Aveva bisogno
proprio di un Leone d'oro il film di Gianni Amelio, per passare
il guado dalla snobistica vetrina del Lido all'impietosa arena delle
sale pubbliche. Le polemiche di "protezionismo nazionalista"
hanno solo dato un po' più di nerbo ad un verdetto controverso (poco
importa se Scola abbia forzato una giuria divisa: nessun capolavoro
assoluto era presente a questa mostra, tanto da far gridare al "furto")
che vogliamo leggere non come una promozione per il cinema italiano,
ma come il tributo al nostro cineasta più intenso e coerente (Colpire
al cuore, Il
ladro di bambini,
Lamerica).
Certo non è il suo film più riuscito, ma l'irrisolutezza artistica di
Così ridevano si estrinseca in forme e modi quasi sincronici
nel sofferto e ambiguo rapporto che si instaura tra due fratelli siciliani
trapiantati nella Torino a cavallo degli anni '50 e '60. Giovanni (Enrico
Lo Verso) arriva in città con la sua valigia di cartone e il cesto del
cibo per trovare lavoro e poter mantenere Pietro (Francesco Giuffrida)
che nella capitale piemontese studia da maestro. Ma già in questo
primo quadro filmico, Arrivi (Amelio scandisce la sua opera attraverso
cinque giornate clou, dal 58 al '64), si fanno strada contraddizioni
esemplari di una realtà drammaticamente impastata di fulgide speranze
e abbruttenti miserie.
Alla stazione Pietro non va incontro a Giovanni.
Preferisce far da guida ad un altro emigrato, con
famiglia al seguito, sperduto in un nord mitizzato e
sconosciuto ("il duomo di Milano"
esclama di fronte alla Mole). L'abbraccio fraterno
comporta forse un po' di vergogna per una condizione
sociale ormai divaricata (in linguaggio, vestiario,
atteggiamenti) e le responsabilità d'impegno disattese (Pietro
non è lo studente modello che Giovanni idealizza), ma
nell'arco del film personalità e aspettative avranno
modo di evolversi e riconfigurarsi con inesorabile,
intensa amarezza. Pietro scoprirà il sottobosco di un'esistenza
proletaria ancora intessuta di settarismo e omertà,
Giovanni farà finta di non vedere gli inciampi
scolastici del fratello (e l'evoluzione sindacale dei '60),
ma conquiste culturali e affermazione sociale non
troveranno complementarietà in famiglia (titolo
dell'ultimo "episodio").
Il tragico cammino di un'esperienza umana (e collettiva)
densa di emblematica nostalgia (l'isolamento civile dell'emigrazione,
il valore della cultura, l'ineluttabilità del dramma
sociale) è reso da Amelio con scarna narratività (al
limite dell'ermetismo) ed algida partecipazione: in un
cinemascope che imprime forte caratterizzazione a volti
ed ambienti, la storia di Pietro e Giovanni è una
sequenza memorabile di situazioni (lancinanti) e
personalità (lacerate) che non confluiscono forse in un
amalgama compiuto, ma che non lasciano indifferenti nella
loro invitta intensità.
L'incerta comunicazione drammaturgica di
Così
ridevano troverà un posto di rilievo nell'immaginario
cinematografico del nostro cinema? Intanto si è
conquistato un posto nell'albo d'oro della Mostra del
Cinema.
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