Che
cosa hanno in comune il documentario
Pervye Na Lune
(The First On
the Moon) del giovane regista
russo
quasi esordiente Fedortchenko (premiato come
miglior film della sezione Orizzonti)
e
The Wild Blue Yonder
del
ben più famoso Werner Herzog
, che ultimamente in questo
genere ha dato le migliori prove del suo talento? Almeno due elementi
li accomunano: il tema della ricerca spaziale e il fatto di
appartenere ad un genere ibrido a metà strada tra la
fiction e il documentario.
Nel primo il regista costruisce un falso documentario su un tentativo
di sbarco sulla Luna che si sarebbe verificato nientemeno che nel 1938
in piena epoca staliniana, ben prima quindi del lancio ufficiale di
Gagarin che risale al 1961.
Prendendo spunto dalla notizia che sulle montagne del Cile nel '38
sarebbe precipitato un oggetto non identificato, una troupe
cinematografica inviata ad indagare, scopre che in realtà l'incidente
cela una verità sensazionale: l'esistenza di un programma spaziale
dell'Unione Sovietica già operativo negli anni trenta e quella di
filmati d'epoca che testimonierebbero tutte le operazioni che
precedettero il lancio del primo razzo e le avventure dello sfortunato
astronauta, che sarebbe sopravvissuto alla distruzione del missile,
ritornato fortunosamente in patria e lì dimenticato da tutti, avrebbe
finito i suoi giorni lavorando in un circo. Il tutto viene raccontato
attraverso finti filmati d'epoca, inframezzati da alcuni autentici e
finte interviste ai testimoni della vicenda, girati con tale perizia
da porre dei seri dubbi allo spettatore sull'autenticità del tutto.
Nel film di Herzog
The Wild Blue Yonder
un alieno, Brad Dourif , sbarcato molti anni prima sulla Terra da
Andromeda, ci racconta le disavventure di molti altri alieni che, una
volta stabilitisi sul nostro pianeta hanno cercato, inutilmente, di
costruire una società ideale. Sullo sfondo delle rovine di questa
città aliena il simpatico attore dall'aria beffarda sposta la sua
attenzione sui tentativi che gli uomini stanno ora compiendo per
cercare, al di fuori della nostra Galassia, un pianeta vivibile per la
razza umana dopo la prossima distruzione del pianeta Terra,
dimostrando l'inutilità di tale spedizione, che richiederebbe tanto
tempo da terminare sicuramente dopo che la vita sulla Terra si sarà
estinta.
Il regista russo con il tono scanzonato, ma non per questo meno
critico, con cui anche molti giovani scrittori del momento (vd.
Kaminer, Pelevin) guardano al passato del loro paese, esprime
l'esigenza di far luce su una delle tante bugie (vera o falsa che sia)
su cui lo stato sovietico ha fondato la sua forza e di rendere
giustizia a molti eroi sconosciuti, sfortunate vittime di un regime
disumano.
In Herzog, il messaggio ecologico-catastrofista è smussato dal tono
ironico con cui l'alieno esprime il suo punto di vista sulla Terra e
da quello elegiaco, romantico, rafforzato dalla sorprendente colonna
sonora (dei Sardinian Voices), che caratterizza le immagini della
spedizione spaziale, la bellissima ricostruzione del wild blue, mondo
liquido fluttuante assolutamente incontaminato e le suggestive
immagini finali di una Terra ormai priva di vita.
In uno dunque prevale il tono ironico e disincantato, nell'altro
quello lirico romantico, ma entrambi riescono ugualmente a coinvolgere
lo spettatore e a spingerlo a riflettere su un passato non molto
lontano e su un futuro purtroppo forse vicino.
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