Il tocco del peccato - A
Touch of Sin
(Tian zhu ding) |
![]() |
miglior sceneggiatura |
Alla
ricerca di una via che eviti il martirio, Jia Zhang-Ke |
Maurizio Porro - Il Corriere della Sera |
Anche
se da noi il cinema di quel Paese si è sempre visto poco, è probabile che
Le Monde non abbia avuto torto nel definire Il tocco del peccato «uno
dei più bei film cinesi di tutti i tempi». Però la Cina non potrebbe
vantarsene, perché vi è descritta come un inferno di violenza e
disperazione, da cui ogni traccia di umanità pare ormai cancellata. E tantomeno
potrebbe menarne vanto sapendo che i quattro episodi di cui è composto il
film sono tratti da reali - e sanguinosi - episodi della cronaca recente.
(...) Vincitore del Leone d'oro a Venezia nel 2006 con il suo
Still Life (unica opera del regista arrivata nelle sale italiane),
Jia Zhang-Ke racconta la Cina odierna in questo film prodotto dall'Office
Kitano e premiato per la sceneggiatura all'ultimo Festival di Cannes: un
Paese portato alla rovina dall'unione incestuosa tra comunismo e
capitalismo selvaggio dove prevaricazione, corruzione e sfruttamento non
sono eccezioni ma regola quotidiana che devasta la vita della gente.
Soprusi ai quali tutti e quattro i personaggi principali della tetralogia
si oppongono; ciascuno a suo modo però sempre con esiti distruttivi. Il
cineasta compone un'opera di grande respiro, ambientata in quattro diverse
città (Shanxi, Chongqing, Guandong e Hubei) ma le cui parti sono collegate
tra loro, specie nel prologo e nell'epilogo, da fili sottili. Il primo
episodio è abbastanza sorprendente per chi avesse visto il delicato
Still Life: truculento e tinto di humour nero, sembra girato dalla cinepresa di
un Quentin Tarantino |
Roberto Nepoti - La Repubblica |
Disoccupati che si improvvisano giustizieri. Folli che vagano in motorino sotto la neve uccidendo balordi. La timida impiegata di una sauna (la straordinaria Zhao Tao, l'attrice di Io sono Li), pestata dalla moglie del suo amante, che uccide a coltellate due prepotenti, come l'eroina di un film di arti marziali. Un giovane operaio emigrato nel prospero Sudest, zona economica speciale, che disgustato da corruzione e marchette decide di farla finita. Storie vere dalla Cina di oggi, esasperate accumulando stili, spunti, eccessi, materiali e formali. Le Maserati dei nuovi ricchi e la miseria degli eterni poveri, tradizioni magiche e modernità feroce, templi buddisti e escort vestite da guardie rosse. Lirico, pulp, commosso, crudele. Bellissimo. E molto ambizioso: un film solo per abbracciare in un unico sguardo la nuova Cina. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
Quattro storie che finiscono nel sangue, a ricordarci che lo sviluppo vertiginoso della Cina ha soprattutto aumentato il fossato tra ricchi e poveri (sconvolgente la scena in cui un ricco infoiato schiaffeggia con una mazzetta di soldi la protagonista della terza storia) e che Jia dirige con uno sguardo sconsolato, verso un'umanità che ha perso ogni dignità e dove solo la violenza sembra capace di ridare un senso alle azioni. Quattro storie «private» che però aprono squarci di riflessione su quattro momenti «politici»: il passaggio dall'economia collettivistica a quella privata nel primo caso, il disprezzo e l'annientamento di ogni tipo di legge nel secondo, lo sfruttamento dell'uomo sulla donna nel terzo e il peso del denaro nel quarto. Quattro ferite che letteralmente sanguinano (impossibile non pensare al ruolo del coproduttore Kitano) e che riconfermano la capacità di Jia Zhang-Ke di fare grande cinema riflettendo sul destino della sua Cina. |
Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera |
Omaggio,
e non solo nel titolo, al grande maestro del cinema cinese King Hu, re del
filone wuxia, e al suo
Touch of Zen, ne
«eredita» anche la tensione per una forma narrativa appassionante e
aderente ai conflitti storico politici del presente e del passato.
A Touch of Sin è un film a episodi: quattro
storie di vendetta proletaria ispirate a recenti fatti di cronaca accaduti
in Cina, che la narrazione di Jia accorda con un senso musicalmente
stridente al segno delle lacerazioni di un paese in cui la crescita del
Pil è direttamente proporzionale a quella dello scontro sociale e dei
tumulti. Cosa è quel «tocco di peccato» disseminato nella macchina
neocapitalista globale? Il respiro incessante del lavoro in un paesaggio
mai inerte, in cui il corpo è acceso 24 ore su 24, in fabbrica o come
strumento di piaceri, a coltivare la terra o a pulire le verdure. «Dove
vuoi andare - dice un ragazzo all'amico che sogna la fuga nell'altrove -
Il mondo è in crisi ovunque». Nessuno sembra fermarsi mai nella «nuova»
realtà di ricchezze e miserie, lusso sfrenato e sopportazione silente che
asseconda l'ambizione di conquistare un giorno «anche io» qualcosa. Però
ci sono limiti che nessun essere umano può sopportare, oltre i quali o si
rivolta collettivamente o reagisce in solitudine. Ma in questa specie di
moto continuo cosa significa - se ha ancora un senso - «rivoluzione»? Il
rapporto a distanza tra le storie e la Storia, è al centro del cinema di Jia
dal primo film,
Pickpocket (1997), al cui protagonista, il giovane
ladro emarginato, questi personaggi somigliano: vivono infatti la stessa
incapacità di «adeguarsi» al sistema sociale, che scivola
nell'esasperazione. A differenza di lui, e degli altri però, i
protagonisti di
A Touch of
Sin (coprodotto insieme a Takeshi Kitano)
reagiscono, rispondono alle vessazioni con una violenza surreale, e
ferocemente politica. È la lezione del buddismo «zen» (assimilata da King
Hu ma anche da Tsui Hark |
Cristina Piccino - Il Manifesto |
promo |
Un minatore, esasperato dalla corruzione dei dirigenti del villaggio, si ribella alla corruzione del capo del suo villaggio. Un lavoratore migrante, a casa per il Capodanno, scopre le infinità possibilità che un'arma da fuoco può offrire. Una bella receptionist di una sauna si vede costretta ad agire senza mezzi termini per difendersi dalle avance di un cliente facoltoso. Un giovane operaio cerca disperatamente di migliorare la propria vita, ma passa da un lavoro all'altro in condizioni sempre più degradanti. Quattro vite che si intrecciano in quattro province di una Cina in via di sviluppo, ma brutale e violenta. Una riflessione impietosa sulla realtà sociale di un gigante economico cresciuto troppo in fretta. Lirico, pulp, commosso, crudele, elegante e ambizioso... Un film per cui gli aggettivi non bastano e che prova ad abbracciare in un unico sguardo la nuova Cina. Il tocco del peccato si segnala per la straordinaria potenza visiva e narrativa che lavora con sapienza sugli spazi reali e metaforici. Un'opera di grande respiro, meravigliosa e inquietante. |
![]() |
LUX - dicembre 2013 |
![]() |