Aprile
|
Caro diario atto II. Con una voglia di sorridere in pił, ma con un insinuante tarlo di sconcerto sociale (e politico) Nanni Moretti torna con Aprile al proprio egocentrismo cinematografico, spiazzato di fronte all'arrembante, sfacciata tracotanza delle "comunicazioni di massa" berlusconi-dipendenti, disilluso dalla tutt'altro che dirompente testimonianza (e coerenza) d'ideali dell'Ulivo e della nuova sinistra. Emblematiche le prime immagini (1984) sulla vittoria elettorale del Polo (con Fede che sparla su Rete 4 e Nanni che "si fa una canna"), esemplare (e così partecipato!) il disperato incitamento a D'Alema, in empasse di fronte al blaterare di Berlusconi: "avanti, di' qualcosa di sinistra... di' qualcosa e basta, ma di' qualcosa". Ma ancor più memorabile la splendida apertura di campo sul maxi-collage di ritagli di giornali in cui il nostro "si perde" tra banalità e omogeneizzazione dell'informazione. Ciò che si sedimenta nel ricordo di Aprile sono sprazzi di grande finezza e sottile ironia, una compostezza cinematografica impeccabile, un coinvolgimento socio-cinefilo sempre in bilico tra emozione e retorica. Su questa lama di rasoio di civiltà dell'immagine e rovelli di inciviltà il Nanni-pensiero scorre altero e confidenziale, amaro e divertito. I momenti topici dell'Italia morettiana di questi ultimi anni vanno dalla manifestazione dei sindacati contro la riforma delle pensioni alla sospirata riscossa della sinistra, alla "imbarazzante" esibizione veneziana di Bossi e della sua flotta leghista. Ma l'aprile radioso per l'autore non è solo quello dell'Ulivo, ma pure quello della nascita di suo figlio Pietro che ridefinisce le coordinate del suo vivere, che butta all'aria le sue raccolte di stralci di notizie al negativo, che gli dà nuova verve per (sognare di) realizzare un improbabile musical che ha il respiro corto di una bizzarra idea (con Silvio Orlando pasticcere troskista!) e di una effervescente scenografia, ma nulla più. Ecco, il respiro corto... Ci viene da parlare come Nanni che, dopo i tre episodi di Caro diario, affronta i 78' di Aprile con leggerezza ma che, nel raccontarsi autobiografico, confessa di non riuscire a leggere che racconti brevi e si trova di nuovo a zonzo in vespa per Roma, rifugiato nel gioco autoriale del film nel film, autocompiaciuto della nuova realtà di marito e padre felice. Schizzi di cronaca esistenziale, parentesi sociali aperte e chiuse con distaccata sentenziosità... Aprile qua è là si insabbia, ma nella sua maturità cinematografica Moretti vince ancora una volta la scommessa di un cinema d'autore compiuto e autoreferenziale: scarno ed essenziale nell'evolversi del testo, memorabile nell'efficacia del contesto. |
e.l. La Difesa del Popolo - 12 aprile 1998 |