Terraferma
Emanuele Crialese
- Italia
2011
- 1h 28' |
Venezia 68 -
Gran Premio della Giuria
Terraferma
di
Emanuele Crialese (concorso) cerca un difficile equilibrio fra cronaca e
mito incrociando la tragedia dei migranti e dei respingimenti col respiro
epico di una famiglia di pescatori lampedusani costretti a cambiare, a
cercare nuovi orizzonti. Senza però rinnegare la legge del mare, che
significa rispetto dei diritti di tutti, clandestini o meno. Con immagini
indimenticabili (sono belli quei corpi che cadono in mare visti da
sott’acqua, ma dipende da chi si tuffa e perché...) alternate agli
sviluppi qua e là faticosi di un film sovraccarico di spunti, di
personaggi, di voci.
Perché fra il mare e la terra, che tanto ferma forse non è, ci sono il
patriarca Mimmo Cuticchio, che non vuole abbandonare il suo vecchio
peschereccio, e suo figlio Beppe Fiorello, che invece sogna di arricchirsi
con i turisti. C’è la vedova Donatella Finocchiaro, che ridipinge la sua
casetta per affittarla ai vacanzieri, senza immaginare che avrà tutt’altri
ospiti. E c’è soprattutto suo figlio Filippo Pucillo, l’ex-ragazzino di
Respiro,
ormai attore portentoso: una specie di «Candido» selvatico e
sensibilissimo che parla con gli animali, si innamora delle turiste. E un
giorno con il nonno soccorre un gruppo di naufraghi terrorizzati,
nascondendo poi in casa una superstite incinta. Ma la legge è
inflessibile, la loro barca viene messa sotto sequestro, mentre sulla
neonata pesa una tragedia perfino più terribile del viaggio affrontato da
sua madre (l’etiope Tinmit, vera sopravvissuta). Tanto che prima della
catarsi finale il povero Filippo, in un momento di follia, si scopre
capace di riservare ben altro trattamento ai naufraghi che infestano il
«suo» mare...
Fin troppo, forse, per un film solo, che dovendo fare i conti col peso
soverchiante della cronaca spicca davvero il volo solo nei momenti più
liberi e visionari. Ma resta uno dei segni più alti della tensione ideale
che anima tanto cinema italiano di oggi.
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Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
A Emanuele
Crialese sono ha bastati due film,
Respiro
e Nuovomondo, per proporsi fra
gli autori più significativi del cinema italiano di oggi. Ce lo conferma
ampiamente questo suo terzo film, Terraferma, ambientato nella stessa
isola di Respiro, anche se, in questo caso, il desiderio dei suoi
principali personaggi è di lasciarla per rifarsi una vita in terraferma,
luogo mitico e ad un tempo reale, tramato di sogni ma anche di dati
concreti. I personaggi più coinvolti in questo sogno sono due donne e un
ragazzo. Una delle donne, Giulietta, è nata lì ed ha perso il marito in
mare. L’altra donna, Sara, è un’immigrata africana sbarcata con un figlio
(e mettendone al mondo un altro) da uno dei tanti barconi che approdano
spesso sulle nostre spiagge, desiderando adesso di raggiungere il marito
già in Italia. Ci potrà riuscire però, dato che è una clandestina, solo se
l’aiutano Giulietta e suo figlio Filippo, entrambi all’inizio pronti ad
avversarla. Presto convinti e solidali, comunque, tanto che il ragazzo
correrà seri pericoli per portarla in salvo. Vinto dall’altruismo se non
addirittura dalla pietà.
Senza retorica, però, perché Crialese anche quando si affida ai
sentimenti, e con immagini spesso poetiche, coltiva sempre modi asciutti,
in ogni personaggio studia la persona, vi coglie quasi con rigore i tratti
salienti e vi intreccia attorno situazioni e gesti attentamente affidati a
cifre di riserbo, secondo ritmi narrativi che tendono a filare via senza
note scabre (anche quando lo scabro si affaccia in questo o quell’evento
non proprio di contorno, come l’arrivo disperato degli immigrati o la
severità dei militari incaricati di applicare leggi dure e poco umane
anche contro chi ne pagherebbe prezzi ingiusti).
Un film prezioso. Per i suoi climi, ma soprattutto per gli accenti tra
favola e cronaca con cui limpidamente si affrontano e per un senso del
cinema - studiato, meditato - che si rea lizza sempre all’insegna dello
stile.
Lo completa un’interpretazione felice, da Donatella Finocchiaro
(Giulietta) a Filippo Pucullo (Filippo), già incontrato quest’ultimo in
occasione di
Respiro. Un duetto che lascia il segno. Specie si vi si
aggiunge l’altra donna, Timnit T., l’immigrata, un viso dolce da Madonna
nera. |
Gianluigi Rondi
- Il Tempo |
promo |
In un'isola
siciliana abitata da pescatori, rimasta intatta e poco battuta dal
turismo, i comportamenti e la mentalità degli isolani sta
cominciando a mutare, anche a causa dei continui sbarchi di
clandestini. E' qui che si svolgono le vicende della famiglia
Puccillo, in cui a dettare le regole è un vecchio di grande
autorità, che si intrecciano con quelle di Sara, una donna che
arriva dall'Africa insieme al figlio Ernesto di nove anni...
Sempre incisiva la verve di Emanuele Crialese. Terraferma
riesce a imbrigliare l'urgenza retorica e, senza rinunciare ai
preziosismi evocativi da sempre cari al regista, porta a
compimento una riuscita fotografia del nostro sud assediato
dall'immigrazione (extracomunitaria e turistica), ma capace ancora
di coniugare la propria identità tra i valori del passato e le
contraddizioni del presente. |
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LUX
- settembre-ottobre 2011 |
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