Le
strategie nell’uso del linguaggio filmico non sempre mettono in
sintonia registi e spettatori.
Kiarostami
ha visto in sala un esodo di critici e pubblico. Il trovarsi di fronte
a
Shirin
(Fuori concorso), un film in cui l’inquadratura è fissa e
l’unico riferimento narrativo è una voce fuori campo ha spiazzato
molti,
troppi… In fondo la storia c’è (la vediamo “riassunta” nei
titoli di testa, in un susseguirsi di quadri d’epoca) e nasce da un
poema persiano del XII secolo: Shirin, principessa d'Armenia rinuncia
al trono per Khosrow, re di Persia. Lui accetta invece un matrimonio
politico, lei si innamora lungo strada di Farhad, scultore e
architetto... Un appassionato dramma sentimentale, un triangolo
tragico che Kiarostami lascia alla voce di uno schermo che non
vediamo, ad una proiezione inesistente ma a fronte della quale oltre
cento attrici persiane (più Juliette Binoche) vivono sui loro volti
l'emozione del racconto. Sguardi avvinti, sorrisi, lacrime... Solo dei
volti di queste estatiche spettatrici si riempie lo sguardo di noi
spettatori. Comprensibile il rifiuto e la fuga, ma il lavoro
dell’autore cinematografico è anche questo: rigenerare il meccanismo
partecipativo, estremizzare con consapevolezza e purezza di stile la
forza metalinguistica della rappresentazione cinematografica. Chi ha
saputo arrivare alla fine della proiezione è passato dallo sconcerto
alla fascinazione, in sintonia con quelle donne e con la trasgressiva
idea di cinema di Kiarostami. Avvinti dall’incanto del vivere negli
sguardi l'emozione dello sguardo.
E
che estremizzare l’approccio stilistico possa risultare a rischio l’ha
confermato
Pescuit sportiv
(Giornate degli
Autori). È una vera sensazione di fastidio
quella con cui vediamo il preparasi di Mihai e Lubi al picnic fuori
città. Ogni gesto, ogni movimento è ripreso in soggettiva, macchina a
mano. Lo sguardo di lui, lo sguardo di lei, il loro “inquadrare”
l’auto, il paesaggio, il loro osservarsi reciprocamente… Eppure anche
qui la capacità di Adrian Sitaru di far crescere il racconto proprio
nel confronto continuo di “punti di vista” (interiori e d esteriori)
diventa l’arma vincente di un pastiche amoroso che altrimenti avrebbe
la banalità di uno scontato melodramma. Mihai e Lubi incontreranno
lungo strada Ana, una giovane prostituta (terza soggettiva!) che li
costringerà ad un momentaneo sbranarsi a vicenda, ma che li aiuterà a
ritrovare il bandolo della loro ingarbugliata matassa esistenziale. |