Venezia 68 - Concorso
Se
la teoria psicanalitica diventa spesso un metodo trito e semplicistico
per interpretare l’opera d’arte e, ancora di più, ogni fenomeno
narrativo, per il cinema di
David Cronenberg, quello stesso procedimento, si tramuta in un legame
ambiguo e pericoloso; un elemento in grado di disturbare l'ordine
razionale e costituito delle cose.
A Dangerous Method
rappresenta all’interno della filmografia di
Cronenberg
un passaggio delicato e necessario di messa in scena delle origini: il
racconto, in apparenza solo e semplicisticamente, austero e lineare di
uno dei passaggi cruciali e risaputi nella genesi della psicanalisi
all’inizio del secolo scorso. Il film si concentra infatti sul
singolare ménage à trois che a partire dal 1904 si instaura tra Carl
Gustav Jung, Sabina Spielrein e Sigmond Freud: dapprima ricoverata
come paziente isterica nella clinica del giovane Dott. Jung, la
Spielrein sarà il catalizzatore di un processo di discussione e
rinnovamento che investirà l’allievo prodigio Jung nei confronti del
maestro (e “padre”) Freud, in un confronto in grado di cambiare la
natura del pensiero moderno. Se, dunque, i fatti biografici, sono - e
dovrebbero essere - parte di una conoscenza diffusa e iscritti in una
nomenclatura esacerbata da un detrimento mistificatorio proprio di una
comprensione labile e arrendevole, l’approccio filmico da parte di
Cronenberg al testo di Christopher Hampton (sceneggiatore prediletto
da Stephen Frears:
Le relazioni pericolose,
Mary Reilly,
Chéri; ma anche di
Espiazione
di Joe Wright e
The Quiet American
di Philip Noyce nonché regista di
Carrington
e L’agente segreto) è del tutto personale e sotteso a un’indagine che
spinge all’estremo la compostezza della forma per far emergere la
tensione della parola. |
Alessandro Tognolo - MCmagazine 31 - ottobre 2011 |
promo |
Ai primi del 1900, tra Zurigo e Vienna si sviluppa il complesso rapporto tra i padri della psicanalisi, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, e la difficile relazione di entrambi con la paziente Sabina Spielrein, una ragazza russa di cultura elevata cui è stata diagnosticata una grave isteria aggressiva. Sabina è una paziente di Jung che, per curarla, decide di adottare la 'terapia delle parole' - il trattamento sperimentale di Freud - attraverso cui emerge un'infanzia segnata da umiliazioni e maltrattamenti da parte della figura paterna, così come un complicato rapporto tra sessualità e disordini di carattere emotivo. Con il passare degli anni, nonostante tra le teorie di Freud e Jung siano nate ampie divergenze, Sabina sarà curata con successo e diventerà lei stessa psichiatra. Tuttavia, la sua esistenza sarà comunque segnata dalla relazione con Jung. Con lui, infatti, nascerà anche un sentimento che andrà ben oltre il rapporto medico/paziente... Cronenberg sa 'raffreddare' messa in scena e dialoghi per 'incendiare' le tensioni che si agitano in profondità: macchina da presa quasi sempre fissa, inquadrature classicamente composte per offrire allo spettatore il quadro di un mondo che vorrebbe controllare ogni cosa e naturalmente non riesce a farlo. Il cinema come strumento analitico, per far emergere quello che si vorrebbe nascondere o dimenticare, nel contrasto tra l'eleganza degli ambienti e l'agitarsi delle passioni, nel conflitto tra l'educazione delle forme e la rabbia che nascondono. Un film gelido e controllato su una delle relazioni più bollenti del '900. |
David Cronenberg |