Jane Eyre
Cary Joji Fukunaga
- Gran Bretagna/USA
2011
- 2h |
Difficile
rispondere positivamente alla domanda se fosse così necessario tornarci su
oggi, malgrado tutto l'apprezzamento per l'accurata messa in scena del
giovane regista Fukunaga. Sempre che si possa dare per scontato e
acquisito, nel 2011, il messaggio veicolato dal tormentato personaggio di
Jane, ferma nel difendere la propria dignità con il coraggio solitario
dettato dall'intelligenza e dall'intuito, contro tutto e tutti, mentre è
accerchiata da una società completamente sorda all'affermazione del
principio di dignità da parte di una povera orfana senza dote e senza
bellezza. [... ] Pregi e qualità. L'ammirevole cura nel creare
un'atmosfera, nell'impronta cupa e gotica che, con l'ausilio di location
assai suggestive, avvicina il film al gusto del primo
Hitchcock
americano (Rebecca)
più che a recenti variazioni horror sebbene non manchino situazioni e
scene in questo senso. L'altrettanto ammirevole prova di due interpreti in
piena ascesa. La giovanissima Mia Wasikowska che va contemporaneamente
nelle nostre sale come protagonista del film di Gus van Sant
L'amore che resta.
E il suo partner Michael Fassbender, anche lui ora nei cinema nei severi e
contraddittori panni di Jung in A
Dangerous Method di
David Cronenberg.
Entrambi attori capaci di totali cambiamenti di registro. Eppure resta
l'impressione di uno sforzo un po' a vuoto, un po' accademico, che
aggiunge poco. Impressione accentuata e peggiorata da certi presunti colpi
di stile, forzature modernizzatrici, che fanno inutilmente perdere il filo
nel vorticoso su e giù di piani temporali. |
Roberto Nepoti
- La Repubblica |
Dopo
aver esibito le mestizie in fiore di Joan Fontaine (con
Orson Welles),
di Susannah York diretta da Mann, di Charlotte
Gainsbourg (è la volta di
Zeffirelli) e della giovane Ilaria Occhini in tv,
Jane Eyre,
eroina del paleo femminismo, uscita dal silenzio già 165 anni fa, rivive
in nobile convenzione cine letteraria nell'espressione forte e dolce di
Mia Wasikowska, ad altissimo tasso di implosione espressiva. Bravissima,
l'ex Alice di Tim Burton, quasi una reincarnazione di Mia Farrow, è
l'attrice del momento, star anche della love story di Gus Van Sant: è qui
il baricentro narrativo di questa ennesima non ovvia né inutile versione
del fortunato romanzo gotico romantico di Charlotte Brönte del 1847, coevo
a Cime tempestose della sorella Emily, anch'esso fresco della nuova
riduzione apparsa a Venezia. [...] Ricco di chiari scuri, rimandi
favolistici (Jane Eyre inizia Cappuccetto Rosso, prosegue come
Cenerentola), di colpi bassi méelo, il film dell'americano Cary
Fukunaga, sceneggiato dalla Moira Buffini di
Tamara Drewe,
rende eterno più che attuale l'evolversi romanzesco, nel piacere
rispettoso delle convenienze tradizionali, compreso il prologo dickensiano
con orfanelle umiliate e offese: nella prima versione era la piccola Liz
Taylor che ci lasciava le giovani penne per il freddo dell'anima e della
carne... |
Maurizio Porro -
Il Corriere della Sera |
Rivisitare
un classico è un rischio estremo: o vai in paradiso o dritto all'inferno.
Qualche eccezione trova sosta in un limbo, implicitamente tendente al
positivo con diversi gradi di moderazione. Questo è il caso della
diciottesima cine-transposizione di
Jane Eyre
che passa per le mani intelligenti di un giovane californiano
giappo-latino e si tinge di all star, con il divo del momento Fassbender (Rochester
mai così sexy) e la Meryl Streep del futuro Mia Wasikowska. Le atmosfere,
tra ovvio realismo fashion (luci naturali! Insegnavano
Kubrick e Malick
e
il digitale asseconda...) e magmatico dark, rievocano l'approccio
percettivo al romanzo mentre la riduzione delle oltre 500 pagine sudate da
Charlotte Bröonte trova soluzione nella spirale a colpi di flashback. Così
nulla si perde e molto si trattiene. Gli elementi tra il noto e il nuovo
ben si fondono, e il godimento non è deluso. In attesa del diciannovesimo
film. |
Anna Maria Pasetti -
Il Fatto Quotidiano |
promo |
In fuga da
un'infanzia di sofferenze, abbandoni e malattia, Jane Eyre trova
ascolto e conforto nella tenuta del reverendo St. John Rivers. Qui
la dolce e determinata eroina letteraria ripercorre un passato
difficile fatto di amicizie misteriose, amori tormentati e
misteri...
Con l'ennesima trasposizione cinematografica del romanzo gotico di
Charlotte Brönte, il giovane regista californiano Fukunaga attinge
a piene mani dall'esperienza dei grandi cineasti del passato e,
con una nota di personalismo espressivo, il prodotto finale sembra
convincere tutti. Massima attenzione al fattore luce, con una
fotografia tesa a sottolineare atmosfere particolarmente cupe e
dark; una nota di merito anche al cast: ai richiestissimi Mia
Wasikowska e
Michael Fassbender si aggiunge la istrionica
presenza di Judi Dench. |
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LUX
- ottobre 2011 |
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