La comune
(Kollektivet) |
BERLINO 66 - Orso d'argento/Premio speciale della giuria |
Per
chiunque fosse abbastanza giovane, possibilmente studente e di
sinistra tra gli anni '60 e '70, la "comune" è stato un mito. Si
trattava non soltanto di sottrarsi alle regole e imposizioni
parentali, ma anche alla noia e alle ipocrisie della coppia chiusa
tradizionale, inventandosi appunto una convivenza di dieci o più
persone, uomini, donne e bambini, basata sullo scambio e condivisione
egualitari di introiti, funzioni, esperienze. Una nuova cellula di
socialità, utopica e tendenzialmente comunista. Tutti ne parlavano,
pochi l'avevano provata, nessuna durava, soprattutto quando, oltre
alla ripartizione delle spese e del lavaggio dei piatti, si andava a
mettere mano nella condivisione del sesso e/o dei sentimenti!
Probabilmente assai diversa era la situazione negli Stati Uniti, dove,
in effetti, l'esperienza delle comuni, in genere di carattere "musica,
droga, esclusione sociale, pseudo-religiosità", è stata più importante
e diffusa (basti pensare alla tragica esperienza legata al nome di
Charlie Manson).
Nel film seguiamo la vicenda del professor Erik (Ulrick Thomsen) e
della moglie giornalista Anna (Trine Dyrholm), i quali, ereditata una
casa in campagna e trovandola troppo grande per le necessità loro e
della figlia teenager Frieda, decidono di invitare cinque coppie di
amici di variegata estrazione sociale e diverse possibilità economiche
a vivere insieme a loro.Lasciando da parte l'incongruenza
generazionale (in genere l'idea della comune affascinava i ventenni,
mentre qui sono tutte persone relativamente mature tra i trenta e i quarant'anni), il film dopo alcune schermaglie tra reciproca
conoscenza, suddivisione dei compiti e qualche birra di troppo, prende
subito una direzione centrifuga. Il professor Erik si innamora di una
bella, intelligente e giovanissima allieva e pretende, o meglio chiede
l'approvazione di tutti, dato il clima pseudo-libertario, di portarla
a vivere sotto lo stesso tetto; Anna prima ci sta, poi no, lacrime,
drammi, litigi. Gli amici si dividono, fuga della protagonista,
conclusione dell'esperienza. In pratica, il film si riduce al trito
triangolo lui, lei, l'altra, solo in un'ambientazione diversa (quella
della comune) del tutto superflua e incoerente. |
Giovanni Martini - febbraio 2016 - pubblicato su MCmagazine 39 |