andar per Festival...
Alessandro Tognolo - Giovanni Martini |
|
(A.T.) Dopo
esserci lasciati alle spalle Venezia e Roma ecco le
nuove tappe d'obbligo del critico itinerante. Torino non può certo
stare al passo con Berlino
ma il gusto cinefilo del programma piemontese è l'aperitivo
giusto prima di immergersi (tre mesi dopo) nell'abbuffata del Filmfestpiele.
Ma tracciare un filo conduttore
all’interno della selezione e delle sezioni del 33°
TorinoFilmFestival
>20
- 28 novembre<
è una sfida temeraria e quasi certamente inconcludente. La
caratteristica intrinseca di questo festival, che di anno in anno
rappresenta al livello nazionale un appuntamento quasi
irrinunciabile, è appunto la ricchezza della scelta, l’eterogeneità
delle visioni, l’azzardo di ogni percorso che più o meno casualmente
si sceglie di intraprendere. C’è da perdersi dunque ma ciò non deve
spaventare: ritroviamo le consuete suddivisioni a cui la direzione
di Emanuela Martini ci ha abituato negli anni:
Concorso,
Festa Mobile,
documentari,
cortometraggi,
Onde,
la più caratterizzante After Hours,
la retrospettiva sulla fantascienza ( l’utopia e la distopia di
Cose che verranno. La terra vista dal
cinema) e quella dedicata al Guest Director Julien
Temple Questione di vita e di morte,
che ha consentito di rivedere su grande schermo molti capitoli
importanti della storia del cinema, da
Scala al paradiso (1946) di Powell a
Stalker (1980) di Tarkovsky,
presentando anche l'ultimo film di Temple,
The Ecstasy of Wilko Johnson (2015) dedicato, sei anni
dopo Oil City Confidential, all’incontenibile chitarrista dei
Dr. Feelgod alle prese con un cancro la cui guarigione sembra
impossibile.
Il tutto sormontato dalla protettiva figura di
Orson Welles, a cui questa edizione è stata
dedicata - nel centenario della nascita (6 maggio 1915) e nel
trentennale della sua morte (10 ottobre del 1985) con una
immagine simbolo nella locandina e la proiezione di di tre dei suoi
capolavori in versione restaurata,
Quarto potere,
Rapporto Confidenziale e
L'infernale
Quinlan.
>>
|
|
|
(G.M.) Se
i festival cinematografici si potessero classificare, come i vini,
in annate buone e cattive, la
Berlinale
di quest'anno non sarebbe certo da annoverare tra le migliori.
Aperta da un film dei fratelli Cohen (Ave
Cesare) tutt'altro che memorabile, la rassegna al di là
di essere troppo ampia (22
film in Concorso invece
dei consueti 18: almeno la metà assolutamente non necessari, quando
non decisamente orribili o più che altro adatti al circuito
commerciale), ha inanellato una serie di delusioni, culminate nel
polacco United States of Love,
inopinatamente premiato con l'Orso d'Argento per la sceneggiatura.
Qualcosa di meglio ci hanno dato le rassegne collaterali come
Panorama
e
Forum;
è da qui infatti che viene il film di gran lunga più meritevole del
Festival, quel
Le fils de Joseph
che ci conferma lo straordinario talento di Eugene Green, già autore
de
La Sapienza.
|
|
|
|
|
andar per Mostre...
Maria
Cristina Nascosi Sandri |
|
Continua, con successo, la mostra dedicata
alla plurimillenaria
civiltà
egiziana intitolata Egitto
Splendore millenario
(capolavori da Leiden a Bologna)
aperta al Museo Civico
Archeologico (magnifico e rinnovato contenitore).
L’ESPOSIZIONE Per l’occasione si sono raccolte, integrandosi, la
collezione egiziana del Museo Nazionale di Antichità di Leiden in
Olanda (una delle prime dieci al mondo, circa 500 reperti) e quella
di Bologna, tra le prime in Italia, per un percorso espositivo di
circa 1.700 metri quadrati di arte, storia, bellezza, performance e
modernità. Nel 2011 il Rijksmuseum van Oudheden di Leiden ed il
Museo Civico Archeologico di Bologna hanno sottoscritto un accordo
quinquennale con l’obbiettivo di condividere attività di ricerca e
culturali, organizzando workshops, convegni e mostre, così come
d’esser reciprocamente disponibili al prestito di antichità a breve
e lungo termine. Le due istituzioni possono esser considerate gemelle
per tradizione museale, prestigio internazionale e patrimonio
archeologico, ma, soprattutto, sono le loro collezioni egiziane – che
conservano grandi capolavori provenienti dalla stessa area della
necropoli di Saqqara – a rappresentarne il trait-d’union principale.
A compendio di tanta colta ricchezza sono giunti prestiti eccellenti
dal Museo Egizio di Torino, pure tra i più importanti e ricchi al
mondo per quanto concerne la civiltà delle Piramidi e da quello di
Firenze, secondo in Italia dopo il già citato di Torino.
Così la mostra offre, grazie ai capolavori esibiti, la “storia di
una Storia plurimillenaria”, una civiltà unica che da sempre
affascina tutto il mondo: l’Egitto delle Piramidi e dei Faraoni, del
dio Osiride e della sua amata Iside, le vicende di grandi
condottieri e sacerdoti, di dei e divinità, di personaggi che fecero
e furono il passato dell’Egitto e che grazie ad archeologia,
scoperte e collezionismo non smette mai di rivelarsi, incuriosire,
stregare.
Prodotta da Comune di Bologna / Istituzione Bologna Musei / Museo
Civico Archeologico e da Arthemisia Group, la mostra è
curata da
Paola Giovetti e Daniela Picchi.
Il
catalogo è pubblicato per i tipi
di Skira editore.
|
|
Una mostra
d’eccezione quella nella splendida cornice di Palazzo Fava:
Guido Reni e i Carracci.
Un atteso ritorno. Capolavori bolognesi dei Musei Capitolini.
L'evento coglie l’occasione dell’Anno Santo Straordinario e molti
sono i patrocini (dal Pontificio Consiglio della Cultura,
alla
Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna).
L’ESPOSIZIONE In larga maggioranza realizzate su tela, oltre trenta
opere, tutte provenienti dalla Sala Bolognese della Pinacoteca
Capitolina, all’interno dei Musei Capitolini di Roma. Un patrimonio
di indicibile valore che ha segnato una svolta fondamentale nella
ricerca pittorica italiana ed europea, un lavoro che è iniziato ai
primi degli anni Cinquanta del Novecento, quando un giovanissimo
critico e storico dell'arte, il mitico Andrea Emiliani, cominciò ad
occuparsi di pittura emiliana. Capolavori dei maestri emiliani
visibili, di solito, esclusivamente in riva al Tevere, tra cui
alcuni mirabili esempi dell'ultima e misconosciuta produzione di
Guido Reni. Decisamente unico e davvero irripetibile anche
l’abbinamento fra le opere esposte ed il ciclo di affreschi di
Annibale, Agostino e Ludovico Carracci, che corrono lungo le pareti
di Palazzo Fava. Insomma, capolavori in abito di... capolavori.
Guido Reni, Annibale e Ludovico Carracci, Domenichino, Denis
Calvaert, Sisto Badalocchio, Francesco Albani sono solo alcuni degli
autori delle stupende opere esposte. Maestri protagonisti di una
stagione particolare – la fine del XVI e la prima metà del XVII
secolo – che vide consolidarsi legami storici, politici, artistici
tra Bologna e Roma con la fioritura della scuola del capoluogo
emiliano che, nell’Urbe, trovò il favore di mecenati e committenti
di assoluto livello.
La mostra,
curata da Sergio Guarino, Curatore Storico dell’Arte
della Pinacoteca Capitolina - che ha tenuto in sede di presentazione
della mostra una lectio davvero magistralis - è il primo frutto di
un vasto progetto di ricerca in cui convergono, sia le vicende di un
intelligente mecenatismo, sia gli sviluppi del dibattito pittorico
bolognese dei primi decenni del Seicento. ll
catalogo è edito da Bononia University Press e Nota Bene Company.
|
|
|
|
|
|
Tra
ottobre 2006 e gennaio 2007, nove anni fa, si tenne in Italia, a
Milano, la prima grande retrospettiva italiana dedicata a
Tamara de
Lempicka
e venne allestita a Palazzo Reale. Ebbe un particolare
significato simbolico, perché proprio a Milano, nel 1925, in pieno
movimento Art Dèco, si era tenuta la sua prima personale italiana
nella galleria del conte Emanuele Castelbarco, Bottega di Poesia,
situata nella già allora elegantissima via Monte Napoleone. È
toccata ora a Verona, dopo il recente successo di Torino, la grande
mostra monografica di nuovo a lei dedicata, come una delle artiste
del Novecento più amate e seguite dal grande pubblico: raccolte, in
ordine cronologico, le opere della pittrice polacca a partire dai
primi anni ’20 e fino all’ultima produzione risalente agli anni ’50
del Novecento.
>>
|
|
Davvero
memorabile la mostra Seurat-Van
Gogh-Mondrian. Il Post-impressionismo in Europa. Si
tratta di una silloge di dipinti della collezione del museo olandese
Kröller Müller, un iter dedicato ai pittori della stagione
post-impressionista che, a ragione, si possono definire gli
anticipatori delle Avanguardie, frutto della passione della
collezionista Helene Kröller-Müller, moglie di un ricco industriale
olandese che li raccolse, negli anni, in quello splendido
'contenitore' che è il Museo che porta il suo cognome.
Ognuno di loro, declinando a livello personale le stagioni
precedenti e vivendo un momento storico ed artistico unico, è
riuscito a creare un proprio stile, un proprio cromatismo, una nuova
stagione che ha fatto da battistrada a chi li ha seguiti,
antesignani di cultura pittorica a pieno titolo.
>>
|
|
|
|
Di
raffinata intensità la mostra dedicata a
Felice Casorati
(Musei Civici Eremitani), fra i maggiori esponenti della pittura moderna nel
Novecento italiano, e agli anni giovanili che lo videro formarsi tra
Padova, Napoli e Verona.
Il progetto ha proposto un approfondimento sul pittore di origini
piemontesi (Novara, 1883 - Torino, 1963), grazie ad una ricca
raccolta di grafiche, dipinti ed inediti artistici e documentari.
Curata da Virginia Baradel e Davide Banzato (anche responsabili del
catalogo Electa) la mostra accoglie e confronta ciò che fino a oggi
si sa di quegli anni fondamentali (dal 1896 al 1907) contrassegnati
da un eclettismo che è cifra peculiare dell’entusiasmo del
principiante dotato di talento. Le opere in esposizione
costituiscono un richiamo alla produzione artistica antecedente alla
Biennale del 1907, alla cui partecipazione per la prima volta da
protagonista si deve l’inizio del successo di Casorati. Tra gli
elementi messi in luce dalla mostra, e frutto di un lungo lavoro di
ricerca, ecco la figura del “maestro” di Casorati, il pittore
padovano Giovanni Vianello, figura di rilievo nel periodo 1902-1906,
facente parte della partecipazione alla mostra padovana I sette
peccati (1904) a cui prese parte anche il poi-Futurista Umberto
Boccioni ed il cui manifesto venne disegnato da Ugo Valeri. Vianello,
ai primi del Novecento, era il pittore più considerato in città, uno
dei pochissimi ad esporre in mostre nazionali ed internazionali: il
rapporto tra maestro e allievo non fu per niente marginale, benché
Casorati - dopo il trasferimento a Torino e la svolta radicale -
l'avesse in seguito ripudiato.
La mostra sicuramente contribuisce a mettere in luce questo rapporto
grazie a confronti inediti. Tra le suggestioni e le scoperte, anche
il Ritratto di Tersilla Guadagnini, qui esposto per la prima volta e
affine ai modi di Vinello.
A definire, infine, l’alta qualità artistica di questa fase
giovanile è Persone, quadro che valse al pittore l’invito della
delegazione del Carnegie Institute per il Premio di Pittsburgh, in
Pennsylvania e che già avvia verso lo splendido periodo veronese.
|
|
P
A
D
O
V
A |
|
|
|
|