Il produttore è Guillermo Del Toro, e si vede. Da lui, il giovane Juan Antonio Bayona ha imparato la lezione: raccontare storie di fantasmi che non sono soltanto horror, ma raccontano la paura del mondo, il dolore, l' istinto materno. Laura torna nella grande villa di famiglia, dove ha deciso di accogliere bambini sfavoriti; l'accompagnano il marito, medico, e il figlio adottivo Simon, malato di Aids. Simon gioca con piccoli amici invisibili; però non si tratta della nota fantasia infantile: sono fantasmini abbandonati, vittime di antichi orrori. Si vede poco in The Orphanage, ma quel poco basta a trasmettere brividi ignoti al più truculento degli splatter. Siamo piuttosto dalle parti di The Others e del Sesto senso; in una versione più evoluta. La bella sceneggiatura gioca con la figura di Peter Pan (Laura è una Wendy, divenuta l' unica adulta in un mondo di bambini), alternando soprannaturale e situazioni quotidiane, in un'atmosfera di mito. |
Roberto Nepoti - La Repubblica |
Aprite pure quella porta. Dietro non ci troverete pazzi assassini o cadaveri maciullati, ma semplicemente candidi fanciulli, magari sottospirito, lasciati deperire in una stanza di un vecchio orfanotrofio delle Asturie spagnole. The Orphanage, prima regia dell'iberico J. A. Bayona, è un nuovo e riuscito esempio di cinema che terrorizza, senza inondarti necessariamente di emoglobina. Una parvenza di inclinato sul versante del fantastico. Laura (Belen Rueda), una signora sui quarantacinque, si porta dietro Carlos, il marito, e Simon, il figlioletto adottato e malato di aids, in quello che è stato l'orfanotrofio che l'ha ospitata da bambina. Obiettivo è rendere la struttura un bel villino dove ospitare sfortunati bimbi disabili. La villa di due piani in riva al mare, dove andranno ad abitare tutti quanti, è sia all'esterno che all'interno piuttosto sinistra (dire che siamo dalle parti scenografiche di The Others pare scortese). Una volta stabilitisi lì, ad acuire il senso di angoscia del trio, ci pensa Simon che si mette a parlare e a giocare con degli amichetti immaginari. Quando poi durante una festa zeppa di bimbi, Simon scompare, a mamma e papà non resterà che chiedere aiuto alla psicologa della polizia (e alla polizia stessa per le ricerche), ad uno parapsicologo, ad una medium (l'apparizione spiritista di Geraldine Chaplin è superba), fino all'autoimmersione di Laura nel proprio passato di ospite dell'orfanotrofio, operazione onirica che darà drammaticamente i suoi frutti. Bayona pare essere un metteur en scene accigliato, uno che pensa ai confini del quadro: a cosa farci stare dentro e a cosa farci abilmente rimanere fuori. L'idea è quella di affidarsi visivamente e rumoristicamente alla sorpresa, allo spavento, all'improvvisa apparizione di qualcuno di inaspettato (cigolii di porte, passi sul soffitto, ombre dietro la porta). Per farlo si concentra sia filosoficamente sulle cause del dolore del proprio sé e sul suo sdoppiamento (una spruzzatina di Jung), sia sullo sviluppo narrativo dell'assunto (il passaggio di soglia tra un mondo reale e uno irrimediabilmente segnato dalle stimmate del fantastico). Una tradizione cinematografica contemporanea meticcia inaugurata con Il Labirinto del Fauno da Guillermo Del Toro (qui produttore esecutivo e citato ironicamente in una foto di orfani - "questo è Guillermo") che Bayona si limita a rendere stilisticamente inappuntabile e poeticamente delicata. Con lacrimuccia finale che stempera la tensione accumulata. |
Davide Turrini - Liberazione |
cinema invisibile TORRESINO febbraio-giugno 2009
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Laura torna nella grande villa di famiglia, dove ha deciso di accogliere bambini sfavoriti; l'accompagnano il marito, medico, e il figlio adottivo Simon, malato di Aids. Simon gioca con piccoli amici invisibili; però non si tratta della nota fantasia infantile: sono fantasmini abbandonati, vittime di antichi orrori... Storie di fantasmi che non sono soltanto horror, ma raccontano la paura del mondo, il dolore, l' istinto materno. Siamo dalle parti di The Others e del Sesto senso: si vede poco, ma quel poco basta a trasmettere brividi ignoti al più truculento degli splatter. |