Cos'è
successo all’Italia in quest'ultimo decennio? Cos'è successo alla nostra
politica, alla nostra cultura, al nostro cinema? La chiave di lettura,
autoreferenziale, del nuovo lavoro di Nanni Moretti
passa proprio attraverso l’essenza del cinema, sta nel suo
personalissimo modo di essere autore, da Aprile ad oggi
in particolare. Quel film (1998) di
forte autobiografismo, familiare e sociale, aveva lasciato fulgidi
stralci di sarcasmo politico (quel “di' qualcosa di sinistra...”
rivolto a D'Alema) e amabili ingenuità di crisi artistica confessa (il bizzarro
musical del pasticcere troskista); poi l'introspezione dolente de La stanza del figlio (2001) aveva stemperato il bozzetismo satirico in una
prova di raggelato intimismo. Ora con
Il caimano Moretti cerca di
riannodare i fili spezzati del suo percorso autoriale attraverso
l’impegno civile che la catastrofe berlusconiana impone; ma se l'assunto
è lucido, l'esito stilistico è incerto. Proprio dal
finale di
Aprile si
riprende il gioco (a noi è parso logoro) del film nel film.
L’interpretazione di Silvio Orlando fa da trait d'union, ma qui è lui a
far da protagonista nei panni di Bruno, un regista con un passato trash,
rivalutato dalla critica (gli fa da spalla un logorroico Tatti Sanguinetti), ma senza concrete prospettive di lavoro. I
suoi studi di posa sono subaffittati per spot commerciali e il progetto
su Il ritorno di Colombo non trova sbocchi (gli sarà portato via dal suo
assistente – Giuliano Montaldo - vendutosi alla concorrenza ). Quando
gli
capita tra le mani la sceneggiatura di una giovane autrice
esordiente (Teresa-Jasmine Trinca) che scava nei misteri e nelle
contraddizioni di un rampante imprenditore, Bruno si lascia affascinare
dall'idea. Troppo tardivi saranno i dubbi sulla fattibilità dell'impresa
(quando Teresa pronuncia infine il nome di Berlusconi, il tamponamento
in auto è inevitabile!) e l’avventura del cinema passa attraverso le
tappe tradizionali di ostracismi politici, difficoltà economiche e
capricci d’attori. Il funzionario Rai (Antonio Catania) si guarda bene
dal finanziare il progetto, l’interprete-protagonista non avrà la
straripante euforia che Bruno aveva dapprima immaginato (Elio De
Capitani), né il tocco sornione e imbonitore di un attore famoso
(Michele Placido) che avrebbe garantito la partecipazione di una
produttore straniero (Jerzy Stuhr). Nell’escalation fallimentare
sopravvive l’entusiasmo di Teresa: del film si riuscirà a girare almeno
(solo) la sequenza conclusiva, quella clou del processo, con lo spolvero
di Anna Buonaiuto (nei panni della Boccassini) e di Nanni Moretti che
(nella autorefenzialità della fiction) ha alfine accetto il ruolo del
Silvio-Caimano. |
ezio leoni - La Difesa Del Popolo 2 aprile 2006 |
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TORRESINO
- maggio 2006