Quattro anni fa Lars Von Trier (Le
onde del destino,
The Kingdom,
Idiots)
ha stilato assieme ad alcuni colleghi e amici un manifesto cinematografico,
Dogma 95, che prevede una sorta di "voto di castità"
dei cineasti: e cioè piccolo budget, luci naturali, camera a mano,
sfondi reali, e musica solo "ambientale", cioè quella
che è direttamente collegata alla scena…Con
Festen il giovane
"allievo" di Von Trier, Thomas Vinterberg
, al suo secondo film,
rivela un prepotente talento.
Anche Festen fa suo il motto "famiglie vi odio", e suggerisce
che le celebrazioni solenni di compleanno sono occasioni ad alto rischio.
Ancor peggio in Danimarca, dove le tensioni familiari vengono amplificate
dallo scatenamento alcoolico delle feste, e nell'alta borghesia, dove il
senso della forma tende, per dirla bergmanianamente, a nascondere la spazzatura
sotto il tappeto delle buone maniere. Vinterberg e il suo sceneggiatore
Morgens Rukov ci portano in un bel castello danese trasformato in hotel
de charme, dove si raduna, per festeggiare i 60 anni del proprietario e
patriarca la sua vasta, elegante ed incasinata famiglia, un incrocio tra
atmosfere di Mann e Visconti. Uno dei figli è un violento che maltratta
la moglie, oltre a tradirla. Sulla festa aleggia l'ombra della tragica
morte di una sorella, che si è suicidata proprio qui, in una stanza
da bagno. E il suo gemello, durante la lunga
cena di compleanno, prende
la parola per il rituale discorso che tocca al primogenito e denuncia al
pubblico degli amici e dei parenti gli orrori - veri, immaginati? - della
sua infanzia... A dire il vero, la denuncia dei vizi privati e delle pubbliche
virtù della classe dirigente non è una novità, così
come il contrasto tra i piani alti (corrotti) e i quartieri della servitù
(tendenzialmente sani), e si esce dal film più disturbati (be',
non è una bella storia...) che coinvolti, più affascinati
da un'ariosa costruzione tragica che toccati emotivamente. Ma quello che
colpisce nel film di Vinterberg è soprattutto la sicurezza della
messinscena, l'ottima direzione di un cast di attori bravissimi (il regista
stesso compare per un attimo nel ruolo di un bel tassista), la padronanza
della cinepresa mossa a mano (lo prescrive il manifesto di Dogma 95
ma anche la volontà di ottenere dalla riprese una qualità
"rubata") in complessi piani sequenza. |