VENEZIA 1993: Leone d'oro ex aequo con Film blu
da La Repubblica (Irene Bignardi) |
Short Cuts - il più grande, il più ricco il più altmaniano dei film di Altman dai tempi di Nashville, diciotto anni fa - rimette in scena la vita con la complessità dei suoi intrecci, la casualità delle sue crudeltà quotidiane, la "mancanza di sceneggiatura" delle sue storie, che, al contrario di quelle costruite secondo un arco narrativo per la letteratura o per il cinema, non hanno mai un vero inizio e una vera fine. Nella complessa tessitura l'unico cedimento ad un procedimento narrativo tradizionale è quello della cornice che inquadra tre giorni di una piccola apocalisse tra un volo di elicotteri violento e mozzafiato in apertura e, nel finale, un terremoto di settimo grado sufficiente a dare uno scossone ai sentimenti e alle vite... In Short Cuts, senza che Altman si erga mai a giudice, il paesaggio umano del postreganismo risulta desolato e desolante, squallido e depresso, infelice e miserando. E moralmente insensibile; con due sole eccezioni: il piccolo Carey che si spegne lentamente il giorno della sua festa di compleanno e la giovane violoncellista che non resiste all'indifferenza che la circonda... Le "scorciatoie" del titolo (ma short cuts allude anche ai brevi scampoli di storie che il film intreccia) sono quelle di una ronde malinconica di vite e sentimenti fallimentari in cui si incrociano e si sfiorano un poliziotto adultero e bugiardo e una separata in cerca di sistemazione, un idraulico sessualmente frustrato e una cantante senza illusioni, una cameriera di ristorante ed un aspirante truccatore cinematografico, un medico ossessionato per la gelosia per la bella moglie pittrice e una giovane donna che sbarca il lunario sceneggiando telefonate sexy mentre dà la pappa al suo bambino, un ragazzino che corre felice a scuola e tre pescatori che scoprendo un cadavere di una donna nel fiume non sanno far altro che lasciarcelo, un pilota di elicotteri che fa metodicamente a pezzi la casa dell'ex moglie e un commentatore tv incapace di esprimere i suoi sentimenti, la difficoltà della vita e la casualità della morte... L'originalità assoluta del carosello di Altman sta nello sguardo, nel modo di ritmare le sue otto storie, nei tagli imprevedibili del tessuto narrativo, nella fluida conduzione di una squadra di attori diversissimi ma tutti intonati e sensibili al gioco... Da detestabile Tim Robbins al nevrotico Matthew Modine, capace di ingoiare una dura verità e dimenticarla un minuto dopo nell'ubriachezza e nel gioco sociale, da Jannifer Jason Lee che dimostra quanto siano facili le bugie erotiche, ad Andy MacDowell, impietrita e inconsapevole nell'attesa accanto al letto del suo bambino in coma. Il demiurgo Altman ricostruisce i frammenti delle loro vite, li ruba, li insegue, li intreccia... sa che portare sullo schermo la vita quotidiana vuol dire dipingere un'irrimediabile infelicità e che il lieto fine è roba da cinema. |
cinema invisibile TORRESINO gennaio-marzo 2007