Centochiodi
Ermanno Olmi
- Italia 2007 - 1h 32'

   Il cinema come folgorazione figurativa. Quando il custode della Biblioteca di Bologna volge di nuovo lo sguardo oltre l’inferriata della sala antica e anche allo spettatore è concessa la piena visione di quanto ha così sconvolto il pover’uomo, l’immagine che riempie lo schermo è di quelle che resta, fervida, negli occhi: incunaboli, codici e preziosi manoscritti sparsi dappertutto, trafitti, inchiodati ai tavoli e al pavimento.
L’indagine che ne segue ha ben poca suspense; è presto detto che l’autore dello scempio è proprio un addetto ai lavori, il “professorino” (Raz Degan), bel tenebroso docente di filosofia che si è così accanito sui testi della sua formazione universitaria spinto (lo scopriremo cammin facendo) dal rigetto di una dogmaticità arida e invasiva (“le religioni non hanno mai salvato il mondo”) e di una cultura egemonica lontana dai veri, “semplici” bisogni dell’uomo (“c’è più verità in una carezza che in tutte le pagine di questi libri”).
L’approdo per questo anti-protagonista di una società secolarizzata (“ogni spiritualità si traduce in profitto”) non può che essere un eremo di genuina consapevolezza. Gli ambienti naturali che abbracciano il corso emiliano del Po riservano incontri di verace umanità: la bella panettiera che non vuol lasciarsi sfuggire l’occasione di un ballo col fascinoso ospite (sulle nostalgiche note di
Non ti scordar di me), un giovane postino ex-muratore che lo aiuta a rappezzare un disabitato rudere sulle sponde del fiume, una stravagante comunità di anziani che, nella pace agreste, glissa da sempre qualsiasi problematica legata agli insediamenti abusivi.
L’incontro è occasione per una fervida, reciproca crescita umana. Il fuggiasco trova conforto nella comunicatività della gente comune, nell’incanto di uno spazio-tempo elegiaco; gli “indigeni” mediano la loro saggezza popolare con gli evangelici racconti che il novello Gesù elargisce loro (il cinema come purezza evocativa!).
Il tempo si è fermato era il titolo del primo lungometraggio di film successivo in archivio Ermanno Olmi
film successivo in archivio , ma in Centochiodi l’autore de L’albero degli zoccoli sembra abbracciare sia la soavità bucolica di Piavoli film successivo in archivio che l’allegoria felliniana film successivo in archivio(il battello sul fiume non rimanda forse al “Rex” di Amarcord?), sembra volersi riappropriare di una poesia teologica affabulante e primordiale (ricordate la lettura dell’epifania in Camminacammina?), rimettere in gioco la Fede non ancorandosi ad una divinità lontana (si arriva ad un “il grande massacratore renderà conto di tutta la sofferenza del mondo”), ma riscoprendola attraverso un’umanità scevra da compromessi e sovrastrutture, capace di rischiare la propria credibilità culturale (“è forse la follia la soluzione per la nostra esistenza?”) e di non presentarsi all’appello neppure nel momento topico di una consolatoria ricomposizione d’intenti e di affetti: nel finale la strada lastricata di lumini che la comunità del fiume ha preparato per il ritorno del professore (arrestato - “del tutto responsabile, ma non colpevole” - e processato) resterà, nella notte, inesorabilmente vuota…
Il fatto è che Olmi, dopo la compattezza storico-introspettiva de
Il mestiere delle armi e l’arioso respiro metaforico di Cantando dietro ai paraventi, chiude qui il suo percorso d’autore (ha dichiarato che in futuro girerà solo a documentari) con un’opera “alta” ma irrisolta, in cui mentre la profondità impetuosa dell’assunto filosofico riscopre la pace di una (in)genuinità rivitalizzante, la suggestione del racconto si stempera in una spontaneità artefatta.
“Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico”. Anche cento chiodi, piantati con maestria, non possono reggere fino in fondo una favola cinematografica così ascetica e così declamatoria, così profonda e così banale.

ezio leoni - La Difesa del Popolo  15 aprile 2007


cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2007