Un
soggetto alla Tarantino sviluppato attraverso un linguaggio con tutti
i crismi della classicità. È la prima considerazione che viene da fare di fronte a questo
sorprendente ritorno alla regia di uno dei grandi autori del cinema
hollywoodiano, dopo anni di assenza dai grandi schermi, in cui ha
lavorato per la televisione (CSI) e per il teatro.
Con la freschezza, la cattiveria e la capacità di sorprendere di un
giovane, il settantaseienne William Friedkin ci ha regalato una black
commedy, in cui i generi noir e western si fondono in un affresco
allucinante della famiglia americana.
Tratto dall’omonima piece teatrale del premio Pulitzer e sceneggiatore
Tracy Letts, il film, ambientato in un selvaggio Texas, racconta la
storia di cinque outsider balordi: Chris Smith (Emile Hirsch), piccolo
spacciatore, per poter restituire una somma di denaro a dei malviventi
locali, si accorda con il padre (Thomas Haden Church) e la matrigna
(Gina Gershon) per far uccidere la madre e intascare così i soldi
dell’assicurazione. Ma il killer, di professione poliziotto, (Matthew
McConaughey) a cui si rivolge, richiede come deposito cauzionale i
favori sessuali della sorellina Dottie. Inutile dire che le cose non
andranno secondo le aspettative...
Dell’impianto teatrale Friedkin mantiene soprattutto i dialoghi, che
si snodano magistralmente come in una orchestrazione musicale e le
dinamiche tra i personaggi, nella contrapposizione tra chi rimane
fisso nella sua parte e non sa adeguarsi ai cambiamenti, come Chris,
il padre e la matrigna e chi invece è capace di dare una svolta alla
propria vita, come Joe e Dottie. Mantiene anche l’unità di luogo, in
quanto la casa degli Smith rimane il set centrale in cui si svolgono
le scene madri del film, ma non in modo claustrofobico come Polansky
in
Carnage, in quanto si concede delle incursioni nei sobborghi
texani, dove ciascun personaggio compie la propria deriva di
dannazione, creando delle aperture in grado di non far percepire
l’origine teatrale del testo.
Ma è proprio la casa degli Smith (la banalità del nome non è casuale),
che da spazio chiuso della famiglia, del quotidiano, seppur degradato,
diventa luogo di minaccia, quando in essa, come in un esorcismo
rovesciato, irrompe il Male, sia pur nelle fattezze
dell’irreprensibile tutore dell’ordine, killer a tempo perso, Joe, cui
un bravissimo e irriconoscibile Matthew McConaughey presta le movenze
e il linguaggio di un gentiluomo del sud. Joe è una di quelle figure,
care al cinema, che entrano in uno spazio e lo distruggono, è come un
demone che viene a mietere il raccolto che gli spetta, dando vita al
male che cova nel sottosuolo. E Friedkin è maestro nel creare un
crescendo di tensione, in cui umorismo e violenza trasformano
incessantemente le prospettive fruitive dello spettatore.
Con una regia impeccabile, che, anziché esibirsi, si mantiene quanto
più possibile nell’ombra, a parte qualche concessione autocitazionista
(vedi l’inseguimento dei due motociclisti a metà del film) e con una
cura maniacale dei particolari, Friedkin sembra lasciare che siano i
personaggi con i loro dialoghi e con le loro azioni a raccontarci la
loro storia, basti pensare alla prima apparizione della matrigna, che
apre la porta al figliastro esibendo la sua nudità, inquadrata
spietatamente dal regista con un primo piano, che riesce ad
imbarazzare anche lo spettatore; gesto trasgressivo che troverà la sua
nemesi in una sequenza successiva in cui viene messa in scena la più
incredibile fellatio che si sia vista al cinema. O ancora a come la
connotazione di perdente di Chris sia ripetutamente sottolineata dal
particolare del cane di famiglia, che abbaia furiosamente solo quando
compare lui.
Friedkin l’ha definita una storia d’amore: “Killer
Joe
is a Cinderella
story, but the prince happens to be a hired killer. He's also a
sheriff in the Dallas Police Department. Though the title and the plot
suggest the dark side, I find it to be quite humorous”.
E infatti, come in tutte le fiabe, anche questa si chiuderà con un
“happy ending” in un finale delirante, in cui il gioco al massacro
soffocherà le risate col sangue.
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