L'apertura
della 64a Mostra del cinema è stata affidata ad
Atonement - Espiazione,
opera seconda di Joe Wright
(già autore di
Orgoglio e
pregiudizio), tratta dal best-seller omonimo di Ian McEwan ha
conquistato il pubblico (meno la critica) per la grande esibizione di
fascinazione cinematografica costruita secondo i dettami del
quasi-colossal: splendida fotografia, intrigante flusso di coscienza
per immagini ben translato dal testo al film, ottima interpretazione
degli attori, da quella del giovane protagonista James McAvoy a quella
della beniamina del regista Keira Knightley (già in
Orgoglio e
pregiudizio); su tutti spicca
comunque una sempre magnifica Vanessa Redgrave anche se ‘solo’ ridotta
al ruolo di ‘sunto de li sunti’ del plot e del significato ultimo del
testo filmico.
Atonement
è un dramma sentimentale ambientato in Inghilterra a metà degli anni
Trenta, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Bryoni (Saoirse
Ronan, anche lei molta brava) è una ragazzina di tredici anni dotata
di una precoce, forte passione per la letteratura e l’inventio,
oltre che di un ego smisurato, che si trova ad osserva con la
curiosità a volte malsana-suo-malgrado dell’adolescenza, la storia
d'amore che vive la sorella maggiore Cecilia (Knightley) con Robbie (McAvoy),
un giovane di diversa levatura sociale. Proprio questa sua passione,
però, mista ad una sorta di proterva, perbenista ed ipocrita cecità
mentale, porterà Bryoni a commettere un atto (del quale si pentirà per
tutta la vita) che rovinerà la vita della sorella e del suo fidanzato
che verrà accusato, ingiustamente, di violenza carnale.
A Bryoni non resterà che provare a rimediare scrivendo, dopo una vita
di incredibili successi letterari, il suo canto del cigno, un ultimo
romanzo nel quale racconterà tutta la verità mescolando realtà e
fiction, in una sorta autoperdono commisto ad un insanabile senso di
colpa: pentimento ed espiazione per quanto detto e fatto, per non aver
mai ritrattato pubblicamente nella sua fortunata, ma ‘colpevole’
esistenza.
Un film che avrebbe fatto la felicità di Freud e che ricorda, benché con altri esiti ed
altro contesto, la doppia versione che William Wyler ricavò da
The Children’s Hour, intenso dramma di Lillian Hellman (
La calunnia
-
1936 e Quelle due
– 1962: una ragazzina ‘crede’ di vedere ciò che non
è, scatenando uno scandalo riguardo al presunto rapporto omosessuale
femminile tra due insegnanti...).
Da sottolineare, in
Atonement, il ruolo rivestito dal
commento sonoro (di Dario Marianelli) che scandisce con enfasi tutto
lo scorrere del film: la maggior parte della musica è stata composta
prima di girare il film ritmando le scene sul ritmo armonico del
ticchettio dei tasti della macchina da scrivere e arrivando a momenti
di maestosa rilevanza che citano (quanto inconsciamente non è
dato sapere) il Beethoven de la Nona Sinfonia. L’esito è in
ogni caso notevole, considerando anche la qualità dell'esecuzione,
affidata alla English Chamber Orchestra e al pianoforte di Jean-Yves
Thibaudet, artista di versatile e sofisticata musicalità.
Un’ottima confezione quindi per un film che si fa guardare con calcolato
compiacimento. Troppo lungo? Certo qualche sforbiciata sarebbe servita, ma, visto il gradimento del pubblico, il maggior merito
di
Atonement
resta quello di aver riportato all'attenzione il libro di Ian McEwan:
confrontare il sua vibrante metalinguaggio letterario con la leziosità
della trasposizione di Joe Wright può essere un valido esercizio di
approfondimento critico.
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