Abbas Kiarostami

"Io non penso mai che sto rappresentando la mia cultura o il mio paese. Ma sarebbe strano che il risultato non fosse questo. Ogni artista ha il dovere di rappresentare la sua realtà e il suo popolo, ma senza proporselo come fine. I sentimenti umani vanno oltre i decenni e non appartengono a una sola terra. I problemi immediati non hanno molta importanza; materia per l'artista è l'uomo con i suoi problemi profondi, non quelli della superficie del vivere... Amo l'Iran, perché il suo caos è piacevole. Continuo a preferire questo nostro disordine che ha un'anima, all'ordine senz'anima... Raccontando i piccoli episodi e i piccoli dolori della vita quotidiana, io parlo dei problemi più profondi dell'uomo..."

[Abbas Kiarostami]

Dall'Iran la poesia cinematografica di Kiarostami

     Perfino gli spettatori cinematografici più attenti potranno ritrovarsi spiazzati di fronte ai tre film programmati al Lux in questa seconda metà di aprile. Tre pellicole iraniane, una mini-personale di Abbas Kiarostami, nato a Teheran il 22 giugno 1940.
Quali sono le prime associazioni mentali legate all'Iran? Khomeini, le donne col velo, l'integralismo islamico... Di questo "lontano" contesto il cinema ci rivela un volto umano inusitato, storie concrete, temi semplici: piccoli problemi di amicizia, lavoro, miseria e disoccupazione, rapporto adulti-bambini, discriminazione sociale. Una realtà accostata con una freschezza ed una intensità poetiche che la nostra fiction occidentale, ammaliata dall'effettismo, ha spesso perduto di vista. Una cinematografia in bilico tra l'essenzialità neorealista e il melodramma simbolico e titoli, sconosciuti, che possono definirsi piccoli capolavori: Il ciclista, Bashù il piccolo straniero, Il corridore. E tra questi vanno annoverati anche i tre offerti dalla rassegna del Lux, Dov'è la casa del mio amico?, Close Up, E la vita continua.
Stile neorealista, essenzialità compositiva e una particolare attenzione al mondo dell'infanzia: il cinema di Abbas Kiarostami (di cui Close Up, in cui un uomo si appropria, per emergere, dell'identità di un altro, costituisce una importante eccezione) ha un'immediatezza inconsueta. Dov'è la casa del mio amico? narra di un ragazzino che, trovandosi casualmente in possesso del quaderno di un compagno di scuola, cerca di rintracciarlo per renderglielo, imbarcandosi in un piccola odissea personale attraverso luoghi e personaggi di una realtà di evidenti contrasti, ma di grande umanità. Il film, del 1987, fu una piacevolissima sorpresa internazionale, vinse due anni dopo il Pardo di bronzo al Festival di Locarno, ma l'attenzione della distribuzione cinematografica per questi fenomeni resta elitaria e marginale. Così vale la pena di gustarlo oggi, in abbinamento, con le due pellicole successive del regista, specialmente con E la vita continua, con la quale ha una curiosa "continuità", produttiva e culturale. Nel Nord dell'Iran dove era stato girato Dov'è la casa del mio amico? si abbattè nel '90 un terribile terremoto: la radio annunciò un'altissima percentuale di dispersi sotto le macerie. Kiarostami partì alla ricerca dei giovani protagonisti del suo film precedente ed ebbe l'idea di trasformare questa esperienza in un film-documento in cui finzione e realtà si confrontano e si mescolano, attraverso uno straordinario processo di coinvolgimento emozionale tra autore e "soggetto", tra spettatore e prodotto cinematografico. Anche se è svilente parlare di "prodotto" riguardo al lavoro di Kiarostami. Il suo cinema è un momento magico di poesia del quotidiano, una testimonianza intensa e sincera, che assume il valore di una lezione morale.

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  17 aprile 1994

  

filmografia essenziale di
Abbas Kiarostami

1974 Mossafer (Le Passager)
1977 Guozarech (Rapport)
1984 Avali ha (Les élèves du cours préparatoire)
1987 Dov'è la casa del mio amico? (Khaneh-ye doust kojast?)
1989 Mashgh e shab (Devoirs du soir)
1990 Close Up (Nema-ye Nazdik)
1992 E la vita continua (Zendegi Edamé Dârad)

1994 Sotto gli ulivi (Zir darâkhtân é zeyton)
1997 Il sapore della ciliegia (Ta'm e guilass)
1999 E il vento ci porterà via (Le vent nous emportera)
1994 ABC Africa
2002 Dieci (Ten)
2003 Five
2005 Tickets

2005 Shirin
2010 Copia conforme
2012 Qualcuno da amare


"Ho iniziato la mia carriera lavorando per un ente che si occupa dell'infanzia. Una circostanza casuale che mi ha costretto ad avvicinarmi a questi temi. Dall'iniziale indifferenza, pian piano mi sono innamorato, e il fatto di avere io stesso due figli ha accentuato il mio interesse, il piacere di lavorare vicino al mondo candido dei bambini. Ora, senza più alcun obbligo, continua numerosa nei miei film la presenza dei bambini, il loro sguardo li riempie sempre di più...
Basta guardare in modo semplice. Bisogna sempre chiedere a chi fa un cinema difficile come fa. Del resto se non riesci a spiegare in modo semplice un problema complesso vuol dire che hai sbagliato... E' giusto che il cinema e la vita non si distinguano. Sbagliano quelli che li hanno separati, a loro dovete chiedere i perché, a chi fa film lontani dalla vita reale, a quelli che del cinema hanno fatto puro artificio. Non sto dicendo che deve essere per forza realistico. Non lo sono i film di Fellini: superano la realtà ma contengono la vita. Mi piacciono i film che mi fanno stare meglio, sentire più leggero...
Se il correre è un gesto liberatorio in senso fisico, per noi orientali significa anche qualcosa di più. Per noi orientali e del Terzo mondo: non diciamo "procurarsi il pane", ma "correre dietro al pane". In questo atteggiamento si riflette il mito di Sisifo, del ripetersi di uno sforzo, dell'andare su e giù senza risultato. Questo correre da noi inizia molto prima che in Occidente, dall'infanzia...
Anche nei bambini io cerco la rabbia, la protesta. Necessarie in una società che non ti mette in condizione di fare ciò che vuoi, ma ti costringe a rompere, a ribellarti se vuoi essere libero. E non vale soltanto per i bambini...
Io non penso mai che sto rappresentando la mia cultura o il mio paese. Ma sarebbe strano che il risultato non fosse questo. Ogni artista ha il dovere di rappresentare la sua realtà e il suo popolo, ma senza proporselo come fine. I sentimenti umani vanno oltre i decenni e non appartengono a una sola terra. I problemi immediati non hanno molta importanza; materia per l'artista è l'uomo con i suoi problemi profondi, non quelli della superficie del vivere... Amo l'Iran, perché il suo caos è piacevole. Continuo a preferire questo nostro disordine che ha un'anima, all'ordine senz'anima... Raccontando i piccoli episodi e i piccoli dolori della vita quotidiana, io parlo dei problemi più profondi dell'uomo...."

[Abbas Kiarostami - intervista di Paolo D'Agostini - La Repubblica) ]

Nato a Teheran il 22 giugno 1940, Abbas Kiarostami si interessa da giovane di disegno. Partecipa ad un concorso di arte grafica dove sarà accettato. A 18 anni lascia la famiglia per rendersi indipendente finanziariamente.
Dal 1960 al 1968 collabora all'ideazione di circa 150 film pubblicitari e lavora all'impostazione di generici film di fiction tra cui il famoso Gheyssar di M. Kimiai. Parallelamente Abbas Kiarostami si iscrive alla facoltà di Belle-Arti. Per sostenersi lavora come impiegato in un posto di polizia. Quando ha tempo va al cinema. I suoi film preferiti sono allora quelli del neorealismo italiano; dichiara di essere rimasto molto colpito anche da Un simple événement di Sohrab Shahid Saless, suo compatriota.
Nel 1969, con un amico, fonda il servizio cinema dell'Istituto dello Sviluppo Intellettuale dei bambini e degli adolescenti. Questa sezione diventa uno degli studi più prestigiosi del cinema iraniano; tra gli altri sono stati prodotti: Le courer, Le passager, Bashu le petit étranger, Où est la maison de mon ami?, Devoirs du soir, Close Up, Notre école ecc.
Dal 1970 gira numerosi cortometraggi. Suo soggetto preferito è sempre il bambino (se si eccettuano i lungometraggi Le rapport e Close Up).
Preferisce lavorare con ragazzi, non professionisti, nel loro sviluppo personale. Il suo stile di regista non spettacolare resta semplice e modesto. E' un cineasta realista, che rifiuta simboli e metafore. E' profondamente umano. Denuncia, ma senza aggressività, realizzando film educativi ma non di tipo didattico e la sua opera è segnata da un umore cechoviano e da una tensione poetica.
Il suo metodo di lavoro è semplice, egli non fa preciso riferimento ad una sceneggiatura dettagliata e si lascia andare all'improvvisazione, tracciando solo uno schema della scena da far girare ai suoi attori. Egli vede nei suoi interpreti non professionisti dei veri sceneggiatori, realizzatori e montatori della sua opera.

Mamad Haghigat
pieghevole LUX -
aprile 1994