Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera |
da La Stampa (Lietta Tornabuoni) |
Anche
se Kim Ki-Duk si dichiara un cane sciolto, che non appartiene alla
"corrente dominante" e viaggia ai margini, il suo
Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera
è da considerare un apologo di ispirazione buddista. Tale è la cultura
di appartenenza di questo regista coreano segnalatosi all'attenzione
della critica internazionale per la singolarità e intensità della
sua opera cinematografica (ricordiamo in particolare
L'isola,
presentato alla Mostra di Venezia nel 1999). Tuttavia, per quanto
profondamente orientale, il film ha qualcosa da insegnare a noi che
viviamo in un mondo dove sembra che il delitto abbia il perdono incorporato.
Infatti la prima cosa che si chiede ai parenti di una vittima è se
hanno perdonato, quasi fossero gli altri, i mass media o la società
nel suo insieme, a decidere se alleggerire dei pesi la coscienza del
colpevole e non questi a doversene assumere la piena responsabilità.
Al contrario nella parabola esistenziale delineata da Kim Ki-Duk
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LUX - giugno 2004
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