gennaio-febbraio-marzo 2005

bimestrale di cinema, cultura e altro...

n° 12
Reg.1757 (PD 20/08/01)

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L'incerta situazione di

un cinema "di troppe certezze"

Pietro Liberati

   Dopo un avvio promettente al botteghino, con tutti film presentati in concorso a Venezia che sono riusciti a conquistarsi una loro visibilità, il cinema italiano a partire da Novembre ha cominciato a latitare sugli schermi. A parte le solite commedie di Natale, ovviamente, che hanno fatto registrare dei risultati discreti, ma tutti al di sotto delle attese, o comunque inferiori ai precedenti. Inutile negarlo, è segno di una sfiducia del pubblico, che, specialmente per quanto riguarda Aldo, Giovanni & Giacomo (in termini di presenze, è il loro risultato del loro Tu la conosci Claudia è il peggiore di sempre), sembra ormai stanco della solita minestra riscaldata.
Il caso più lampante di sfiducia è quello verso Stefano Accorsi, una delle vere, e pochissime, star nostrane. Accorsi nella stagione 2004/2005 si è presentato al pubblico con tre film nuovi, che hanno tutti avuto un riscontro inferiore alle sue prove, dai tempi de L’ultimo bacio. Se i quattro film interpretati successivamente hanno avuto tutti buoni risultati (mai inferiori ai 3 milioni di euro), i tre di cui sopra, L’amore ritrovato di Carlo Mazzacurati,
Ovunque sei di Michele Placido, usciti a poca distanza l’uno dall’altro, e Provincia meccanica, rappresentante l’Italia nel Concorso di Berlino 2005, si sono segnalati per un calo di interesse del pubblico, nell’ultimo caso arrivando addirittura al disinteresse, non essendo riuscito il film a superare nemmeno il milione di euro, nonostante il lancio davvero consistente (quasi 200 copie).
Che cos’è successo? Non è certo colpa di un’invisibilità di partenza, giacché tutti queste pellicole hanno avuto alle loro spalle delle distribuzioni che ci hanno creduto fino in fondo. Verrebbe da dire che alcuni di questi film hanno esagerato. Troppo.
Ovunque sei è una storia d’amore che cerca di evolversi verso il metafisico. Personaggi che spiccano il volo, dialoghi che si inabissano, un plot che sembra andare da nessuna parte: dopo mezz’ora, Ovunque sei parte per la tangente, mosso da una smodata ambizione, senza che nessuno possa più fermarlo, e il pubblico esce dalla sala confuso, senza sapere bene cosa ha visto e se ha speso bene i suoi soldi. Provincia meccanica di Stefano Mordini tenta la strada dell’iperrealismo, con una famiglia ai margini alle prese con piccoli problemi quotidiani. Il regista è esordiente, e si sente, anche se ha una bella sensibilità nel dirigere gli attori; ma a metà film la storia comincia a ripetersi troppo, alcune trovate non funzionano e i personaggi brancolano nel buio senza che nessuno capisca davvero perché agiscono in un determinato modo. Qualcuno in sala arriva a sbuffare e a guardare l’orologio, ed Accorsi, per la seconda volta (terza, se si conta il sopra citato L’amore ritrovato, che ha deluso le attese) marchia a fuoco un film "non riuscito".
Difficile dire se il pubblico se lo ricorderà o meno all’uscita di Romanzo criminale, il prossimo film di Michele Placido sempre con Accorsi. Però è bene ricordare che attori anche più noti hanno dovuto affrontare periodi di crisi di popolarità a causa di film sbagliati. E’ una situazione, quella contraddistinta da Accorsi, che accomuna però il cinema italiano in genere, in questi ultimi mesi: quella, per l’appunto, di partire per la tangente, senza preoccuparsi che qualcuno (gli spettatori in generale: qui parliamo anche della critica) continui a seguire il discorso.
Non a caso si può citare un film come
Cuore Sacro di Ozpetek, un autore che ha incontrato un crescente quanto sorprendente successo. Il suo ultimo film inanella citazioni su citazioni (da Europa ‘51 a Teorema), enuncia una serie di luoghi comuni sulla carità e il buon cuore, e parte per la famosa tangente di cui sopra dopo appena 20 minuti, il tempo di abbozzare personaggi che, anche qui, cominceranno a comportarsi in modi incomprensibili nella logica corrente, con una perniciosa tendenza alla ruffianeria buonista scivolando in sfrenatezze kitsch. Difficile giudicare (al di là dell'iniziale trend "buonista" degli incassi) come verrà accolto alla fine Cuore sacro: che tenta sì un approccio con lo spettatore, ma nel modo più disonesto e meno coraggioso, quasi offensivo nel suo semplicismo piccolo borghese.
L’impressione generale è quella di un cinema che, dopo essere riuscito a riavere dalla propria parte il favore del pubblico pagante, si è chiuso nuovamente in sé stesso, senza preoccuparsi di comunicare effettivamente. E non si dica che trame poco definite (nel senso classico) e personaggi ondivaghi senza una vera mèta portano sempre necessariamente in questi lidi nebbiosi e melmosi, perché i due migliori film nostrani della stagione, Le chiavi di casa e Le conseguenze dell’amore, accompagnano placidamente lo spettatore in un viaggio che lo arricchisce e, innanzitutto, lo rispetta. Il lavoro di un regista si misura non solo sulla propria coerenza d'autore (in idee e stile), ma anche, appunto, nel rispetto per il buon gusto del pubblico e per il senso del cinema!