L'ultimo
bacio
|
da La Stampa (Lietta Tornabuoni)
Nostalgia del futuro. Ne L’ultimo bacio, suo terzo film (dopo Ecco fatto e Come te nessuno mai) Gabriele Muccino racconta, nelle due generazioni dei trentenni e dei cinquantenni, la voglia di scappare, il sentimento della vita che sfugge, che se ne va, che scivola nella ripetizione e nei doveri dell’età adulta o della vecchiaia, senza nuove occasioni né aperture né speranze. Personaggi giovani che hanno appena iniziato un’esistenza con famiglia e matrimonio, personaggi non più giovani che non vogliono rinunciare ad esistere. Tradimenti, rimpianti, esasperazioni, rivolte contro un destino spietatamente predeterminato, innamoramenti, chi si prende, chi si lascia, chi parte, chi rinuncia: il film girato a due velocità (rapido e nervoso quando racconta i giovani, piano e dolente quando racconta i non più giovani), ad esprimere il rifiuto così contemporaneo (velleitario) di crescere, di accettare responsabilità, di adattarsi al percorso consueto della vita. Le storie s’intrecciano con gran ritmo nel montaggio vibrante di Claudio Di Mauro, in uno stile brillante, energico: quasi che il regista avesse voluto fare il film anche per dimostrare la propria capacità di governare una vasta troupe di bravi attori, di dirigere una storia corale di sentimenti, di scrivere dialoghi realistici: «Me ne vado perché non ti amo più»; «Non abbiamo più vent’anni ma per fortuna non ne abbiamo ancora quaranta»; «Voglio lasciarti perché non siamo più felici insieme»; «Non c’è più la passione di una volta, ma pare che sia normale», «La vita è bella che andata» .... (troppi luoghi comuni e situazioni prevedibili!)
TORRESINO ALL'APERTO! giugno-agosto 2001