Sargentini & Bobulova:
donne sul podio
Bellaria Film Festival è giunto quest’anno alla sua XXIII
edizione, una tappa di tutto rispetto nel panorama degli eventi
analoghi.
Sopravvissuta alle tante tempeste che, nel tempo, hanno
distrutto 2 su 3 dei migliori cinefestival della Riviera (Riminicinema e Mystfest),
la manifestazione mantiene la promessa originaria di dare
‘spazio ai giovani’, senza retorica ma realisticamente. Pragmaticamente,
per dirla con Morando Morandini, decano dei critici
cinematografici italiani, che insieme con Daniele Segre ed Antonio Costa,
ormai da quattro anni ne è alla guida.
Tra le opere in concorso l’hanno avuta vinta, è proprio il caso di
dirlo, le donne!
Trionfatrice della scorsa edizione con il documentario Sono incinto, anche quest’anno, Fabiana
Sargentini, di Roma, torna alla vittoria (seppure da dividere ex-aequo con
l’opera a quattro mani La stoffa di Veronica di Emma Rossi-Landi e
Flavia Pasquini), con
Di madre in figlia, 58 minuti di docu-fiction:
interviste a donne che narrano, in campo e fuori campo, la
loro esperienza di madri e figlie.
"C’è più leggerezza" – ha raccontato Fabiana a Bellaria, dopo la
premiazione – "nel raccontare la propria esperienza di madre rispetto a
quella di figlia. Con la seconda si muovono e si s-muovono problematiche
che possono creare e (ri-creare) grandi dolori, grandi conflitti, immani
ricordi. E’ un rapporto troppo importante, forse mai risolto, almeno per
molte donne che non riescono mai del tutto, probabilmente, ad uccidere
la madre, in senso freudiano e, dunque, a crescere e ad affrancarsi dal
rapporto con essa. E c’è da dire che, a volte, manca la conscia volontà
del farlo, un rifiuto forse cromosomico è alla base di tutto questo.
Perché crescere? Non c’è motivo, dice Nanni Moretti in
Aprile,
scherzando ma non troppo, eterno Peter Pan".
Il gioco della mosca cieca, svolto in mezzo al verde, in un contesto
che, banalizzando, potrebbe ricordare l’utero materno ed in cui le
figlie debbono riconoscere la propria madre, scandisce il testo filmico
ed è il filo rosso affettivo che unisce le varie interviste, a volte
doppiamente integrate dalla relazione nonna-madre-figlia/nipote: il
rapporto diretto, dato dall’agnitio, è un bellissimo contatto corporeo
dato e risolto con baci, carezze ed abbracci che paiono ricostituire,
almeno per un attimo, un rapporto fetale, un ripartorire senza dolore ma
solo con tanto tanto incommensurabile amore, ricreando la magia di un
momento altrimenti irripetibile. E in quest'opera, congegnata con intelligenza, passione, affetto,
Fabiana ha voluto, tra le protagoniste, anche sua madre: lei pure
testimone di rapporto non risolto con
la propria a cui, afferma, non ho perdonato niente... |
Quarant'anni (più uno)
e non li dimostra
La Mostra
Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro resta uno dei migliori festival
offerti dal nostro bel paese ed uno dei più ‘antichi’.
Fondato nel 1965 dal compianto Lino Micciché (è mancato proprio un anno fa
e gli è stato dedicato, nel corso della manifestazione, un
sostanzioso convegno) e da Bruno Torri, dal 2000 è affidato alla
direzione di Giovanni Spagnoletti.
Aperto al nuovo ma mai dimentico del nostro (ed altrui, in senso
cinematografico) retroterra, anche Pesaro XLI si è rivelata un'importante vetrina per cinematografie emergenti, sperimentali e
per riletture ed omaggi ad autori contemporanei.
Il 19° Evento Speciale, in collaborazione con la Fondazione Centro
Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, quest’anno è stato
dedicato a Marco Bellocchio finalmente ormai ‘in pace’ con la critica
che al tempo della sua collaborazione attiva con lo psicoanalista
Massimo Fagioli (da Diavolo in corpo del 1986 a Il sogno della farfalla
del 1994), lo ‘crocifisse’, attaccando apertamente la sua produzione.
Oggi il regista si dichiara" "...particolarmente soddisfatto di una rassegna
che tiene finalmente conto, in maniera competente ed obbiettiva, di
quella mia fase esistenzial-creativa ora sicuramente superata ma che,
altrettanto certamente, non rinnego." La retrospettiva completa a
lui rivolta, ha offerto tutti i lungometraggi ed i documentari del
regista piacentino; è stata completata da una tavola rotonda, da una
mostra inedita di suoi quadri e da due monografie, di cui una
fotografica entrambe
(per le edizioni Marsilio)
in collaborazione con il CSC e a
cura da Adriano Aprà.
La ‘riabilitazione’ di Marco Bellocchio, comunque e per sempre regista ‘ribelle’,
si è conclusa con un riconoscimento ufficiale che la città di Pesaro ha
voluto attribuirgli nella serata finale del festival in piazza, cui è
seguito la proiezione de
La balia (1999). Per la sceneggiatura del film, liberamente tratto dall’omonima novella di Luigi Pirandello, Bellocchio si avvalse della collaborazione di
Daniela Ceselli che a Pesaro, quest’anno, ha presentato un mediometraggio
(28') …Spendo soldi che non ho, sua opera prima come regista. "Questo piccolo (ma amatissimo e curatissimo) progetto, realizzato con
l’aiuto di pochi amici volonterosi e grazie alla generosità di alcuni
professionisti come Barbora Bobulova (presente alla
presentazione in sala - n.d.r.), è un tentativo di
approccio alla complessità ed alla casualità dei rapporti umani, a volte
misteriosi, improvvisamente intensi, spesso contraddittori, mai univoci"
La Ceselli oltre ad essere
stata aiuto di Bellocchio anche per il suo ultimo
Buongiorno notte, ha prestato la sua opera nelle stesse vesti
anche per
La spettatrice di Paolo Franchi, premiato a Bellaria proprio
per l'interpretazione della Bobulova che, qui,
per il testo della Ceselli sembra aver condensato operato una amalgama
proprio del film di Franchi e del più famoso
Cuore sacro.
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