Ermano
Olmi
non
finisce di stupire: infatti, chi si sarebbe aspettato, dopo il rigore
austero e scarnificato di
Il mestiere
delle armi,
la leggerezza colorata e intessuta di desiderio di questa fiaba piratesca?
Cantando
dietro i paraventi
narra la storia della Vedova Ching, che per vendicare l'assassinio del
marito divenne una temibile piratessa, una delle poche che aveva il
coraggio di attaccare persino le navi sotto la protezione dell'imperatore.
La racconta passando dal palcoscenico (e dalle alcove) di un piccolo
teatro equivoco dove una compagnia mette in scena le avventure di celebri
pirati ai luoghi dell'azione reale (o sognata), dove il maestro di cerimonie
barbuto e fanfarone (uno straordinario Bud Spencer) cede il timone alla
Vedova, esile e determinata. Il mare della Cina (che in realtà é un
lago dell'Albania si ricopre di navi e poi di aquiloni, ma quando la
pioggia cade sull'acqua pare ancora di stare immersi in uno di quei
paesaggi della bassa che tanto piacciono a Olmi. E questo é un motivo
in più per provare tenerezza nei confronti di un film che di tenerezza
e di rispetto é intessuto: rispetto per un mondo iconografico insolito
(perché, sotto sotto, i sentimenti restano quelli di sempre: amore e
guerra, sopraffazione e ribellione, desiderio di vendetta e bisogno
di pace), al quale Olmi si avvicina con incuriosita meraviglia, e per
una tempra di donna alla quale si inchinano anche il vecchio corsaro
e l'imperatore; e tenerezza per personaggi che sembrano provenire dall'infanzia
dell'umanità, con le loro cadenze omeriche e salgariane. E inaspettatamente,
anche la sensualità trova un suo spazio (come spesso accade nelle fiabe,
ma raramente in Olmi), non solo nel nudo perfetto dell'attrice che sulla
scena interpreta la piratessa Mary Li, ma nei sogni, nei gesti e nel
corpo ricoperto dalla cotta della Vedova, nella femminile eleganza con
cui combatte, comanda e cede alle proposte di pace dell'imperatore.
Come se Olmi tornasse all'infanzia, scoprisse il corpo femminile e,
e, con esso, le possibilità di quiete e di riposo. Qualcosa che correva
già tra le pieghe di
Il mestiere delle armi,
ma che veniva sopraffatto dalla ragione di stato e dalla disillusione
maschile.
|