Al primo soffio di vento |
da
La Repubblica
(Paolo D'Agostini)
Cinema
specialissimo, quello di Piavoli
. Di poesia? Si può dire così. Il titolo è
un verso dove Apollonio Rodio parla dell'innamoramento tra Giasone e
Medea. Lei, nel bosco in attesa, quando egli appare trema come le foglie
al primo soffio di vento. Dunque: l'emozione dell'amore nascente. Il
rimpianto per la propria giovinezza insegue una moglie delusa dal distacco
in cui vede perso e isolato il marito. Siamo in una grande casa padronale
di una ricca tenuta nella campagna padana, vera casa del regista. Qui,
come ha sempre amato fare (Il
pianeta azzurro,
Voci nel
tempo...) ambienta con entomologica
attitudine il suo film, osservando quasi senza parole, accompagnato da
Satie e Ravel o dai rumori del vento e dell'acqua, il convivere di un
gruppo di solitudini a confronto con l'alternarsi di eventi naturali che
segnano il trascorrere di una giornata. Il punto, sottolineato dai muti
pensieri dell'uomo davanti a un computer, è che siamo tutti uguali eppure
ognuno diverso, e ciò produce chiusura, egoismo. La poetica di Piavoli non
dà un risultato così convincente come in precedenti prove. Forse per via
di una maggiore presenza umana sulla natura sua prediletta. Forse per quel
tanto di retorica "sociale", estranea al suo timbro, che trapela dai
lavoranti africani semplicisticamente ritratti come incontaminati
dall'intellettualismo. Mirabile la sintonia visiva con i fatti più
imponenti e più minuscoli della natura.
da
Il Giorno
(Silvio Danese)
Il
nuovo lungometraggio del più celebre artigiano stanziale del cinema
italiano. Non c'è una storia forte, non c'è un tema dominante, se non la
sfida di raccontare le ore di una domenica in campagna nel «suono» del
riposo della casa padronale, tra le note di un esercizio pianistico (da
Satie) e la penombra che avvolge le stanze, mentre lontano alcuni
lavoratori africani stagionali mietono il grano e i gatti osservano gli
uomini con occhi divini. L'equilibrio sovrano si rompe quando s'avverte il
disagio di una famiglia, negli incubi del padrone, nell'insoddisfazione
che si legge sui primi piani della padrona insonne, nell'istinto di fuga
verso il futuro di una figlia che attende la fine del meriggio per uscire
con gli amici. E' un potente, disarmante film sulla solitudine in
risonanza con la della natura. Di Franco Piavoli si raccontano leggende.
Qualcuno sostiene che distingue il fruscio di foglie di platano dal
fruscio di foglie di quercia. E se il rumorista, in montaggio, fa il
furbo... Direttore della fotografia e produttore esecutivo sono la stessa
persona: il dio sole. Da non perdere.