Forse
non è così segreto, il segreto della povera Esma. E comunque non si fa
peccato a rivelarlo perché il fatto, in sé atroce, non è la rivelazione
del film, bensì l'innesco di una storia famigliare di amore, sofferenza e
redenzione. Adolescente ribelle, Sara vuole andare in gita scolastica con
lo sconto. Per ottenerlo, deve dimostrare con tanto di certificato che il
padre era quello che sua madre, Esma, le ha sempre detto, un eroe caduto
in battaglia. La verità è un'altra.
Durante la guerra di Bosnia, la donna è stata violentata da un anonimo
serbo a Grbavica, il quartiere di Sarajevo che dà il titolo originale al
film. Lei vorrebbe risolvere pagando per intero la quota; invece la
situazione precipita, obbligandola ad ammettere la menzogna. Con effetti,
forse, liberatori per entrambe.
Orso d'oro alla Berlinale
di quest'anno (l'adattamento italiano è curato da Carlo Di Carlo), un film
bosniaco che coniuga molte virtù: semplicità e realismo, autenticità,
assenza di retorica unita a partecipazione emotiva. Il valore aggiunto del
Segreto di Esma, però, è un altro. Ed è il fatto che, nel raccontare la
storia emblematica di una generazione che lotta alla ricerca di un
equilibrio, la regista Jasmila Zbanic non assume mai atteggiamenti
consolatori per mandarci a casa fiduciosi e contenti. Se avviene, la
catarsi resta chiusa all'interno del piccolo nucleo famigliare; ma le due
donne vivono in una Sarajevo tuttora desolante e ostile. Grande
interpretazione di Mirjana Karanovic, già attrice per Kusturica. |
Come si vive, o
si sopravvive, nell'ex-Jugoslavia del dopoguerra? Da quando esiste il
cinema, ogni volta che un paese esce da un'esperienza devastante nel giro
di pochi anni arriva una nuova generazione di registi a raccontarlo.
Nella patria di Tito le cose devono essere più complicate perché tolti
alcuni sporadici exploit stiamo ancora aspettando. I grandi si
autocelebrano (Kusturica), emigrano (il Tanovic de
L'enfer
) o vengono emarginati (vedi il Paskaljevic de
La polveriera: che fine ha fatto il magnifico e
durissimo Sogno di una notte di mezzo inverno, del quale parlammo giusto
due anni fa da Viareggio?).
I giovani invece stentano ad affermarsi, per
cui auguriamoci che il meritato orso d'oro vinto a Berlino dall'esordiente Jasmila Zbanic
apra qualche porta. Sarebbe ora.
Il segreto di Esma, una donna come tante che si arrangia nella Sarajevo di
oggi, è un segreto solo per sua figlia Sara, una ragazzina sui 14 anni che
vive nel culto del padre eroe di guerra. Lo spettatore infatti ci mette
poco a capire cosa nascondono i tranquillanti e le reazioni incontrollate
che assalgono Esma alla vista di certi personaggi sinistri.
Quel padre non c'è mai stato, Sara è figlia di uno stupro etnico. E
possiamo capire che sua madre non abbia mai trovato il cuore di dirglielo,
anche se per lei e la sua felicità darebbe tutto quello che ha.
Intanto però Sara cresce da maschiaccio, a scuola i compagni
chiacchierano, Esma deve affrontare situazioni sempre più umilianti e
spesso pericolose per assicurare una vita decoro alla figlia. Anche se ora
a darle conforto e proteggerla pensa un tipo coinvolto in giri non sempre
pulitissimi ma sincero, perbene. E abbastanza realista da abbordarla con
una battuta memorabile nella sua assurda normalità ("Dove ci siamo già
visti? Al reparto identificazione post mortem?"). Al di là dell'intreccio,
non sempre imprevedibile ma teso e ben orchestrato come in un film di
Ken Loach, i pregi del
Segreto di Esma stanno infatti nello sguardo quieto,
morbido, obliquo, che la regista posa sui suoi personaggi. Accordando
un'attenzione penetrante ai turbamenti della giovane Sara, ma cavando
tesori di sensibilità soprattutto dal personaggio della madre (la
grandissima attrice Mirjana Karanovic, vista anche in diversi film di
Kusturica).
Pensiamo ai suoi rapporti con le amiche, a quella terapia di gruppo che
frequenta un po' per guarire un po' per incassare l'indennizzo del
governo. Mentre uno stillicidio di segnali allarmanti e facce da galera
(vedi l'incontro con l'ex-ufficiale e criminale di guerra, oggi
riciclatosi in ricco e potente capobanda, che apostrofa con uno sprezzante
"intellettuali!" gli ex-commilitoni riottosi) ci ricorda come dev'essere
la vita quotidiana in un paese dove il passato è presente e l'orrore
sempre dietro l'angolo. |