Andrea Segre ha realizzato documentari prima di debuttare nella finzione con il notevolissimo Io sono Li. Ora la sua opera seconda La prima neve torna, ancora come nel primo film con modalità originali, indirette, a investire il tema dell'immigrazione e dell'integrazione. (...) Un cinema, questo di Andrea Segre (veneziano, trentasettenne) che appare abbastanza in sintonia, per esempio, con quello di Giorgio Diritti (natura maestosa, silenzi, lentezze), e che forse ha ascoltato la lezione del cinema di Ermanno Olmi. Che, ingannevolmente, può sembrare a prima vista 'documentaristico' e poco elaborato, mentre è vero il contrario (un tocco importante lo dà sicuramente la fotografia di Luca Bigazzi). Certamente, la lezione della pratica documentaria ha il suo peso e interagisce con la costruzione, la narrazione, la finzione. Così come (proprio la stessa cosa di Diritti: i due hanno in comune anche la forza sorprendente dell'opera prima. Quella di Diritti era Il vento fa il suo giro, a sua volta ambientato nell'isolamento e nella specificità linguistica di una valle alpina, proprio come qui in La prima neve) gli attori di professione trovano un naturale, fluido incastro con quelli non professionisti. E con l'altro, fondamentale elemento: la natura. Vista e sentita per quello che è. Bella e struggente ma anche portatrice di minacce e pericoli. |
Paolo D'agostini - La Repubblica |
Segre, grazie anche al suo finissimo passato da documentarista, ha immerso la sua nuova storia nel cuore stesso della natura, quei boschi rigogliosi, quelle valli e quelle montagne del Trentino dove Michele, marinando la scuola, va spesso per raccogliere la legna per i lavori del nonno, accompagnato da Dani. La natura attorno, le sue luci, il variare delle stagioni, mentre attraverso gli alberi filtrano i raggi di sole. Con molto riserbo, comunque, lo stesso cui Segre ha fatto ricorso per rappresentare i sentimenti di quei due personaggi e il loro quasi impalpabile progredire. Con silenzi, con pause, lasciando in un certo senso in sospeso persino il finale che solo la prima neve si incaricherà di suggerire. Nelle cifre decise del 'non detto'. E con immagini che, grazie alla fotografia come sempre magica di Luca Bigazzi, riescono a trasmettere sensazioni calme ed emozioni contenute. Nelle vesti di Dani, Jean-Cristophe Folly, sempre tormentato dal ricordo della moglie, Michele è Matteo Marchel, con la freschezza dell'infanzia, la madre è Anita Caprioli una nitida presenza. Grazie a Segre sanno adeguarsi in modo autentico alla recitazione dei molti non professionisti attorno. |
Gian Luigi Rondi - Il Tempo |
Il secondo film «di finzione» di Andrea Segre è il fratellino di Io sono Li, il pluripremiato gioiello con il quale questo straordinario documentarista aveva esordito due anni fa. Ma nel caso di Segre la distinzione tra finzione e documentario rischia di essere un equivoco, relegando in una collocazione «minore» lavori come Sangue verde e Mare chiuso e trascurando la forte componente di realtà presente anche in La prima neve. Se Io sono Li raccontava la storia di una donna cinese arrivata chissà come nella laguna di Chioggia, il nuovo film racconta uno spaesamento ancora più forte (...) A differenza che in Io sono Li, che sembrava veramente «rubato» dalla vita anche grazie al talento dell'incredibile attrice cinese Tao Zhao, Segre e il suo sceneggiatore Marco Pettenello sentono il bisogno di strutturare fin troppo la storia (e per fortuna ci risparmiano un improbabile amore fra l'africano e l'italiana). Il film è meno felice ma comunque bello, e conferma Segre come un regista su cui il nostro cinema deve puntare ad occhi chiusi. |
Alberto Crespi - L'Unità |
Segre ha la capacità e il coraggio di raccontare storie, di filmare spazi geografici da trasformare in luoghi ideali; il suo cinema drammatico è lacrimevole, quasi pedante, eppure è sensibile, toccante, guarda al mélo ma senza concitazione, con i personaggi principali e di contorno che si ritagliano il loro spazio per crescere come figure autentiche. La prima neve si affida al tempo, al mutare della luce del giorno e delle stagioni: e in un paesaggio immenso, che osserva placido e gentile il dramma degli uomini, fa in modo che la tragedia si stemperi, che la vita prevalga sulla morte, e che la neve possa cadere copiosa non per seppellire il passato, ma per purificarlo. |
Renato Manassero - FilmTV |
promo |
Pergine, paesino nelle montagne del Trentino, ai piedi della valle dei Mocheni. È nel bosco che avviene l'incontro tra Dani, nato in Togo, arrivato in Italia fuggendo dalla guerra libica, e Michele, un ragazzino di 10 anni, che da poco ha perso il padre e che vive in continua lotta con la madre. L'addentrarsi nella natura, nel suo silenzio, per raccogliere legna in attesa della prima neve che sta per arrivare, sarà occasione per i due, di ascoltarsi e conoscersi. Segre ha la capacità e il coraggio di raccontare storie, di filmare spazi geografici da trasformare in luoghi ideali. Uno spaccato umano disegnato con grazia e sensibilità. |
LUX - dicembre 2013 |