Shame
Steve McQueen - Gran Bretagna 2011 - 1h 39'

Venezia 68 - Coppa Volpi miglior attore a MICHAEL FASSBENDER

    In un video del 1993 intitolato Bear l’artista inglese Steve McQueen raccontava un breve e insolito incontro tra due uomini nudi. E sul corpo nudo di Michael Fassbender si apre Shame, la seconda incursione di McQueen nella dimensione narrativa del lungometraggio e attorno a quel corpo ruoterà l’intera rappresentazione, così come il corpo dello stesso attore era stato al centro del precedente sconvolgente Hunger del 2008, proiettato al Festival di Torino  e pluripremiato a Cannes, ma mai distribuito in Italia.
“Hunger parla di un uomo che ha perso la libertà e usa il suo corpo per conquistare l’unica libertà possibile,
Shame racconta la storia opposta: quella di un uomo che ha tutte le libertà, ma usa il corpo per farne una prigione”. Le parole di Iain Canning, il produttore del film, colgono in pieno il legame che unisce le due opere.
Se in
Hunger McQueenfilm successivo in archivio ha raccontato, attraverso la progressiva scarnificazione e degradazione del corpo di Bobby Sands (il primo attivista dell’IRA ad attuare fino alla morte lo sciopero della fame), l’orrore delle condizioni dei prigionieri politici nelle carceri irlandesi, in Shame, in un contesto opposto, negli spazi rarefatti, geometrici, metallici e vitrei della ipermodernità newyorkese, con altrettanto rigore essenziale, l’autore incolla la macchina da presa al corpo degradato e danneggiato, in questo caso dalla sua compulsione erotica, del protagonista Brandon, trasformandolo in un’icona del nichilismo, della frigidità morale ed emotiva che minaccia la nostra società.
Brandon è un newyorkese di successo, erotomane e rigido tanto nell’impostare la sua routine su movimenti e azioni regolari e preordinati quanto nell’evitare qualsiasi coinvolgimento affettivo ed emotivo, il suo stile di vita verrà messo in crisi dall’arrivo della sorella Sissy (Carey Mulligan), più giovane, irrequieta e affamata di affetto, al punto di spingerlo ad inoltrarsi nelle pieghe più oscure dei bassifondi newyorkesi.
In conferenza stampa McQueen ha sottolineato come il sesso compulsivo, in quest'epoca all’insegna della massima libertà sessuale, non sia che una delle tante dipendenze, al pari di quelle dalla droga, dall’alcol, dal gioco d’azzardo, che finiscono per ingenerare un sentimento comune di vergogna in chi ne diventa schiavo. Egli però affronta un tema così spinoso, non con un atteggiamento moralistico, ma attraverso una lucida descrizione di quella che è una delle malattie della contemporaneità. Il personaggio di Brandon, cui Fassbender aderisce con una fisicità impressionante, McQueen ce lo mostra con freddezza, non giudica, non tenta nessun approccio psicologistico al suo agire, semplicemente lo segue, lo pedina, registra i suoi movimenti, alternando meticolosi studi sul volto e sul corpo nudo a complessi pedinamenti alle spalle, nel labirinto della sua ordinatissima casa e in quello di una New York, cui la magistrale fotografia di Sean Bobbit dà l'apparenza di una selva di vetro. Ed è proprio da questo approccio fenomenico e non valutativo che scaturisce la grande forza del film.
Quando poi l’arrivo della sorella viene ad incrinare il mondo di false sicurezze di Brandon, il ritmo cambia, la frenesia e l’eccesso prendono il posto della rarefazione, fino ad arrivare all'evento drammatico che potrebbe spezzare la corazza che avvolge Brandon, mettendolo di fronte alla sua vergogna. Forse... E allora anche la severità della messa in scena subisce delle accelerazioni: basti pensare al carrello veloce che accompagna la corsa notturna per le vie di Manhattan. In perfetta sincronia con le immagini la colonna sonora, fatta di musica minimalista, alternata a brani di Bach, sottolinea la ripetitività maniacale e la precisione quasi matematica delle azioni e dei comportamenti del protagonista, mentre verrà affidato al ritmo jazz, al ritmo dell’improvvisazione, con cui Sissy interpreta in modo assolutamente personale e straordinario la canzone New York New York, il ruolo di sciogliere in lacrime il gelo emotivo di Brandon, in una delle sequenze più belle del film, in cui anche lo spettatore, fino a quel punto raggelato dalla visione, non può non sentirsi parte di questo sfogo di emotività.
McQueen, transitando felicemente dalla dimensione del video a quella di un cinema narrativo, ha realizzato un grande film, in cui la morsa del controllo formale chiude i personaggi in un orizzonte unico che comprende messinscena e ossessione con una compattezza di stile esemplare.

Cristina Menegolli - MCmagazine 31 - ottobre 2011

promo

Il trentenne newyorkese Brandon non riesce a controllare le sue pulsioni sessuali. Nonostante sembri condurre una vita sociale normale, l’uomo è ossessionato dalla pornografia e da tutto ciò che ruota intorno al piacere e alla lussuria... Combinando raffinata nitidezza di stile con un'intensa vena emozionale nella cornice di un'algida Manhattan, Shame pedina il protagonista nel suo progressivo sprofondare nel degrado e nella solitudine esistenziale, mettendo in scena una dolorosa odissea di espiazione sullo sfondo di un mondo vuoto di valori. Non c'è nulla di 'scandalistico', nessuna 'pruderie', nessun viagra audiovisivo. Shame mostra quanto desiderio di morte ci sia in quell'ossessione d'amore (e di sesso, carne, godimento, piacere...) che sembra dominare tanta parte della società occidentale contemporanea.

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