ottobre 2011

quadrimestrale di cinema, cultura e altro... ©

n° 31
Reg.1757 (PD 20/08/01)

Nessun editoriale stavolta: non servono commenti per esternare l'appassionata folgorazione di tutta la redazione per Drive. Solo un consiglio-desiderio. Rivederlo!.

     Datemi una parete e vi dipingerò il mondo. Potrebbe essere lo slogan del mondo dei writers, "imbratta-muri" armati di bombolette colorate, pittori alternativi dediti a graffiti urbani che dagli anni '80 abbiamo incominciato a ritrovare nel nostro tessuto urbano. Ne è passata di acqua sotto i ponti (dei nostri preconcetti) e quegli "scarabocchi vandalici" hanno assunto la dignità di espressioni artistiche universalmente riconosciute. La mostra Urbanizeme Exhibition (14 ottobre – 20 novembre) rende testimonianza del fenomeno di writers e street artists della realtà padovana, catturando in un'allestimento anomalo (portare la strada in una galleria? Strade e muri esistono già per questo...) una produzione che in uno spazio così compresso (Padova, Galleria Cavour – Vicenza, Misael Project) fa esplodere con maggiore intensità un'arte iconografica di variegata (e variopinta) escandescenza creativa. La mostra cade a qualche mese dalla scomparsa (marzo 2011) di uno dei più originali autori della scena padovana, Giacomo Jeos Ceccagno. I suoi bassorilievi a tecnica mista vanno oltre la vitalità di tag, scritte e murales. Per chi lo ha conosciuto, per chi ha avuto la fortuna di percepire la sua esuberante timidezza e la sua schiva sensibilità, le immagine di ganci, ruspe ed elicotteri avranno per sempre il dinamismo intrinseco del suo tocco d'artista. (e.l.)

     
1° Tempo - 2009 (108x101,5) Cantiere - 2007 (103x154) Gruppo - 2005 (124x95)
     

A ricordo di Giacomo, grazie alla disponibilità del Comune di Padova, i suoi amici writers hanno potuto dedicargli un’opera a tutta parete. Il lato nord del cavalcavia Chiesanuova che guarda su via Vicenza ospita una coloratissima composizione che rende omaggio a lui, al suo stile e alle sue realizzazioni.

 

  Poteva vincere Polanski (Carnage), doveva vincere Sokurov. Al di là dei gusti della nostra redazione che teneva in palmo di mano anche Shame, A Simple Life e Himizu (e, perché no, pure The Ides of March) il Leone d'oro di una mostra d'arte (cinematografica) era d'obbligo per il Faust: dipinto sullo schermo come un Brughel desaturato, filologicamente impeccabile nel riferimento a Goethe, fatto di quella pasta di cui sono fatti i sogni sukoroviani, intrisi di humus letterario e corposità figurativa.
Tra un Cronemberg imbrigliato nel didascalismo psichiatrico (
A Dangerous Method) e i guizzi d'autore made in USA (Dark Horse e Killer Joe), è l'oriente caro a Muller che vince la battaglia  del Leone d'argento pur col  suo esemplare meno convincente, Ren Shan Ren Hai (agli altri, per noi più meritevoli, sono andati i riconoscimenti per le interpretazioni) mentre l'Italia ha bilanciato la personalità autoriale ancora in bozzo di Gipi (L'ultimo terrestre) e quella ormai imbolsita della Comencini (Quando la notte) con la verve sempre incisiva di Emanuele Crialese. Terraferma (Premio Speciale della Giuria) riesce a imbrigliare l'urgenza retorica e, senza rinunciare ai preziosismi evocativi da sempre cari al regista, porta a compimento una riuscita fotografia del nostro sud assediato dall'immigrazione (extracomunitaria e turistica), ma capace ancora di coniugare la propria identità tra i valori del passato e le contraddizioni del presente.
Se non sono mancate le sorprese a livello di documentari: sempre pretenzioso Al Pacino con il suo
Wilde Salome, di straordinaria efficacia Whores' Glory insignito del Premio Speciale della Giuria ORIZZONTI. Proprio in questa sezione si è consumata la lotta più appassionante; purtroppo il confronto tra Cut e Kotoko (vincitore!) ha avuto  poco riscontro tra il pubblico della mostra: il nonsense del calendario delle proiezioni li ha penalizzati entrambi. (e.l.)

Uno sguardo sofferto e impietoso su una società in decadenza morale, un'accorata dichiarazione di fiducia nell'integrità del singolo. Le due anime del liberal Sidney Lumet (1924-2011) scandiscono la sua filmografia, solo saltuariamente intervallate da commedie a tutto tondo, disegnando il quadro di un'America dall'incerta legalità, dalla corruzione imperante, dalle laceranti contraddizioni insite nella democrazia, nei meccanismi della giustizia, nei rapporti umani. Tra le imponenti colonne di un palazzo di giustizia (che "ospita" La parola ai giurati – opera d’esordio del 1957) e il corridoio in cui Albert Finney si allontana dopo “aver fatto giustizia”  (Onora il padre e la madre - 2007, suo ultimo lavoro), si snoda un percorso d'autore di oltre 40 film.
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segnalazioni d'arte di Maria Cristina Nascosi Sandri


A far data dall’11 settembre scorso a Ferrara è in parete la mostra Gli anni folli. La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalí. 1918-1933.
Una vera occasione per ammirare i capolavori dei più importanti artisti della storia dell’arte del XX secolo, presentati in una cornice per loro degna, il Palazzo dei Diamanti.

Monet, Matisse, Mondrian, Picasso, Braque, Modigliani, Chagall, Duchamp, De Chirico, Miró, Magritte e Dalí furono tra i protagonisti di quel periodo unico - dalla fine della Grande Guerra ai primi anni Trenta – in cui Parigi divenne la capitale mondiale dell’arte e son presenti con dipinti, sculture, fotografie, costumi teatrali e disegni capaci di restituire la varietà e la ricchezza della produzione artistica di quegli anni, un caleidoscopio di stili e linguaggi sulle principali tendenze artistiche del Novecento.
La mostra è organizzata da Ferrara Arte che è anche editrice del catalogo curato da Simonetta Fraquelli, Maria Luisa Pacelli e Susan Davidson.
ragazzo con i pantaloni corti


A Palazzo Zabarella - Padova, ancora una volta, è collocata una pregevole esposizione il cui lavoro di preparazione è durato ben 5 anni. (era stata in parte preceduta da quella tenutasi a Ferrara nel 2007 al Palazzo dei Diamanti: tema sempre il Simbolismo, ma con altro taglio, diversamente rigoroso). Questa patavina Il simbolismo in Italia, è una silloge artistico-corale che fa riferimento a splendide opere create tra Otto e Novecento, anni di vera ed unica eccellenza in cui l’inconscio irrompe nell’arte e nulla sarà più come prima: il momento degli ultimi veri –ismi culturali a tutto tondo, dei grandi circoli intellettuali, come quello di Vienna, in Austria (dove Freud ha aperto la grande stagione della psicanalis)i ed il Bloomsbury di Londra, vere fucine di genialità, tra economia, letteratura, musica, oltreché (su tutt), proprio l’Arte, quella con la A maiuscola che, pareva, allora, tutto comprendere, summa di Muse Geminae del Tempo, fuori dal tempo, da esso rese eterne.

le due madri

Organizzato in sezioni tematiche, il percorso della Mostra si dipana dagli anni Ottanta dell’Ottocento fino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Presenti artisti come il grafico poliedrico futurista poi surreale Alberto Martini di Oderzo di Treviso, illustratore di E. Allan Poe, Giovanni Segantini con Le due madri ed i ferraresi Giuseppe Mentessi (suo è Gloria, proveniente dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) e Gaetano Previati, allora al massimo del suo fulgore, partecipe alla Biennale di Venezia, 'anime' simboliste, ma anche divisioniste.

gloria maternità

E poi Pellizza da Volpedo e Morbelli, chiaro esempio di come l'Arte Italiana arrivò al suo apice ed all’altezza delle altre avanguardie europee proprio entrando nella temperie simbolista.

Pio albergo Tribulzio la processione

Ma non mancano confronti extra-moenia come i capolavori posti in chiusura di mostra tra cui la Giuditta II – Salomè, di Gustav Klimt ed Il Peccato di Franz von Stuck.

 

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in rete dal 27 ottobre 2011

redazione!
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