Non
fatevi ingannare dal metalinguismo diegetico. Quel “È vero, tutto
vero” di Han Solo non è rivolto ai dubbiosi Rey e Finn (“girano
storie su ciò che è successo”), ma a noi spettatori, a quel pubblico
che dopo 33 anni (o solo 10 se consideriamo i refresh conclusisi con
La vendetta dei Sith)
aveva forse perso le coordinate emotive della mitica saga creata da
George Lucas. Nel tempo generazioni di nuovi fan hanno rinfoltito i
ranghi, ma dall'approccio “ingenuo” di
A New Hope
troppo acqua (non sempre limpida) è passata sotto i ponti e le “doverose”
complicazioni-prequel di oscuri intrighi di potere e di travagliati
intrecci familiari hanno in parte affievolito il mitico fascino iniziale,
fatto di paesaggi desertici contrapposti ad avvolgenti spazi galattici,
di personaggi di “bonaria” complessità psicologica, di “vibrazioni della
forza” che pervadevano lo schermo con “magica” immediatezza. Il pilota che intravediamo alla guida dell'X-wing è il nuovo personaggio che apre il film: Poe (Oscar Isaac) riceve una mappa stellare che potrà permettere alla Coalizione Ribelle di rintracciare Luke Skywalker dopo che questi si è isolato in un misterioso eremitaggio. La dinamica è quella antica: ancora un potere totalitario incombente che tende ad annientare la Repubblica, ancora un oscuro leader supremo (Snoke – Andy Sarkis) che tutto sovrasta, ancora il lato oscuro della Forza che pervade il malvagio Kylo Ren (Adam Driver) a capo delle truppe del Primo Ordine.
Quella mappa segna l'evolversi degli eventi: nascosta in un droide (BB8, una sfera “a testa snodata”) viene “affidata” alla spericolata “cacciatrice di rottami” Rey (Daisy Ridley) al cui fianco si schiera Finn (John Boyega), uno stormtrooper che ha disertato dopo un fatidico “bagno di sangue”. I due finiranno ai comandi di una carcassa spaziale che altro non è che la fantastica Millenium Falcon e quando incontrano Han Solo (Harrison Ford) e Chewbecca (Peter Mayhew) il cerchio si chiude e l'avventura può ricomporsi. Ritroveremo Leia Organa (Carrie Fisher) forse troppo imbolsita e dovremo accettare l'ironia un po' datata delle schermaglie sentimentali con Han, ma tutto ha un senso perché non è uno spoiler lo svelamento che Kylo Ren è proprio il loro figlio, passato al lato oscuro e che Star Wars: Il risveglio della Forza non è solo un sequel ma un reboot dove il bene e il male sono ancora le anime dello stesso dramma familiare in cui però i ruoli tra padre e figlio si sono scambiati. Da A New Hope a The Force Awakens il paradigma resta quello di un percorso iniziatico che ancora si snoda tra inseguimenti e battaglie spaziali e tra “luminosi” cozzar di spade (laser), ma che troverà compiutezza in un incontro “mitico”, in una inaspettata cornice naturalistica.
E se il merito di Abrams sta, in primis, in questo farci di nuovo sentire
a nostro agio in un universo galattico in cui avevamo forse perso “fiducia”,
la novità inebriante di questo settimo “sigillo” è la freschezza del
personaggio di Rey: una protagonista femminile che è un segno dei tempi,
un'avventuriera con un'arma che ricorda quella del Fra' Tuck di
Robin Hood
(e del Morgan
Jones di
The Walking
Dead)
e segnata, attendiamo di scoprire perché, dal pulsare della forza. |
ezio leoni - dicembre 2015 |