È il 1927 quando a soli
24 anni Ozu Yasujirō dirige il suo primo film (Strada di penitenza), ma occorre attendere
il 1933 perché, con Il figlio unico, si delinei il suo personalissimo tocco d'autore
caratterizzato da tonalità di tristezza, di malinconico disincanto
[...] ripiegato in una prospettiva di introspezione esistenziale, di
esplorazione dei sentimenti e delle emozioni che integra lo sfondo
sociale della coscienza degli individui [...] in una visione lancinante
dell'esistenza che ne costituisce la cifra dominante.
Dopo la guerra (e un periodo di prigionia) torna alla regia e, a
seguire alcuni film considerati minori, realizza il bellissimo
Tarda
primavera (1949). Da lì
in poi la sua filmografia è una pietra miliare della storia del cinema
per tematica e stile. Ozu è un cineasta modernissimo, lucido
indagatore dei conflitti interpersonali generati dal mutamento della
società civile: piazza la sua mdp a mezza altezza ("ad altezza di cane"
come lui stesso diceva) e lascia fluire il movimento interno al
fotogramma, dilatando le psicologie, le passioni e le emozioni dei suoi
personaggi, le amicizie, i rancori, i conflitti tra generazioni; in una
parola, lascia scorrere il flusso della vita. Una visione distanziata
la sua, ma al tempo stesso profondamente partecipe delle angosce, delle
malinconie dell'uomo contemporaneo alle prese con la solitudine e il
silenzio esistenziale. Se in tutto
questo il suo taglio personalissimo tende sempre alla perfezione, i
diversi elementi tendono a combaciare così perfettamente che mai lo
spettatore si rende conto del suo virtuosismo. I suoi film sono
realizzati con uno stile talmente spoglio da far passare inosservata
l'abilità che a permesso di raggiungerlo. Il suo montaggio con
campi-controcampi a 180° è d'una assoluta sobrietà, così come la
direzione degli attori, il senso degli oggetti e dei particolari...
Tra i titoli memorabili emergono Viaggio a Tokyo (1953, una sorta di sintesi del suo cinema),
Fiori di
equinozio (1958) e Tardo autunno (1960). Conclude la sua opera nel 1963 con una
commedia sorridente qual è Il gusto del saké e muore di cancro l'anno dopo, lasciandoci un
cinema emozionante, commovente, struggente e straordinario.
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