Un
trafficante di denaro sporco, silenzioso e misterioso abitante di un hotel
svizzero abitato da tipi tristi e folk, si trova un giorno con un
sentimento pulito tra le mani: nella routine degli affari sporchi, molte
sigarette ma eroina solo una volta la settimana, entra il sorriso di una
ragazza. Retorica e incidente a parte, la morale lo porterà alla rovina:
il dubbio non è previsto dall'onorata società. Dopo
Un uomo in più, Sorrentino firma con
Le conseguenze
dell' amore
(rovinose) un secondo film originale, un noir con dentro una voglia di
moralità oggi rara, la storia di un uomo in meno, in preda a una crisi
esistenziale che mette in forse una vita sbagliata. Il regista ha uno
stile magistrale e finché il racconto si nutre di silenzi, atmosfere e
sguardi, al rallentatore psicologico, funziona benissimo, ma s'inceppa
nell'ultima parte d'azione. Con la Magnani jr., Pisu, la Goodwin,
funzionali, Toni Servillo è semplicemente grande: senza fare una mossa
esprime di tutto e di più, è davvero un'anima in pena. |
Un
uomo per strada si volta a guardare una ragazza e sbatte contro un palo
con un “gong”. È una gag che funziona sempre, eppure Titta Di Girolamo non
ride. Vede la scena dalla finestra e non increspa neanche le labbra. È che Titta, lo dice lui stesso, è «un uomo senza immaginazione».
Non che l’immaginazione sia indispensabile per fare il commercialista. Ma
a un commercialista che da otto anni vive solo recluso in un hotel
svizzero seguendo rituali immutabili, un poco di immaginazione non farebbe
male. Mentre questo Titta, un Toni Servillo congelato e così bravo da
essere quasi irriconoscibile, sembra vivere con tutti i sensi tappati. Non
vede nulla, non sente nulla, non pensa più nulla. Se ne sta lì, perso in
quell’albergo come se fosse un labirinto, da tanto di quel tempo che non
sa nemmeno più chi è, se Teseo o il Minotauro. Anche se il ruolo che ci
tocca in sorte spesso è anzitutto questione di volontà.
Snobbato dalla giuria di Cannes malgrado la regia sapientemente stilizzata
e la prova maiuscola di Toni Servillo,
Le conseguenze
dell'amore
conferma le qualità di Paolo Sorrentino
scoperte nel notevole
L'uomo in più
. Il dono di modellare personaggi, caratteri, destini. Il gusto dei
dettagli e della scrittura, un gusto così spiccato che rischia quasi di
prendergli la mano. L’arte di concentrare un paese, un’epoca, un clima
morale, in un pugno di ambienti e di personaggi (siamo in Svizzera ma si
pensa a certa Italia di oggi). Stavolta però sullo schermo non scorrono
due vite parallele ma un’esistenza bloccata che grazie a un incontro
potrebbe riaprirsi, scorrere, spezzare il circolo vizioso in cui è
rinchiusa. Il primo a saperlo pare essere proprio Titta, ostaggio della
mafia come scopriamo presto, e personaggio autocosciente se di fronte alla
magnetica cameriera Sofia (Olivia Magnani), annota su un blocchetto
proprio il titolo del film: “Non sottovalutare le conseguenze
dell’amore”. Stranamente però, quando Sofia incrocia finalmente la sua
vita, Sorrentino la liquida in poche scene per avviare Titta/Servillo
verso un impossibile quanto obbligato riscatto esistenziale. Finendo col
disperdere in parte la tensione e il mistero accumulati, e lasciando Sofia
appena abbozzata, un’ombra più che un vero personaggio. O forse una
funzione: il reagente che innesca la trasformazione di Titta avviandolo
verso un rocambolesco epilogo tutto spiegato e mostrato, a differenza del
resto del film che è mentale, allusivo. E tanto più inquietante quanto più
la mafia resta invisibile. Come si addice a una metafora. |