Crash - Contatto fisico
Paul Haggis - USA/Germania 2005 - 1h 53'


miglior FILM
miglior sceneggiatura originale (PAUL HIGGIS, ROBERT MORESCO)
miglior montaggio (HUGHES WINBORNE)

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

     Los Angeles, oggi. In 36 ore, le vite di esponenti assortiti del melting pot americano si sfiorano e si toccano con effetti violenti, teneri o drammatici. Però Crash-Contatto fisico, eccellente debutto nella regia dello sceneggiatore di Million Dollar Baby non è un film programmaticamente pessimista, ma un film adulto e motivato, del tutto controcorrente rispetto alla polarità buoni-cattivi che impera da tempo immemorabile a Hollywood e che si è acutizzata dopo l’11 settembre. Vi si apprende che anche un regista affermato può essere vittima dei pregiudizi razziali, un giovane delinquente può mostrarsi capace di pietà per chi sta peggio di lui, un poliziotto razzista salvare, a costo della vita, la donna di colore che aveva molestato poche ore prima. Fobie e paranoie accomunano classi sociali e anagrafiche divise da tutto: la ricca signora bianca con marito in carriera (Sandra Bullock e Brendan Fraser, genialmente utilizzati in ruoli agli antipodi dei loro soliti), che si barrica in casa per paura delle aggressioni, come il piccolissimo commerciante iraniano, deciso a uccidere l’operaio ispanico che gli avrebbe installato una serratura difettosa. Se il maturo debuttante non usa materiali inediti, l’importante è che li usa bene.
La struttura narrativa, che si richiude circolarmente su se stessa, ricorda i film corali di Robert Altman (in particolare
America, oggi) e Magnolia di P.T. Anderson, ma senza sfigurare dinanzi a modelli così prestigiosi. Quanto all’idea di rappresentare personaggi né del tutto buoni, né del tutto cattivi Haggis film successivo in archivio non è il primo a farlo: però ne vorremmo più spesso in questi tempi, quando le tensioni razziali pervadono le società, le periferie urbane prendono fuoco, si discute di legalità ma il tono è quello della rissa manichea. Paul Haggis ha il merito di ricordarci che non sempre la prima impressione è quella che conta. Per prendere a contropiede l’ideologia dominante, tuttavia, deve assumersi qualche rischio. L’intervento del caso nell’organizzare gli incontri delle stesse persone, in un’area metropolitana vasta come quella di LA, non rispetta sempre il criterio della verosimiglianza. Ma lo sceneggiatore-regista cammina sul filo degli eventi senza scivolare mai nel baratro della condiscendenza o dell’effetto-lacrima.

da Il Sole 24 ore (Luigi Paini)

     Topi in gabbia a Los Angeles. Uomini e donne che pensano di essere uomini e donne come gli altri, ma che in realtà sono come cavie da laboratorio, sottoposte a un terribile esperimento destinato a durare tutta la vita. Crash, di Paul Haggis, descrive un luogo del presente dove il futuro più cupo è già diventato realtà. Nessun contatto fisico fra le persone, se non quello dovuto agli incidenti stradali: crash, appunto, il rumore dei tamponamenti, delle auto che si sfasciano contro altre auto. Dentro agli abitacoli persone sole, angosciate, incapaci di trovare un senso ai loro giorni. Vite che si intrecciano tra case, luoghi di lavoro e autostrade, inseguendo il potere, il voto degli elettori, il miraggio della ricchezza o semplicemente gli spiccioli per sbarcare il lunario.
Nessuno è davvero simpatico, qualcuno è assolutamente insopportabile, come il procuratore distrettuale impegnato nella campagna elettorale, ansioso di non perdere il voto della gente di colore. Il caso vuole che il suo lussuoso fuoristrada gli venga rapinato proprio da due ragazzi neri, in “missione” nella parte più ricca della città.
Come denunciare il fatto senza urtare le convenzioni del politically correct? Bianchi e neri, integrati e nuovi immigrati, “in e “out”: una famiglia iraniana, con il padre ossessionato dal timore di essere discriminato, clandestini asiatici, poliziotti tentati dal razzismo, neri inseriti e neri emarginati, tutti che rinfacciano tutto a tutti. E poi c’è il traffico, il tamponamento improvviso che, per un attimo, ferma il tempo. Ci si guarda negli occhi. ci si confronta, si vede chi è vigliacco, chi bara, e chi ha ancora qualcosa da dire. E l’America, bellezza. E sembra proprio dietro l’angolo di casa nostra.

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