Sissako compone un potente mosaico, a tratti leggero, più spesso drammatico, di una quotidianità resa terribile dalle leggi imposte dagli integralisti islamici. Il suo sguardo lucido e poetico, anche nei momenti più brutali, sottolinea la crudeltà di imposizioni e divieti assurdi di un Potere assoluto e cieco. Mai così di attualità, dati i recenti fatti che hanno sconvolto il mondo, Timbuktu scrive tra il deserto e l'intolleranza un capitolo prezioso per la conoscenza e il contenuto artistico. |
motivazione Film della Critica - SNCCI |
La città edificata da un
bambino che gioca con la sabbia, Timbuktu con le sue case dalla facciata
merlettata dai colori fusi con la terra del deserto, è il set del film che
si batterà per l’Oscar al migliore film straniero, dopo aver sfiorato un
premio a Cannes. Lo ha diretto con finanziamenti anche francesi il
mauritano Abderrahmane Sissako, 53 anni, tra i più pregiati narratori del
cinema contemporaneo (Bamako,
La vie sur terre). Immagini rarefatte,
miraggi pittorici, contorni sfumati nella polvere gialla... una bellezza
che Sissako cattura facilmente come una farfalla nella rete, lì in un
luogo degno delle sette meraviglie del mondo, e che negli ultimi anni è
stato calpestato dal gruppo al-Qaida nel Maghreb islamico. |
Mariuccia Ciotta - Il Manifesto |
A poca distanza da Timbuktu,
dove domina la polizia islamica impegnata in una jihad in cui divieto si
aggiunge a divieto, una famiglia vive tranquilla sulle dune del deserto.
Sotto un'ampia tenda Kidane, Satima e la loro figlia Toya possono solo
cogliere dei segnali di quanto accade in città. Il giorno in cui il loro
pastore dodicenne si lascia sfuggire la mucca preferita che distrugge le
reti di un pescatore nel fiume che scorre tra la sabbia, tutto però muta
tragicamente. L'animale viene ucciso e Kidane non accetta il sopruso. |
Giancarlo Zappoli - mymovies.it |
promo |
Non lontano da Timbuktu, ora governata dai fondamentalisti islamici, Kidane vive pacificamente tra le dune con la moglie Satima, la figlia Toya e il pastore 12enne Issan. In città, la gente soffre impotente per il regime di terrore imposto dai jihadisti, determinati a controllare la loro fede. Tutto è stato bandito: la musica, le risate, le sigarette, persino il gioco del calcio; le donne sono diventate le ombre, ma continuano a resistere con dignità. Ogni giorno, nei nuovi, improvvisati tribunali vengono emesse tragiche e assurde sentenze. A Kidane e alla sua famiglia tutto questo finora è stato risparmiato, ma il loro destino cambia quando lui uccide accidentalmente Amadou, il pescatore che ha macellato "GPS", la sua amata mucca. Kidane, infatti, dovrà vedersela con le nuove leggi degli occupanti stranieri... L'ipocrisia feroce dei miliziani di al Qaeda e l'orrore della guerra civile siriana! È il vertiginoso contrasto con il sito fiabesco e il potere sadico dei figli degeneri di Allah che il regista mette in scena, dipingendo iullo schermo uno straordinario racconto sulla “banalità del male” tra le dune del Sahara. Un film (candidato all'oscar come miglior film straniero) in cui i tempi sospesi e un minimalismo passionale conducono ad un'implacabile suspense, a un grido di allarme lanciato a un Occidente spesso distratto. |
LUX - febbraio 2015 |