L'ultimo terrestre
Gian Alfonso Pacinotti
- Italia 2011 - 1h 40'

Venezia 68 - concorso

  L’ultimo terrestre, piccolo film girato in economia e prodotto da Fandango, è una storia di fantascienza, anche se bisogna intendersi sul tema. Sostiene infatti il regista: «Parlo di un Paese ancora più disilluso, se possibile, di quanto sia oggi. Do ve s’è slabbrato il confine tra il bene e il male, dove si può fare qualsiasi cosa, dove perfino l’annuncio di uno sbarco alieno è accolto con disinteresse». Sul manifesto risalta un extraterrestre stilizzato, con un cuore verde che pulsa, tenuto nella mano sinistra: sarà buono o cattivo? Dipende. Certo, viene un po’ da pensare agli extraterre stri di Incontri ravvicinati del terzo tipo, quando Spielberg era ancora ecumenico: bianchi, col capoccione sul corpo smilzo, gli occhioni neri, lo sguardo enigmatico. In bilico tra compassione e sarcasmo, il film sfodera un’ambizione altamente morale.
Il protagonista, Luca Bertacci, un giovane uomo compresso, chiuso, passivo, murato vivo in una dimensione anaffettiva. Su questa sorta di campana di vetro cadrà, appunto, un evento quasi mistico: l’arrivo di una società extraterrestre. Non poteva che piacere, alla Mostra, un film così: non un capolavoro ma è fresco e vitale, strambo negli ambienti come certe commedie di Kaurismàki, popolato di figurine toscane a un passo dal grottesco che però custodiscono una piccola verità antropologica. L’esordio è illuminante, con Giuseppe Cruciali (il conduttore della Zanzara) che si presta a rifare il verso a se stesso in un talk-show radiofonico sullo sbarco degli alieni. Ma il Paese, disilluso e distratto, non si scalda più di tanto. «I razzisti si inquietano, i furbi immaginano come sfruttare l’occasione, l’indifferenza statisticamente domina» scrive Gipi nelle note di regia. Anche il Bertacci, impassibile e misogino, buffo nella sua utilitaria indiana, non sembra sorpreso più di tanto. Fa il barista al Pala Bingo, impermeabile alle stoltezze e mitomanie dei suoi colleghi; nel tempo libero frequenta un amico trans col nasone e spende i pochi risparmi con una prostituta agé che lo riceve in un lunare mobilificio diviso per censo, davanti alla quale giganteggia un cartellone pubblicitario con la scritta «Spendi bene i tuoi soldi».
Il meglio di
L’ultimo terrestre, solo liberamente ispirato alla raccolta di racconti Nessuno ti farà del male di Giacomo Monti (edito da Canicola) sta nel clima: sospeso e minaccioso, a tratti surreale nell’ambientazione, tra commedia acida e apologo sociale. Incarnato dall’attore non professionista Gabriele Spinelli, un volto che resta impresso, il Bertacci prova un’attrazione segreta per una vicina di casa, anche dolce e carina, ma poi… L’anziano padre contadino, Roberto Herlitzka, rinnova ogni volta il rancore nei confronti della moglie che fuggì di casa. «Donne? Meglio senza. Due corna di meno» teorizza il vecchio, ma le cose sembrano cambiare quando si ritrova per casa un’aliena servizievole e premurosa, compagna perfetta…
A modo suo
L’ultimo terrestre è una storia d’amore. Spiazzante e trasversale, anche a lieto fine, nel senso che l’invasione aliena, quasi un «avvento mistico» nella prospettiva di Gipi, un frutto gentile lo produrrà: mentre il cielo si tinge di rosso e tutti scappano, il volto apatico del Bertacci, prima teso in smorfie, si apre a un sorriso pacificato, di personale redenzione.

Michele Anselmi - Il Riformista

   L'originalità è anche la caratteristica migliore del film con cui Gian Alfonso Pacinotti (Gipi quando disegna fumetti) racconta la storia dell'ultimo degli umiliati e offesi, in un'Italia senza tempo e senza luogo. La bella forza di L'ultimo terrestre (liberamente tratto da un romanzo a fumetti di Giacomo Monti) è quella di portarci dentro un mondo dove l'egoismo, la cattiveria, la sopraffazione dominano le vite di tutti, a cui il protagonista si sottrae più per paura e timidezza (oltre che misoginia) che per scelta cosciente. E da cui anche gli extraterrestri arrivati sulla Terra preferiscono scappare. Una specie di apologo senza morale che Pacinotti racconta con l'efficacia della semplicità, sfruttando al meglio una scenografia quasi post-atomica (ma in realtà post-industriale), e con un gusto della concisione forse più adatto ai ritmi delle strisce che delle sequenze.

Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera

   Finalmente una sorpresa italiana. Non gridiamo alla rivelazione ma diamo a Gipi quel che è di Gipi. Estro, coraggio, un granello di follia, un desiderio naturale di uscire dal seminato. Che forse chiedeva maggiore coerenza. L'ultimo terrestre dà il meglio quando inventa immagini dense e bizzarre, come nell'incipit alla Lynch che vede il protagonista, solo come un cane, incontrare una prostituta in un immenso show room. Mentre scende di tono appena il neoregista si sente tenuto a raccontare anziché procedere per folgorazioni. Gli alieni infatti ci sono eccome. Ma sono buonissimi, quasi degli angeli, dunque in Italia nessuno se li fila. Cosa vuoi che ci importino questi omini grigi che all'occorrenza sono anche ottime mogli? La radio trasmette commenti deliranti (c'è chi teme che rovinino il calciomercato), i soliti furbi ne fanno un business, e tutto procede come prima. Dunque niente amore per il timido Luca, cameriere al Palabingo che odia le donne anche quando se ne innamora. Certo la trama è esile; i personaggi di contorno, candidi trans e camerieri sessuomani, un poco sbilenchi. Ma dice più cose sul nostro paese e i suoi umori segreti questo film 'fantasociale' di tanti film fanta-impegnati. Se Gipi persevera potrebbe crescere molto.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

promo

Gli alieni hanno appena annunciato che mancano pochi giorni al loro atterraggio sulla Terra, in un piccolo paesino della Toscana, ma nessuno sembra dare peso alla notizia, sottovalutando l'evento. L'unico che invece mostra preoccupazione è Luca, un uomo solitario la cui unica distrazione è il lavoro in una sala bingo. Cresciuto senza madre e fortemente impaurito dalle donne, approfitterà del tempo che precede l'invasione per opporsi a tutto ciò che non va nella sua vita, alla routine e alla solitudine, provando anche a conquistare la vicina di casa, di cui è da sempre segretamente innamorato.
Finalmente una sorpresa italiana. Estro, coraggio, un granello di follia nell'esordio di Gipi (Gian Alfonso Pacinotti, fumettista): immagini dense e bizzarre, un incipit ed un epilogo potenti; non un capolavoro ma un film fresco e vitale, strambo negli ambienti come certe commedie di Kaurismàki, popolato di personaggi a un passo dal grottesco. Uno sguardo originale ed enigmatico, in bilico tra compassione e sarcasmo con una non così fantascientifica ambizione morale.

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