di
Woody
Allen. È un ritorno all'antico,
alla comicità immediata dei suoi esordi, battute e gag a raffica,
situazioni e gesti che portano ad una continua esplosione di ilarità.
E la presenza sullo schermo di lui come attore è un tassello fondamentale:
sempre buffo e imbranato, con un divertito ammiccare alla presenza
scenica del suo personaggio, ma anche con un lieve tocco nostalgico
nel ricercare la propria semplicità d'autore e una certa serenità
dell'esistenza. |
7/9 |
Claudia Shiffer e lo chador. Le luci del
Lido e i massmedia si accendono per la presenza della
topmodel, ma la tematica forte che vale la pena di
segnalare è la sofferenza, il tormento che accompagna la
condizione femminile in Iran. Se ne aveva avuta menzione
nel delicato trittico di Marziyeh Meshkinì Il giorno
in cui sono diventata donna, presentato nella Settimana
della Critica, torna ora vibrante ne
Il cerchio di Jafar
Panahi,
in concorso. Un titolo che è unevidente metafora
visto che il film inizia con un sportellino che si apre
su una sala parto e si chiude, in analogia, con il
chiudersi dello sportellino di una cella. |
8/9 |
Finale in
bellezza per il cinema italiano.
Carlo Mazzacurati ha suggellato il concorso con
La
lingua del Santo, unopera in parte fuori dalle sue
corde per il tono spumeggiante da commedia, ma senza
dubbio perfettamente omogenea con lattenzione
costante nella sua filmografia per una realtà sociale
che potremmo definire "appartata", fatta di
personaggi non in sintonia con valori e concretezze quali
potere, denaro, successo. |
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ezio leoni - TeleNordEst - agosto/settembre 2000 |
L'anno scorso Un uomo perbene, quest'anno, dopo
I cento passi, ecco
Placido Rizzotto di Pasquale Scimeca. Lordine di citazione,
diciamolo subito, non è casuale, né solo coerente con le date di presentazione
veneziana. E una piccola scaletta qualitativa, perché se il
film su Tortora risultava confuso e irrisolto e I cento passi ha fatto dignitosa figura in
concorso (pur con una passionalità argomentativa non sempre convincente)
questo Placido Rizzotto (Cinema del Presente) coniuga
splendidamente denuncia di cronaca e intensità cinematografica. "Chi
era Rizzotto Placido da Corleone? Tante volte me lo sono chiesto.
Tante volte ho provaro a immaginarmelo, a dargli un volto, una camminata,
un tono di voce" Lapproccio con cui Pasquale Scimeca
si è rivolto al "caso Rizzotto" è mediato da una conoscenza
non certo approssimativa dei fatti di mafia siciliani (le fonti sono
ben tre libri sul caso, in primis Pugni chiusi di Dino Paternostro),
ma il film accompagna lo spettatore passo passo nellevolversi
della storia: Placido, ancora ragazzo, assiste allarresto del
padre per associazione mafiosa, poi, partigiano, si scontra con la
brutalità nazifascista (molto efficace la sequenza in cui, da solo,
stermina una pattuglia nemica senza però riuscire a salvare alcuni
prigionieri dallimpiccagione). Al ritorno nella sua Sicilia,
a Corleone, si schiera come sindacalista contro la mafia e diventa
ben presto Segretario della Camera del Lavoro, in prima fila per loccupazione
popolare delle terre incolte. La sera del 10 marzo 1948 scompare nel
nulla... e.l. - Il Mattino di Padova - 4 settembre 2000 |
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Il festival di
Sharon Stone e Richard Gere? Forse alla luce dei
massmedia questo 57a mostra del cinema ha dato
di se un'immagine effimera. Beh, non era solo un'immagine
Mai come quest'anno il festival è sembrato quasi inutile:
non con lacune organizzative aberranti, non con pellicole
vergognosamente improponibili, ma con un livello
qualitativo incredibilmente piatto. Difficile
individuarne la causa. Pochezza della produzione mondiale?
Strana una caduta così improvvisa, non suffragata dal
panorama di Berlino e Cannes. Errori di selezione? La
fiducia in Barbera rimane, viene il dubbio che la sua équipe
si sia consolidata su esperti e critici di chiara fama,
ma ovattati nella scelta di un cinema standardizzato, da
mettere "in mostra" senza rischi, quindi poco
innovativo, non sufficientemente "di tendenza". ezio leoni La Difesa del Popolo - 16 settembre 2000 |
TORRESINO ALL'APERTO! giugno-agosto 2001
Oltre 300 milioni
in Veneto (di cui 80 a Padova), circa 900 quelli
racimolati complessivamente sul territorio nazionale da La
lingua del Santo.
Sovradimensionato il dato locale o "misera" la risposta delle altre
piazze? La domanda può riformularsi in prospettiva "sostanziale". Il
nuovo film di
Carlo Mazzacurati pecca di
provincialismo o il pubblico tende ancora a snobbare
certa produzione nazionale?
La domanda è da addetti ai
lavori (ma non accusateci di campanilismo se abbiamo
preferito La lingua del Santo a
Pane e tulipani), quello che ci
premeva sapere dal regista padovano era se questa nuova
verve da commedia brillante fosse una parentesi o una
svolta decisiva nel suo percorso artistico. Amabile e
sornione come suo solito Carlo ha glissato: "In
tanti mi hanno chiesto se ho voluto rifare la commedia
allitaliana. Probabilmente la commedia ce labbiamo
nel sangue e viene fuori da sola, quasi senza
accorgersene. Non c'è stata nessuna svolta, faccio
quello che mi capita, che sento. Io racconto le storie
che trovo, certo qui ci sono cose un po' azzardate che
non avevo mai sviluppato in precedenza. La presenza di
due attori come Bentivoglio e Albanese, che hanno aderito
in modo assoluto, mi ha dato coraggio. Avevo io stesso la
voglia di divertirmi, ma mi sembra comunque che più che
di comicità pura si possa parlare di tono surreale. Ne La
lingua del Santo c'è anche l'idea di un
qualcosa che appartenga un po' a tutti: è difficile
stare dentro una definizione di "genere". Nel
cinema USA si accetta che esista un altrove
cinematografico, gli americani amano reinventare la realtà
attraverso la fiction, noi europei non siamo molto
credibili quando lo facciamo, abbiamo bisogno di un'aderenza
alla realtà." e.l. - La Difesa del Popolo - 1 ottobre 2000 |