Il sapore della ciliegia
(Ta'm e guilass) |
Palma
d'oro (ex aequo con L'anguilla)
L'amore per il cinema di Kiarostami
è un amore sofferto, privato dell'accattivante confidenzialità
narrativa della finzione, ma intenso proprio per l'estraniante modalità
neorealistica della suo costrutto, per la rarefatta veridicità
del suo assunto poetico. Chi si è confrontato con la "trilogia
del Kokher" (Dov'è
la casa del mio amico, E la vita
continua, Sotto gli ulivi) o con
la contraddizione della verosimiglianza di Close
Up ha ritrovato nel suo cinema quell'ostico, aureo incanto con
cui il film d'autore spesso contrappunta la sua invitta personalità.
Nel caso di Kiarostami, iraniano, attento alle dinamiche semplici del
vissuto quotidiano, legato all'infanzia, all'amicizia, all'amore, ma anche
alla sottile complessità del reale e della sua rappresentazione,
la purezza e il rigore stilistico raggiungono un'essenzialità totalizzante.
Il parlare, nel suo caso, di percorso esistenziale, corrisponde ad intraprendere
un vero itinerario cinematografico attraverso luoghi e volti di una mondo
scarno e scarnificato (nella trilogia lo spunto d'insieme era il terremoto
del '90), spesso al volante di un'automobile, in continuo peregrinare
tra periferie deserte, strade in terra battuta, tortuosi, brulli paesaggi.
|
ezio leoni - La Difesa del Popolo 26 ottobre 1997 |